In tutta libertà
Alberto Figliolia. “On the Road” di Walter Salles
12 Ottobre 2012
 

Ho conosciuto Dean poco dopo
che io e mia moglie ci siamo lasciati
.

 

 

Un impegno e un'impresa da far tremare i polsi: portare sullo schermo On the Road, il capolavoro di Jack Kerouac, salvandone il cuore profondo, quella voglia di cambiare il mondo o di trovarvi sé stessi attraverso il cammino, fra peripezie e sorprese di cui il cammino stesso è costellato, fra fallimenti e aspirazioni. Mappare le geografie e i paesaggi interiori, in cerca.

Walter Salles, regista de I diari della motocicletta e Central do Brasil, che del libro è stato in giovinezza un appassionato cultore, ci ha provato e non è certo deludente la trasposizione fattane al culmine di otto anni di lavoro e ricerche. «Ciò che ci premeva e ci interessava era filmare questo loro desiderio di svelare l'ignoto e al contempo i loro conflitti interiori, l'inizio della fine del sogno».

Da New York a San Francisco, da Denver al Messico, e Arizona, North Carolina, partenze, ritorni e nuove partenze: le sterminate pianure, le strade che corrono diritte all'orizzonte, le luci delle città e quelle artificiali, fumosi locali, lavoranti, proletari e vagabondi, cieli e fiumi impetuosi, vento, la vita famelica che ti prende al ritmo selvaggio della musica, e ironia, trasgressione e amicizia... On the Road è tutto questo e molto di più.

L'epopea di Dean Moriarty/Neal Cassady, Sal Paradise/Jack Kerouac, Old Bull Lee/William S. Burroughs, Carlo Marx/Allen Ginsberg, Marylou/Luanne Henderson, Camille/Carolyn Cassady et alii non conosce crisi né stanchezza; ancora ci spalanca orizzonti di libertà, oltre che d'arte (ma l'arte è già libertà).

Abbiamo sempre bisogno del capolavoro di Kerouac pubblicato il 5 settembre 1957 dopo nove anni di viaggi e abissi (fu scritto su rotoli di carta incollati l'uno all'altro) di e in quella generazione che è stata protagonista di sé, nel tentativo di abolire lacci e vincoli, attraversando territori deliranti e anche desolati e sperimentando ogni afrore nei giorni sussultanti. «Le sole persone che esistono sono quelle che hanno la demenza di vivere, discorrere, di essere salvate, che vogliono vivere tutto in un solo istante, quelle che non sanno sbadigliare».

Eppure il libro fu rifiutato da sei case editrici!

Ancora Walter Salles: «I personaggi del film bruciano, bruciano letteralmente come dei ceri nella notte... Come rappresentare questa energia sul grande schermo? Con la pulsione dei corpi e dei gesti, con il movimento costante, con la danza. Ma era necessario anche trovare dei momenti di silenzio, di contemplazione che permettessero ai momenti “di accelerazione” di essere percepiti come tali». Colonna sonora stupenda e in perfetta linea con il dipanarsi delle vicende/vicissitudini.

Squarci onirici in una fotografia bellissima, visioni di realtà celate. E una definizione magica, che non smette di accendere la fantasia: Beat Generation!

Eccellente il cast degli interpreti: Garrett Hedlund nella parte di Neal/Dean, Sam Riley nei panni di Jack/Sal, Kristen Stewart in quelli di Luanne/Marylou (protofemminista? Di dirompente sensualità e sensibilità). Perfetti i “camei” di Viggo Mortensen (William S. Burroughs) e di Kirsten Dunst (Carolyn Cassady, una sorta di madre coraggio per i tre figli avuti dal frenetico infedele magnetico iconico Neal/Dean).

Dobbiamo andare e non fermarci finché non siamo arrivati” “Dove andiamo?” Non lo so, ma dobbiamo andare”.

 

Alberto Figliolia


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