Prodotti e confezioni [08-20]
Vetrina/ 8 marzo: Barbarah Guglielmana. Ridammela
08 Marzo 2013
 

Uno torna sempre al suo vecchio posto dove amò la vita

E allora comprende come stando assente le cose che ha amato

Perché semplice è l’amor e le semplici cose se le divora il tempo

Vinicio Capossela

 

 

 

RIDAMMELA

 

Aveva un carretto napoletano

che conteneva i zufranei

Sì era sbeccato,

ma andava per la sua strada

 

Aveva la sua bilancia bianca

con cui controllava il peso della carne,

spostando i piombini

La macellaia sbagliava a suo sfavore

 

Aveva quel grande cuscinone color porpora

ai piedi del suo letto di noce, che teneva i piedi più caldi

anche se mi diceva che se non avessi smesso di muoverli nella notte

il diavolo me li avrebbe mangiati

 

Aveva tre porta cocò

quello rosso, quello blu e quello giallo

ma del colore giallo non ne sono più troppo sicura

E un uovo con quel gusto non ne ho più assaggiato

 

 

E aveva quel rosario grande sulla parete destra della sua camera

quella stanza con il profumo di cera e il pavimento di parquet

e quella madonna d’argento sul panno blu

che vedevi al risveglio sulla parete di fronte

che era quasi impossibile non pregarla,

e sulla stessa mi aveva fatto giurare che non avrei più fumato

 

Aveva quella radio accesa la mattina con il gazzettino padano

e il profumo di caffè, che anche se non lo bevevo passava sotto le porte

e mi raggiungeva ancora a letto richiamandomi

in cucina, dove mi aspettavano i bocconcini di pane con il burro

e la sua marmellata di fragole,

così come i micini avevano il loro piattino con il latte caldo

E tutto andava piano,

con il gusto della poesia

che ancora ignoravo

 

Aveva sempre i piatti da lavare,

in questo ho preso da lei

e diceva che li avrebbe buttati volentieri dalla lobbia

E poi quelle minestre di erbe del suo orto

con gli spaghetti spezzettati

E sulla fornella il pentolone con la biancheria a bollire,

a disinfettarsi

Eppoi d’inverno nella bocca della stufa ci infilavamo i nostri piedi

e lei prendeva le lettere dello zio Giovanni

disperso in Russia

e piangendo me le rileggeva lasciandomi stupita,

così tanti anni passati e così tanto dolore aperto

fresco sulla carne

 

 

E c’erano i giorni di acqua

che vedevamo scendere sui vetri con le sue grandi gocce

E lei cuciva, e le castagne cuocevano ore ore nel laveggio

e la panna fresca era stata montata

Aveva vicino quel suo cofanetto di velluto con i bottoni

dove ne prendevo dei più strani per attaccarli alle stoffette,

come me non li cuce nessuno oggigiorno i bottoni

 

E aveva anche quella scatola di latta ottonata che conteneva i savoiardi

che a me non piacevano neanche troppo

 

Aveva i suoi scusalini, i suoi grembiuli colorati

e i suoi pettenuzz, i suoi vestiti da casa e di vigna,

l’armadio era pieno di quelli nuovi mi diceva

insieme ad altro

che rivorrei tutto indietro.

 

Alla mia adorata nonna Irma

(Napoli, 11 febbraio 2013)

Barbarah Guglielmana


TELLUSfolio - Supplemento telematico quotidiano di Tellus
Dir. responsabile Enea Sansi - Reg. Trib. Sondrio n. 208 del 21/12/1989 - R.O.C. N. 7205 I. 5510 - ISSN 1124-1276