Ricorre il 22 aprile la “Giornata della Terra”, il giorno in cui si richiama l'attenzione di ogni persona, della società civile globale e delle istituzioni di tutto il mondo sulla catastrofe ecologica in corso e sulla necessità di porre rimedio prima che sia troppo tardi.
È polemica annosa, ed in ultima analisi esercizio sterile, interrogarsi ancora se queste “giornate internazionali” ad uno od altro argomento dedicate abbiano una reale efficacia o non siano invece funzionali alla spettacolarizzazione delle questioni e quindi alla deresponsabilizzazione di massa: per parte nostra ci sembra evidente che è sempre meglio che un fatto, ovvero un problema, o un compito, sia segnalato piuttosto che occultato o rimosso o dimenticato.
E la distruzione dell'ecosistema provocata dall'attività antropica organizzata, ovvero dall'effettuale azione di sfruttamento e devastazione della natura – oltre che delle vite umane – da parte dei poteri dominanti e del modo di produzione e riproduzione sociale da essi imposto (poiché di questo stiamo parlando) è cosa così tragicamente decisiva, e conseguentemente e parimenti la necessità di “invertire la rotta” nel rapporto non solo interumano ma anche tra umanità e mondo naturale – da un agire distruttivo della biosfera ad un agire che invece la preservi per il suo valore intrinseco ed a beneficio altresì delle presenti e future umane generazioni – è così drammaticamente urgente, che ogni iniziativa che favorisca una autentica presa di coscienza e sia di reale stimolo ed efficace guida ad un concreto adeguato operare in pro del bene di tutti e di quel bene comune che tutti gli altri assomma, ovvero la biosfera come casa comune dell'umanità intera e come sistema vivente complesso e unitario di cui l'umanità stessa è parte, è iniziativa saggia e benedetta.
Varie sono le formulazioni – da diverse tradizioni linguistiche e culturali discendenti – con cui si può definire l'agire che occorre: salvaguardia del creato, difesa dei beni comuni, convivialità delle differenze, decrescita felice, sobrietà volontaria, principio responsabilità e molte altre ancora, e tutte danno conto di aspetti e percezioni e concettualizzazioni convergenti nell'esortare a un impegno comune; a noi sembra che una forse tutte le comprenda: scegliere la nonviolenza come criterio orientativo (principio istitutivo, massima conforme a ragione, norma condivisa) delle relazioni tra le persone e tra i popoli, tra gli esseri umani e la natura.
La “Giornata della Terra” ci convoca a un impegno ineludibile: di buone pratiche in un orizzonte globale, di responsabilità e solidarietà nei confronti dell'umanità intera (passata, presente e ventura) e dell'intero mondo vivente.
Vi è una sola umanità, in un'unica biosfera.
Peppe Sini, responsabile del Centro
di ricerca per la pace e i diritti umani di Viterbo