Piccolo profugo
E poi è arrivato il giorno
sei salito anche tu su quel barcone
quando tutti cercavano uno spazio
quando ognuno pregava di arrivare
l’illusione di raggiungere una terra
che da adesso per te sarà promessa
E sentivi il fiato di chi era accanto
e cercavi il suo calore per resistere
alla notte che sembrava non passare
a quel freddo che nel mare non perdona
se per giorni devi stare lì in silenzio
nella stiva di una barca troppo vecchia
o sul ponte a ricevere le onde
di acqua fredda e di sale che ti spacca
una faccia logorata dalla fame
dalla sete e dal dolore di scappare
dalla terra dei tuoi padri
dal tuo mondo
Così piccolo
non sai perché stai lì
tra le braccia di tua madre
infreddolita
o già morta ma non molla la sua presa
per portarti forse in salvo
non lo so
se la terra che ti accoglie
non ti crede
se qualcuno ti condanna ancora prima
di toccare coi piedini quella spiaggia
Io non so se non vogliamo il tuo colore
o l’odore della pelle
o la tua fede
non capisco se ti abbiamo condannato
alla vita della fame o della guerra
se la nostra è la paura del diverso
o soltanto l’ignoranza e la vergogna
di un popolo che ha già dimenticato
quando andava alla conquista dell’America
con una valigia ancora di cartone
una foto nella tasca
e un po’ di pane
e un sogno che per molti è stato immenso
ma che a te
piccolo profugo innocente
non vogliamo più adesso regalare
Muori allora tra le acque di un canale
che tra pesci, i suoi scogli e i suoi fondali
porta adesso anche il sangue dei tuoi amici
di tuo padre oppure della madre
che ha creduto fino in fondo di salvarti
da una guerra che non era certo tua
e che noi
si noi civili
combattiamo
nel tuo nome
ma nessuno più ci crede
Che farai piccolo profugo africano
che sarà della tua vita
o della morte
che dirai alla tua gente
se per caso
riuscirai a diventare un po’ più grande
e a ricordare ancora
quella lunga ed infinita traversata
in un mare che nessuno vuole più.
Marcello Alessandra