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Davide Grassi, Mauro Raimondi: “Milano č rossonera”
03 Gennaio 2013
 

In realtà è fifty-fifty. Ma per Davide Grassi e Mauro Raimondi Milano è rossonera. Ne sono così convinti con buona pace di noi interisti, che glielo concediamo benevolmente, da averci scritto un libro con quel titolo. Su questo assioma, quasi dogma, hanno comunque saputo sviluppare un gran bel racconto.

L'idea, semplice ma suggestiva, è stata di ripercorrere le orme del Diavolo attraverso e per il tramite dei luoghi milanesi che ne hanno fatto la storia: strade, piazze, dimore, locali, stadi et alia. Insomma, dove qualche milanista è passato, dove i rossoneri hanno giocato, Grassi e Raimondi hanno individuato reperti e ricordi, rimembranze verrebbe da dire, episodi e aneddoti d'ogni specie. Parole e immagini di una squadra con 114 anni di vita, visceralmente amata dal popolo di Mediolanum (e “odiata” in egual misura dall'altra metà, quella neroazzura).

«Il Milan è nato in un albergo, l'Hotel du Nord et des Anglais, in piazza della Repubblica, dove adesso si trova il “Principe di Savoia”. Così, infatti, raccontò allo Sport Illustrato del 28 febbraio 1915 l'inglese Herbert Kilpin, il padre della squadra rossonera...», questo è l'incipit del volume e a corredo subito si prestano due vecchie meravigliose foto: una cartolina raffigurante il prestigioso albergo e l'immagine del leggendario fondatore e capitano Kilpin, la divisa del quale è costituita da una maglia a deliziose righine con tanto di stemma (croce rossa in campo bianco), un berrettino dei medesimi colori, braghe bianche sotto il ginocchio e calzettoni neri tirati su a tutto polpaccio. I baffi, va da sé, sono d'ordinanza, come prevedeva il secolo ancora da terminare.

Se il racconto è affascinante, le fotografie che ne supportano il dipanarsi non lo sono da meno. Si cammina dunque lungo i luoghi milanisti e quelli milanesi... «ci dirigiamo verso piazza Duomo percorrendo l'isola pedonale di corso Vittorio Emanuele II (voluta dal sindaco Carlo Tognoli nel 1985), già corso del Littorio, corso Francesco in onore dell'imperatore, Corsia dei Servi per l'omonima Chiesa di Santa Maria, demolita per l'allargamento della strada deciso nell'Ottocento. Si tratta di una delle più antiche vie di Milano e venne immortalata, con i suoi tram e le sue case d'epoca, dal primo documentario importante girato in città: Stramilano di Corrado D'Errico del 1929 (le cui riprese sono state utilizzate da Marco Bellocchio in Vincere). Agli inizi del Novecento, al numero 43, nel corso si trovava un American Bar dove l'anima inglese del Milan amava ritrovarsi e dove, quindi, possiamo immaginarci Herbert Kilpin e Alfred Edwards occupati a bere e a discutere della loro neonata creatura». Abbiamo scelto di citare quest'ampio stralcio per far comprendere al lettore quale sia stato il metodo scelto dal duo di autori. Un taglio storico importante, un appassionato viaggio nella memoria. Possiamo usare, vincendo la nostra ritrosia neroazzura, anche la parola romantico? Ci sta.

In una foto scattata dal Duomo si scorge, in via Santa Radegonda, la ciminiera Edison della prima centrale termoelettrica d'Europa (1882-83). Però c'era ancora tutta la bellezza dei navigli interni.

Le prime sedi del Diavolo: da via Foscolo (Birreria Spaten Brau) a via Berchet (Fiaschetteria Toscana) e piazza Mercanti (Bottiglieria Franzini). Aldo Boffi in azione. Porta Lodovica e il tram a vapore. La Porta Romana di Carletto Annovazzi... «diventò il simbolo del Milan, a cui dedicò quasi tutta la sua carriera nonostante da ragazzino fosse stato tifoso neroazzurro. Scartato proprio dall'Inter in un provino e acquistato per 40 lire dalla squadra dei “Ferrovieri” (con un ingaggio di 50 lire), Annovazzi fu soprannominato “Il moro di viale Umbria” (dove il padre, vetraio, gestiva un negozio di cornici) o “el Negher”, per via della carnagione scura. Dotato di un tiro potente, particolarmente abile nei calci piazzati, era un mediano per molti versi “moderno” e formava con gli amici fraterni Omar Tognon (lo stopper) e Andrea Bonomi (il terzino sinistro) una diga che permetteva ai tre svedesi – Gunnar Gren, Gunnar Nordahl e Nils Liedholm – di divertirsi a suon di gol. Presente nello storico 7-1 rifilato alla Juventus a Torino nel 1950, fu tra gli artefici dello scudetto del 1951, paradossalmente l'unico vinto dal mitico trio Gre-No-Li». Uno spaccato della Milano vivificata dalla generosità e dalla operosità della sua gente.

