Lo scaffale di Tellus
Gianfranco Cordì, La Differenza.
Jacques Derrida
Jacques Derrida 
23 Settembre 2006
 
 

Il giovane collaboratore di Tellusfolio in questo breve scritto coniuga i suoi specifici interessi su “Globalizzazione e politica” (titolo fra l’altro di un suo recente agile volumetto) con alcune riflessioni sull’attuale metamorfosi del potere. Interessante. (cds)

 

«L’altro, certo, non è io- e chi lo ha mai sostenuto?- ma è un Io,

e questo anche Levinas è costretto a presupporlo per sostenere

la sua tesi» - Jacques Derrida, La scrittura e la differenza

 

 

LA DIFFERENZA

 

1. Il potere oggi seduce. Il filosofo del diritto norvegese Thomas Mathiesen ha scritto che il modello di controllo e contenzione di tipo Panottico («Panopticon» è un termine coniato da Jeremy Bentham1 e reso noto da Micheal Fouacult2) oggi è stato sostituito dal modello del «Synopticon»3. Ovvero da un sistema di potere fluido, mobile, morbido e leggero che si insinua in ogni singolo interstizio della società e che viene tenuto assieme da un mastice del tutto particolare: lo spettacolo4. Il filosofo situazionista Guy-Ernest Debord enumerò nella sua opera che porta appunto il titolo «La società dello spettacolo»5 una fenomenologia attraverso la quale quel «rapporto sociale tra persone, mediato dalle immagini»6 che è lo spettacolo tende a perpetuarsi. Nel mondo, dopo gli attentati dell’11 Settembre un tale sistema di potere di tipo Sinottico è divenuto molto più visibile rispetto a quanto fosse mai avvenuto prima nella storia anche recente. Telecamere di sorveglianza agli incroci delle strade, intercettazioni telefoniche (su apparecchi fissi e mobili), controlli circostanziati e specifici su ognuno dei nostri pc (effettuati tramite particolari file di testo detti cookies) che possono portare alla luce ogni singolo passo della nostra navigazione in rete, credit card (o altri tipi di carte di pagamento come quelle di debito o Bancomat, a saldo, le revolving oppure le carte privative dette altrimenti Fidelity Cards) che permettono la totale identificazione del proprietario attraverso i suoi dati, dati contenuti in una banda magnetica e/o un microchip: ecco alcune delle Procedure più sviluppate messe in atto dal «Synopticon» per controllare, contenere e reprimere qualsiasi movimento (anche solo sospetto o presunto tale) di ogni singolo cittadino non più di questa singola nazione del pianeta ma della sola società globale che tutti ci troviamo oggi ad abitare.

2. Globalizzazione non vuol dire solamente pensiero unico, capitalismo esteso a tutto il mondo. Globalizzazione è anche qualcos’altro. Il globale cortocircuita con il locale. In qualsiasi punto della superficie del pianeta il globale tende ad intersecarsi, compenetrarsi o comunque influire su quel particolare termine del discorso filosofico-politico che viene detto il locale. Se globalizzazione vuol dire essere ovunque, globale è quel qualcosa che può venire reperito ovunque. A Tahiti tanto quanto a Sydney, a Buenos Aires tanto quanto a Praga o a Francoforte o a Roma. Questa caratteristica della globalizzazione genera alcune reazioni. Tali reazioni fino ad oggi si sono manifestate in due forme distinte e separate. Da una parte c’è quella reazione che facendosi forte di alcuni valori (facenti parte, antropologicamente, della tradizione) si rifà all’appartenenza ed alla (presunta) identità: il clan, la razza, la tribù, le religioni (di qualsiasi tipo esso siano, anche le più strampalate, cervellotiche ed arbitrarie vanno bene purché esse vengano praticate da un discreto numero di persone. L’esempio delle sette facenti capo a taluni telepredicatori che si vanno diffondendo sempre più negli Stati Uniti d’America ci fa capire bene di cosa stiamo parando), i miti e finanche le etnie. Da questo punto di vista dunque la data dell’11 Settembre può essere considerata a ragione come una particolarissima conseguenza (certamente anche parecchio spettacolare nella strategia e nell’esecuzione dei tre attentati, rispettivamente alle due Twin Towers ed al Pentagono realizzati da Al-Quaeda) ad una reazione che appartiene al primo braccio della forbice di cui dicevo. La reazione del secondo tipo è costituita (volendo fare qualche esempio) dalle manifestazioni di Seattle (1999, in occasione della terza riunione ministeriale della World Trade Organization o W.T.O.), Davos (2000, in occasione del World Economic Forum o W.E.F.), Washington (2000, in occasione della Riunione Annuale del Fondo Monetario Internazionale o F.M.I.), Praga (2000, in occasione del Vertice della Banca Mondiale), Nizza (2000, in occasione del Vertice del Consiglio Europeo), Melbourne (2001, in occasione del World Economic Forum o W.E.F.), Napoli (2001, in occasione del Global Forum sull’E-government), Genova (2001, in occasione del Vertice dei G8), Bankok e Nuova Delhi (2001, in occasione della Quarta Conferenza Ministeriale della W.T.O., svoltasi a Doha nel Qatar), Barcellona (2002, in occasione del Summit del Consiglio Europeo), Johannesburg (2002, in occasione del World Summit dell’O.N.U. sullo Sviluppo Sostenibile), Porto Alegre (2002, in occasione del secondo World Social Forum), Firenze (2002, in occasione del Primo Forum Sociale Europeo), Cancún (2003, in occasione della quinta Conferenza Internazionale della W.T.O.) e Mumbay (o Bombay, 2004, in occasione del quarto World Social Forum).

