Arte e dintorni
Maria Paola Forlani. Il Cammino di San Pietro a Castel Sant’Angelo
15 Marzo 2013
 

Tra gli angeli e i cannoni dell’antica Mole Adriana di Castel Sant’Angelo, mausoleo funebre di imperatori e congiunti, baluardo difensivo, residenza papale, roccaforte militare, carcere per il conte Cagliostro, Beatrice Cenci e Giordano Bruno tra i più leggendari, luogo di morte per Caravadossi e la Tosca di Giacomo Puccini, si è aperta una stupefacente mostra dal titolo “Il cammino di San Pietro”.

tu sei Pietro e su questa pietra edificherò la mia Chiesa e le Porte degli inferi non prevarranno contro di essa.

(Matteo 16,18)

L’apostolo Pietro è citato con questo nome 154 volte nel Nuovo Testamento, altre 27 volte appare col nome originario, Simone, e 9 volte con l’aramaico Kefa, Cefa, «pietra/Pietro», assegnatogli da Gesù. Di lui sono narrate nei Vangeli la vocazione, la costante sequela di Gesù, la crisi sfociata nel tradimento, ma anche la solenne investitura avvenuta a Cesarea di Filippo (MT 16,13-19) e la riabilitazione finale sulle rive del lago Tiberiade (Gv 21,15-19). Pietro primeggia nella prima parte degli Atti degli Apostoli (capp., 1-15), è mediatore tra le comunità giudeo-cristiane e quelle di matrice pagana, è considerato da Paolo stesso una «colonna» della Chiesa (Gall 2,9), pur nella libertà del dissenso su questioni specifiche (2,11-14); è il primo testimone ufficiale della resurrezione di Cristo (dopo le donne), come ricorda Paolo («apparve a Kefa e poi ai Dodici», 1 Cor 15,5).

A Pietro sono attribuite due lettere profondamente diverse tra loro: la Prima è scritta da «Babilonia» (5,13), cioè Roma, in un greco raffinato; la Seconda è divergente dalla Prima per stile e contenuto ed è molto affine a quella di Giuda.

Sta di fatto che l’Apostolo non è solo un personaggio storico capitale nella Chiesa delle origini ma è anche una vera e propria figura teologica che merita una trattazione tematica a sé stante. Ad assegnargli questo rilievo è lo stesso Gesù in occasione particolare, variamente interpretata dalle Chiese, ma considerata dal cattolicesimo la base indiscussa per il primato petrino con quello che comporterà per quanto riguarda la relativa successione apostolica romana. Il passo di Matteo 16,17-19 che racchiude la dichiarazione di Gesù si basa su tre simboli. Il primo è quello della «pietra», segno tipico dell’antico Testamento per indicare la stabilità, dono divino: «Tu sei Pietro e su questa pietra edificherò la mia Chiesa». Tra l’altro nell’eventuale aramaico usato da Gesù un unico vocabolo Kefà avrebbe significato sia «pietre» sia «Pietro». Solo Cristo nel Nuovo Testamento è presentato come pietra di fondazione (1 Cor 3,11). Quindi la missione dell’Apostolo sarebbe quella di rendere visibile nella storia la fondazione primaria e trascendente su cui poggia la Chiesa e che è Cristo Signore. Le «chiavi» sono il secondo simbolo usato per descrivere la funzione di Pietro: «A te darò le chiavi del regno dei cieli». Esse rappresentano il potere di governo su una casa, una città, un regno, nonché sull’interpretazione di un testo (la “chiave di lettura”). In Pietro, allora, si esercita un’autorità non solo giuridica ma anche di insegnamento all’interno della comunità ecclesiale.

Infine, il terzo simbolo suppone un concetto di stampo giuridico: il «legare e sciogliere», nel giudaismo, indica certamente il potere di rimettere i peccati nel nome del Signore, ma abbraccia pure la funzione di esortare, di ammonire e formare i fedeli, missione propria dell’autorità della Chiesa. In questa pagina matteana si delinea, dunque, il profilo del ministero che Pietro dovrà esercitare nei confronti del gregge del Signore che lo stesso Cristo risorto gli consegnerà perché lo conduca al pascolo (Gv 21,15-19).

