Oblò Mitteleuropa
L’instabile aprile in un Lied di Emanuel Geibel 
di Gabriella Rovagnati
07 Aprile 2013
 

Oggi Emanuel Geibel (1815-1884) è del tutto dimenticato, benché Thomas Mann, come lui nato a Lubecca, gli abbia eretto un monumento nella figura di Jean-Jacques Hoffstede, il “poeta della città” che partecipa all’inaugurazione della nuovo casa dei Buddenbroock all’inizio dell’omonimo romanzo, ambientato appunto nella città dell’Ansa, che pure non viene mai nominata.

A Lubecca Geibel, settimo degli otto figli di un pastore, frequentò lo stesso liceo in cui conseguì poi la maturità anche Thomas Mann, il severo Katharineum, per poi trasferirsi a Bonn per dedicarsi allo studio prima della teologia, poi della filologia classica, sua vera grande passione. Venuto quindi in contatto con il gruppo dei romantici di Berlino, dove concluse gli studi, Geibel emigrò nel 1838 in Grecia per lavorare come precettore in casa dell’ambasciatore russo ad Atene.

Questo soggiorno diede un’impronta decisamente classicheggiante alla sua produzione poetica, tratto stilistico per il quale fu da molti criticato come passatista e mero epigono. La sua fedeltà alla Prussia gli guadagnò la stima del re Federico Guglielmo IV, ma finì per costargli i favori del re bavarese Ludovico II, che lo privò del vitalizio che il suo predecessore, Massimiliano II, aveva assegnato al poeta dopo averlo chiamato a insegnare letteratura e metrica all’Università di Monaco. Geibel abbandonò allora i diversi circoli letterari monacensi, dei quali era stato esponente di spicco, per tornare al nord, nella sua città natale, dove si spense nell’aprile del 1884. Attaccato sia dai rivoluzionari della “Giovane Germania”, sia dai Naturalisti per il suo attaccamento ai valori della tradizione germanica e il suo sviscerato patriottismo, Geibel fu strumentalizzato dai Nazisti che ne fecero un portavoce dei loro ideali. Anche per questo il poeta finì nel dopoguerra per essere del tutto trascurato.

Di questo romantico in ritardo, che si cimentò anche con il teatro, ma che nell’Ottocento arrivò alla notorietà solo grazie ai suoi versi, propongo qui un breve componimento giovanile, un Lied, in cui le bizze climatiche d’aprile sono paragonate all’altalenare capriccioso dell’amore.

 

Die Liebe gleichet dem April

 

Die Liebe gleichet dem April
Bald Frost, bald fröhliche Strahlen,
Bald
Blüten im Herzen, in Thalen,
Bald stürmisch und bald still:
Bald heimliches Ringen und Sehnen,
Bald Wolken,
Regen und Thränen,
Im ewigen Schwanken und Wähnen,
Wer weiß, was werden will.

 

L’amore somiglia all’aprile

L’amore all’aprile somiglia
Ora gelo, ora raggi giocondi,
Ora fiori nel cuor, nelle valli,
Ora bufera ed ora bonaccia:
Ora intima lotta e smania,
Ora nubi, pioggia e pianto,
In eterno oscillar e vaneggiare,
Chissà che ne sarà.

 

La canzone, dal ritmo piacevolmente melodioso, omaggio alla stagione, non brilla certo per originalità di contenuto. Forse non aveva torto il grande Theodor Fontane quando si inventò la parola “Geibelei” per definire una poesia sì corretta sul piano formale, ma anche nutrita solo di stereotipi.


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