Questa reazione di secondo tipo recupera e fa suoi (ovviamente a modo suo) i valori di uguaglianza, solidarietà e di più equa redistribuzione della ricchezza. In questo senso (certamente, con una certa approssimazione che non pregiudica però il senso del nostro discorso) questa reazione può essere definita come una risposta alla globalizzazione che si orienta nella direzione indicata dai grandi sistemi filosofici del razionalismo, dell’illuminismo e dell’idealismo moderni.

È certo che queste due reazioni (quella tradizionalistica e quella moderna o, naturalmente, come dopo Lyotard abbiamo imparato a dire: post-moderna) si scagliano entrambe contro la globalizzazione considerata come un presente con cui dover fare senza dubbio i conti.

Ma (dato che come abbiamo visto oggi il globale si incontra col locale) entrambe queste reazioni rappresentano, in realtà, due forme di resistenza all’invadenza del globale.

Ora, se mettiamo assieme tutto quello che abbiamo detto sin qui, ci rendiamo conto di qualcosa.

Il globale oggi viene in qualche modo combattuto e rigettato. C’è chi respinge il globale aderendo a qualche forma di pensiero irrazionalistico (giungendo finanche al tribale) e c’è chi lo contrasta facendo appello (all’interno delle proprie rivendicazioni) ad alcune idee e ad alcuni concetti classici del razionalismo Occidentale.

Un razionalismo, questo, che ha profondamente piantato le sue radici dentro la nostra cultura ed il nostro modo di pensare.

Dunque i popoli della terra (ed i singoli individui) hanno cercato di rispondere all’invadenza del «Synopticon» attraverso due diverse strategie.

La loro «libertà», la libertà dei popoli e degli individui della Terra, la libertà che ognuno può ancora dire di possedere all’interno del «Synopticon» è andata alla fine ad incanalarsi in due modi distinti di espressione.

Essi sono, volendo seguire la classificazione da me fatta: irrazionale il primo e razionale il secondo.

3. Chiediamoci però adesso: quanto può essere libero un individuo nel «Synopticon»?

4. Dentro al «Synopticon» ogni individuo è avvinto, irretito, affascinato, sedotto7. Gli esseri umani si gettano nelle braccia del potere con un sorriso. Ma lo spettacolo oltre che svago e divertimento è pur sempre lusinga. Apparentemente, ad ogni individuo sembra di star sfogando i propri istinti, soddisfacendo i propri bisogni ed appagando i propri desideri in uno stato di grande libertà personale. Ma concretamente istinti, bisogni e desideri di ognuno dipendono (nella loro natura ed essenza) anche dal libero gioco dell’economia globale e quindi delle grandi aziende multinazionali (adesso addirittura transnazionali) o corporations la cui amministrazione è controllata (attraverso il meccanismo della compravendita delle azioni) da tutta una serie di holdings che operano all’interno del mercato finanziario internazionale. Il «Synopticon» dà forma a questo potere (oltre che ai poteri scientifico, tecnologico, energetico, mediatico, sociale, pubblico ed ovviamente: anche al politico) incaricandosi, attraverso il suo «Apparato»8, di orientare e far convergere istinti, bisogni e desideri umani su alcuni generi di beni, cose e persone. Il «Synopticon» effettua questa operazione per mezzo delle Reti. Lo «spettacolo», mastice di tutto il sistema, connette (diventandone il modello) tutto questo dispositivo alla «vita socialmente dominante»9. Il potere quindi controlla, dirige, lusinga e tenta. L’uomo a una dimensione di Herbert Marcuse (libro pubblicato nel 1964) contiene al suo inizio una frase divenuta molto celebre. «Una confortevole, levigata, ragionevole, democratica non-libertà prevale nella civiltà industriale avanzata, segno di progresso tecnico»10. Se nel 1964 questa non-libertà era «prevalente» solo nella «civiltà industriale avanzata» oggi essa è «prevalente» su tutto il pianeta. È globale. Gli esseri umani cercano di soddisfare i loro istinti, i loro bisogni ed i loro desideri. Il risultato di ciò è un guadagno costituito da un piacere momentaneo e privo di consapevolezza. Oggi l’uomo è un edonista. Ed è così perché è stato voluto così dal mercato mondiale. Come è stato acutamente detto11, la globalizzazione non è abitata da uomini maturi, essa piuttosto è popolata da fanciulli. La libertà che tutti noi possediamo nel «Synopticon» è appunto quella di cui è in possesso un essere umano non ancora capace di comportarsi in modo razionale e misurato. E proprio una libertà del genere è quella che (come suo effetto) produce i due tipi di reazione che ho descritto sopra.

