Sveglia
Vissi a due passi dall’accampamento
E mi piaceva ascoltare la sveglia.
Galli, maiali, galline e bambini
facevano il coro al nuovo giorno che si dissanguava.
Il suonatore di cornetta abbassava la testa:
le note squillavano nello spazio.
Papà diceva: Maria, il mio caffè.
(1969)
Tararí Tarará
I bambini e le mosche mi accoglievano
con migliaia di zanzare a La Lisa,
dove vive mia sorella la maestra,
che da tempo si arrangia come può.
Tararí! Tarará! Le mosche si mangiavano la torta,
con acchiappamosche i bambini le uccidevano,
le zanzare il sangue ci succhiavano,
una vacchetta nera faceva muuu…
I miei momenti più felici terminarono.
(1969)
Il coltello
La sorte mi ha riservato
questo coltello.
È così mio
che gli nego
il passatempo innocente
di risplendere.
Allacciato a una cintura
posso portarlo in giro.
Un giudice condannerebbe
chi osasse rubarmelo.
Potete protestare,
supplicare, appellarvi, amici miei.
Tenterete di disarmarmi:
vedo nei vostri volti
convulsi il terrore.
Ma, allontanate timori vani:
è solo uno schiavo
pronto ad affondare nel mio petto.
(1969)
Mia sorella
Mia sorella, nel suo trono del dolore,
mette in avanti i suoi capelli
per tappare l’umiliazione dei giorni.
Quando mia madre ci mostrava il suo ritratto,
nel sorriso di mia sorella
si rifletteva la speranza della salvezza.
In quei giorni splendidi
aiutava a morire bene.
Il suo sorriso bagnava il moribondo,
e negli ultimi fulgori
il volto della morte trasfigurava.
Adesso nel suo trono del dolore,
mia sorella è una morta che sa,
tra lamenti e pallori,
che nessuno potrà cambiare il suo volto.
(1969)
Mio padre
Dice mio padre che è inutile il commiato:
non possiede la speranza di un ritorno.
Mio padre, la cui partenza è imminente,
con il suo bagaglio alla porta,
nell’aria gelata del mattino,
rifiuta i nostri abbracci e le nostre lacrime:
“Sarà inutile lasciare le porte aperte”.-
(1969)
Poesie deplorevoli
Gamba al forno
Come una gru, in piedi su una gamba,
mi taglio l’altra
e te la offro, fratello,
perché finalmente conosca il sapore della mia carne.
Frittura di cervello
Come quello della vacca o dell’agnello
servono il mio cervello per fare fritture.
Nelle notti intellettuali
sono l’afrodisiaco dell’idiota.
Lingua impanata
Non è la mia lingua
boccone per cardinali,
ma per laici. Essi
la preparano a loro gusto.
(1969)
Finale
Sono stato come un cane
sottomesso alla voce del padrone:
Hop, Virgilio, salta!
Ho amato la bellezza,
preteso la grazia.
Ho avuto delicatezze
da cane ammaestrato.
Come premio, padrone mio,
solo ti chiedo,
un poco più di scherno.
(1969)