Un milione e mezzo di morti, un terzo degli armeni presenti sul territorio dell’Impero Ottomano. Suicidi, donne violentate, bambini e vecchi morti per fame durante le lunghe marce nel “vuoto” dei deserti della Mesopotamia…
La masseria delle allodole ha avuto l’impagabile merito di portare al grande pubblico la conoscenza del primo genocidio (cioè uno sterminio preordinato e organizzato) del XX secolo, quello degli armeni. Ed è proprio di loro che si è parlato, il 6 marzo scorso, in via Deledda 11, sede pomeridiana e serale dei Civici Corsi di preparazione agli Esami di Idoneità e Stato. I quali, con innegabile lungimiranza, hanno organizzato “La tragedia nascosta”, un’iniziativa che ha avuto l’obiettivo di raccontare questo dramma sconosciuto perché taciuto per decenni e ancora adesso incredibilmente negato dallo Stato turco.
La serata, ripresa da la Repubblica e dal Corriere della Sera, ha riscosso un notevole successo per la partecipazione di un pubblico (insegnanti, alunni, ma anche milanesi comuni, visto che era aperto a tutti) numeroso e molto interessato, e ha visto la partecipazione del Prof. Baykar Sivazliyan, Presidente dell'Unione degli Armeni d'Italia, che nel suo intervento ha evidenziato come esista una forte solidarietà da parte di alcuni intellettuali turchi nei confronti degli armeni. «A volte, siamo noi vittime a dover stare vicino ai carnefici», ha affermato in un curioso ma significativo ribaltamento di ruoli, spiegando le difficoltà che le persone di buona volontà dell’altra comunità (per lui i turchi non sono “nemici”) devono patire per l’ostinazione di molti.
In Francia, chi nega il genocidio armeno viene incriminato al pari di chi sostiene la falsità dell’Olocausto. Ma il colpevole silenzio della comunità internazionale, Nazioni Unite in primis, pesa moltissimo sugli armeni, come ha spiegato la Dr. Claudia Bolognino, antropologa e studiosa di Storia Armena, che con le sue slide e i suoi filmati ha approfondito la questione. Dopo aver mostrato foto agghiaccianti delle cosiddette “carovane della morte”, cioè le deportazioni di massa durante le quali moriva la quasi totalità della popolazione armena costretta a parteciparvi dal regime dei “Giovani Turchi” che nel 1915 aveva deciso l’operazione di annientamento totale, ha proposto alcune testimonianze di sopravvissuti sottolineando la loro grande importanza. Per usare le sue parole, contenute nel sussidio consegnato dalla scuola a tutti i partecipanti, esse «risultano fondamentali perché è tramite la presa di coscienza del proprio passato che un popolo reciso da un trauma collettivo enorme, come può essere un genocidio, riesce a superare il trauma stesso e a rinascere. La memoria delle proprie vittime, insieme al riconoscimento del torto subito, diventano indispensabili per categorizzare un trauma, porre la parola “fine” alla tragedia subita e guardare al futuro, ricostruendo la propria identità sulle basi distrutte dal genocidio».
Durante la serata si è anche parlato dei “Giusti”, visto che i Civici Corsi di Idoneità, la maggiore espressione di multietnicità tra le scuole milanesi grazie ai suoi 500 studenti provenienti da 32 Stati del mondo, hanno scelto questa data proprio perché concomitante con la prima celebrazione voluta dal Parlamento Europeo per ricordare chi ha difeso la dignità umana calpestata nei sistemi totalitari.
Tra essi Armin T. Wegner, che con la sua opera, meritoriamente proposta dalla casa editrice Guerini e Associati nel 1996 (AA. VV., Armin T. Wegner e gli armeni in Anatolia. Immagini e testimonianze), ha fatto conoscere al mondo questa tragedia.
Per non dimenticare. Un monito che, di questi tempi, non vale solo per l’Armenia.
Alberto Figliolia