«I confini di Israele possono essere i confini degli Stati Uniti d'Europa», così scriveva Marco Pannella nel 1988 dando il via alla campagna del Partito Radicale Nonviolento Transnazionale che continua ancora oggi. Un «naturale ricongiungimento, premessa dell’auspicabile allargamento euro-mediterraneo. Apri pista per un analogo ingresso di uno Stato palestinese democratico, con Turchia, Giordania e Libano democratici, fino al Maghreb, al Marocco».
Una proposta dunque alternativa alle politiche fino ad ora perseguite dall'Europa e dagli Stati Uniti riguardo al conflitto israelo-palestinese che supera la concezione di una sovranità statuale assoluta e pone al centro il diritto alla libertà, alla democrazia e allo stato di diritto per tutti gli uomini e le donne del Medio Oriente.
Secondo diversi sondaggi, come ad esempio quello condotto dall'Università Ben Gurion del Negev a metà giugno 2011 su un migliaio di intervistati l'81% degli israeliani si sarebbe dichiarato favorevole a un ingresso nell'Unione Europea.
Ma che cosa ne pensano i palestinesi? E soprattutto come vedono il ruolo dell'Unione Europea? Non abbiamo a disposizione sondaggi su questo. Daniela Sala da Ramallah ha raccolto per FaiNotizia.it le opinioni di tre giovani esponenti del movimento di Fatah, l'organizzazione politica fondata da Yasser Arafat nel 1959, la maggior organizzazione palestinese, fino al 2006 quando la sua popolarità è stata insidiata in termini numerici e di consenso da Hamas (Movimento islamico di resistenza), che nella Striscia di Gaza ha ottenuto la maggioranza dei consensi. Fatah è tuttora maggioritaria in Cisgiordania.
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