Proseguendo con il nostro baedeker ci ritroviamo in Ticinese, che fu il regno della grandissima Alda Merini, colei che era abitata da Orfeo. E luogo d'infanzia di Renzo De Vecchi, “el fioeu del Signur”, terzino così bravo da esordire in prima squadra a soli 15 anni nel 1909 e di giocare, che ancora portava i calzoni corti, in Nazionale.

I passi ci conducono verso l'Arena napoleonica. Anche se questa divenne più famosa come casa dei rivali neroazzurri che ebbero una schiacciante supremazia negli anni Trenta del divino Peppin Meazza, il quale però ebbe la ventura-sventura di militare un pochino, ma poco poco..., anche nel Milan. Il che gli permise in un derby di fare un gol, mai digerito, alla sua Beneamata. Per El Pepp ci fu sempre l'impressione, postuma, di avere segnato nella porta sbagliata!

Via Vincenzo Monti e i cinque fratelli Cevenini: rossoneroazzurri in un incredibile andirivieni, un viavai da mal di testa, fra l'una e l'altra riva calcistica ambrosiana. La Bovisa di Schopenauer Bagnoli. L'enoteca di Pietro Paolo Virdis in via Piero della Francesca. L'Ausonia di Gorla e gli altri campi delle squadre milanesi di inizio Novecento. La Lambrate rossonera di Fabio Treves e Franco Loi, l'erede del Porta. Il Trotter. Il tram trainato dai cavalli. Si zigzaga nel tempo, non solo nello spazio. Il Campo dell'Acquabella dove il Milan giocò dopo il trasloco da via Andrea Doria. Siamo dalle parti di piazza Susa che a fine Ottocento era ancora un'oasi di pace. Acquabella... «Il nome deriva, probabilmente, dall'aspetto agricolo della zona, che possiamo immaginare ricca di cascine e di piccoli corsi d'acqua». Via Fratelli Bronzetti, dove le porte conobbero le reti.

Gianni Rivera, quello Nato a Betlemme secondo una felice definizione di Andrea Maietti, interista che ha celebrato con uno stupendo libro il genio dell'alessandrino. Se resiste la lite a centrocampo,/ Gianni realizza tutto solo/ un appoggio di prima a occhi chiusi/ e in colloquio è il bomber col portiere, da La solitudine dell'ala destra di Fernando Acitelli (Einaudi, 1998). Il pupillo di Rocco abitava in viale Misurata e raccontava: «L'accoglienza fu splendida: tutti erano disponibili ad aiutarmi. Certo la mia era una posizione particolare, quella di un giovane calciatore molto promettente, ma la sensazione era che la città fosse comunque aperta all'accoglienza. La mia vita era molto più normale di quello che si può pensare. Avevo amici fuori del calcio, ragazzi di piazza Velasquez e di via Washington, la zona che frequentavo di più. Mentre era più difficile che andassi in centro».

Potete divertirvi (e istruirvi) con questo libro. Ogni capitolo è un itinerario: per scoprire la storia di Milano, per rintracciare memorie e icone rossonere.

Un libro ben scritto, ricco, oltremodo stimolante, con una qualità poetica, che può piacere a tutti. Parola di interista.

Sabato 12 gennaio (ore 11) si presenterà, con i due autori, il volume alla Biblioteca di Baggio-Milano (via Pistoia 10, tel. 02 88465804, fax 02 88465805, e-mail c.bibliobaggio@comune.milano.it, sito Internet www.comune.milano.it/biblioteche). Ingresso libero.

 

Alberto Figliolia

 

 

Davide Grassi - Mauro Raimondi, Milano è rossonera

Personaggi tra i luoghi che hanno fatto la storia del Milan

Bradipolibri Editore (pagine 128, euro 20)


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