La mostra è una rappresentazione drammatica e suggestiva del cammino parallelo intrapreso dall’arte ispirata alla fede, e dalla fede ispirata dall’arte, che beneficia di tutto quello che avvicina e allontana quaranta opere che arrivano da Oriente e Occidente, dall’Europa alla Russia. A spiegare gli intenti de “Il cammino di Pietro”, mostra aperta fino al 1° maggio, è il curatore don Alessio Geretti che l’ha realizzata nell’ambito dell’Anno della fede proclamato da Benedetto XVI.

In questa mostra si seguono le tracce attraverso le opere d’arte che lo raffigurano nei momenti fondamentali del suo cammino, da quando si chiamava Simone ed era pescatore in Galilea. Le opere più recenti sono quelle di Vasily Polenov e Eugéne Burnard. Il primo nato a San Pietroburgo nel 1844, racconta, con intento realistico, Cristo resuscita la figlia di Giairo. Burnard, pittore svizzero che in Francia si nutrì delle suggestioni di Courbet e di Millet, raffigura Pietro e Giovanni che raggiungono il sepolcro. Investiti dal vento i due uomini appaiono sconvolti e spaventati.

La figura di Pietro è infatti raccontata dai Vangeli e dai pittori anche come un uomo inquieto, abitato dal dubbio e dall’incertezza, capace addirittura di rinnegare Cristo come si vede nel bellissimo quadro di Georges de La Tour, un notturno misterioso e carico di fascino. Le tappe sulle orme dell’apostolo sono scandite in otto sezioni dove si mette in scena, proprio come in un teatro, l’Incontro, lo Stupore, la Resistenza, la Crisi e la rinascita, l’Abbandono in Dio, la Fraternità, la Missione, la Somiglianza.

Ad aprire il cammino è un’opera nata dalla fantasia di Vitale da Bologna che, alla metà del Trecento, raffigura san Pietro mentre benedice un pellegrino. Ed è proprio la faccia di quest’ultimo a far comprendere tutta la veemenza espressiva di questo pittore che si allontana dai prototipi giotteschi e senesi per un linguaggio estremamente personale. Uno degli episodi fondanti della cristianità è quello della consegna delle chiavi a san Pietro da parte di Cristo. Qui è Lorenzo Veneziano, uno dei protagonisti dello sviluppo della pittura gotica nell’Italia settentrionale, a mostrare questa sorta di passaggio di consegne. Ma la rassegna vuole anche dar conto della diffusione della figura di Pietro in Oriente: eccolo abbracciato a Paolo in un’opera su rame attribuita alla cerchia moscovita dei maestri di icone del Monte Athos, oppure assistere alla trasfigurazione in una tavola di Novgorod. Da Castel Sant’Angelo si ammira la Basilica costruita sulla tomba di quello che viene considerato il primo pontefice della Chiesa cattolica. Proprio in Vaticano, nella Cappella Sistina, è conservata la Consegna delle chiavi di Perugino, uno dei capolavori dedicati all’iconografia del santo. Non lontano da qui, a Piazza del Popolo, l’itinerario sul suo cammino potrà terminare di fronte a Caravaggio: la sua Crocifissione di Pietro conservata nella Cappella Cerasi in santa Maria del Popolo. Nell’opera sono rappresentate soltanto quattro persone, la vittima già inchiodata, la testa solleva per seguire coscientemente l’atto finale del proprio martirio, e i tre aguzzini che stanno capovolgendo la croce, uno tirandola con una corda, un altro sollevandola a forza di braccia, e il terzo, puntellato a terra con le mani e con le ginocchia, sospingendola in alto con le spalle.

 

Maria Paola Forlani


TELLUSfolio - Supplemento telematico quotidiano di Tellus
Dir. responsabile Enea Sansi - Reg. Trib. Sondrio n. 208 del 21/12/1989 - R.O.C. N. 7205 I. 5510 - ISSN 1124-1276