5. La libertà dei fanciulli è quella di cui è in possesso un essere umano la cui personalità non è ancora completamente formata e strutturata.

6. Nel «Synopticon» ogni individuo dovrebbe essere in condizione di poter esprimere soltanto una libertà di questo genere; nessun’altra. Ci si abbandona al godimento istantaneo dei propri piaceri. Il dolore, l’angoscia, l’ansia, la sofferenza sono tutte questioni di cui non ci si deve occupare. E comunque, sono tutte questioni rimosse e relegate nel Regno delle Ombre della globalizzazione: ospedali, prigioni, centri di igiene mentale, case di riposo per anziani, indifferenza, assenza di empatia, solitudine, violenza, morte. Il controllo che il «Synopticon» distende su tutto il pianeta è leggero, morbido, fluido e globale. Ogni tanto, però, qualcosa sfugge a questo controllo. I due tipi di reazione che abbiamo visto. Ma il pianeta è globale. Il pianeta possiede un unico sistema economico. Ogni singolo luogo è interconnesso con ogni altro luogo. Ogni cosa ha un’accelerazione ed una velocità mai viste prima. Tutto è in movimento e in agitazione. La Terra è stretta, corta, vicina, messa in relazione, accessibile, interconnessa ed interfacciata ma non è ancora uniforme. Non è ancora una. Esistono cioè ancora degli spazi di possibilità dove potrebbe operare il cosiddetto locale. Ovvero tutto quel sistema simbolico (fatto di scambi commerciali, comunicazioni, tecnologie, linguaggi umani e artificiali, codici di interpretazione della realtà, sistemi di segni, culture particolari, oggetti e beni di consumo legati ad un determinato luogo) che va a configurarsi come altro rispetto alla globalizzazione; al globale. Per cui se dell’altro si deve parlare nella globalizzazione e se dell’altro si deve farne un oggetto di rivendicazioni e risposte all’invadenza del «Synopticon» c’è una sola cosa da mettere in risalto particolarmente.

E cioè che nella globalizzazione la libertà dell’individuo è vincolata ad un’unica via d’uscita pratica. Le politiche della differenza.

 

Gianfranco Cordì



1 Jeremy Bentham (Londra, 1748-1832), filosofo utilitarista, economista e riformatore sociale elaborò nel 1791 un progetto architettonico per un carcere modello che battezzò «Panottico».

2 Michel Fouacult, Sorvegliare e punire. La nascita della prigione, Einaudi, Torino, 1976.

3 Thomas Mathiesen, “The viewer society: Michel’s Foucault’s ΄Panopticon` revisited”, in Theoretical Criminology, 1997, pp. 215-34.

4 Cfr. Michael Hardt - Antonio Negri, Empire, Cambridge (Mass.), Harward University Press, 2000, trad. it. Impero: il nuovo ordine della globalizzazione, Milano, Rizzoli, 2002.

5 Guy Debord, La società dello spettacolo, Massari, Bolsena (VT), 2002.

6 Guy Debord, op. cit., p. 44.

7 «Oggi l’ubbidienza agli standard (un’ubbidienza, mi permetto di aggiungere, oltremodo elastica e perfettamente regolabile a standard quanto mai flessibili) tende a essere raggiunta attraverso la lusinga e la seduzione anziché la coercizione, e si mostra mascherata da esercizio del libero arbitrio anziché rivelarsi come una forza esterna», Zygmunt Bauman, Modernità liquida, Laterza, Roma-Bari, 2005, p. 92.

8 Come detto esplicitamente da Umberto Galimberti nell’intervista che verrà pubblicata nello stesso volume.

9 Guy Debord, La società dello spettacolo, op. cit., p. 44. La citazione per intero è la seguente: «Lo spettacolo, compreso nella sua totalità, è nello stesso tempo il risultato e il progetto del modo di produzione esistente. Non è un supplemento del mondo reale, il suo sovrapposto ornamento. Esso è il cuore dell’irrealismo della società reale. Nell’insieme delle sue forme particolari, informazione o propaganda, pubblicità o consumo diretto dei divertimenti, lo spettacolo costituisce il modello presente della vita socialmente dominante».

10 Herbert Marcuse, L’uomo a una dimensione. L’ideologia della società industriale avanzata, Einaudi, Torino, 1967, p. 21.

11 Per esempio da Zygmunt Bauman in molti dei suoi libri dedicati a quest’argomento.


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