Un po' clown un po' attore, un po' regista un po' mago, un po' disegnatore un po' organizzatore. E sempre toccando vertici di inaudita bravura. Difficile incasellare in un mestiere o attività Pierre Étaix, nato a Roanne nel 1928. Amico di Jacques Tati, con cui ha lavorato (Mon oncle, 1958), il genio di Étaix è fuori discussione. Per questo è altamente meritoria la riproposizione che la Fondazione Cineteca Italiana fa del suo lungometraggio (il secondo) Yoyo sino al 4 aprile nella Sala “Alda Merini” dello Spazio Oberdan della Provincia di Milano (viale Vittorio Veneto 2, Milano).
Yoyo, film del 1964, restaurato di recente e ridistribuito nelle sale cinematografiche francesi, è una preziosa gemma, un capolavoro di delicata surrealtà. Girato in un poetico bianco e nero, è alimentato dalle più disparate fonti d'ispirazione ed è, nel contempo, un commosso omaggio al mondo del circo che tanto nel cuore sta a Étaix.
La storia è semplice, ma sviluppata con gran sapienza, e si nutre di felici balzi: un ricco e annoiato signore, rovinato dalla crisi planetaria del 1929, ritrova il suo vecchio amore, che fa la cavallerizza/acrobata in un circo, con tanto di figlio che avevano fatto insieme (lo Yoyo del titolo). I tre si riuniscono con letizia e girano per ogni dove della Francia con il proprio circo familiare. Romantica visione, idilliaco senza sdolcinatezze. Gli eventi si succederanno sotto i cieli, ci sarà la Grande Guerra, altri circhi, e Yoyo diverrà famoso grazie anche a un nuovo mezzo: l'onnivora televisione. Recuperato il vecchio augusto palazzo dei suoi genitori, nel corso di un ricevimento fatto di finta allegria, nella scintillante dimora rimessa a nuovo, fra arrivisti e superficiali, macchiette e improbabile fauna umana, fa irruzione un elefante, un magico animale dell'infanzia per portarlo in salvo...
Invero Yoyo è colmo di spunti, gag, muovendosi fra muto e parlato, spunti e idee, ricco d'immagini, ironia e citazioni (Buster Keaton, in primis) e, come detto, tanto amore per il circo, luogo di fantasia e d'innocenza. «Sono un ebanista, un artigiano del cinema, un falegname che si diverte a fare quello che vuole», dice di sé Pierre Étaix. «Umorismo e ritmo, mentre le prove di originalità e inventiva sembrano apparentemente senza limiti», è stato con giustezza scritto.
Anche la sceneggiatura è di Pierre Étaix (con Jean Claude Carrière). Fra gli interpreti, oltre a Pierre, Claudine Auger, Luce Klein, Philippe Dionnet e Roger Trapp.
Giudizio: deliziosamente spiazzante. Da vedere, assolutamente.
Alberto Figliolia