È trascorso solo un anno dal primo lancio del romanzo del giovanissimo Claudio Volpe (ventiduenne, nato a Catania, vive a Pontinia, in provincia di Latina). La prima intervista la fece ad una radio locale in occasione della fiera “Libri da scoprire” di Latina. Claudio era presso lo stand dell’associazione culturale Il Foglio, il cui Presidente, Gordiano Lupi, è noto per la caccia ai nuovi talenti letterari.
La prima edizione, a cura del Foglio, rispecchia proprio la veloce scelta di pubblicare il libro, una mossa che ha avuto il pregio di aprire presto nuove possibilità all’autore. Loquace e brillante interlocutore non si è sottratto né a interviste né a esposizioni mediatiche che anzi sono esponenzialmente aumentate in pochi mesi. Il vuoto intorno sta facendo il pieno di lettori, il pieno di recensioni, un successo pari all’intraprendenza dell’autore e che per questo non può dirsi del tutto inaspettato.
La storia forte e struggente di Ettore, bambino down a cui il padre peccaminoso confessa in un monologo duro le avventure squallide di una vita storta, non manca di colpi di scena e impennate narrative, tanto da far dire a più lettori che sembra scritta da un uomo maturo. I temi trattati sono altrettanto coinvolgenti e si addensano nel romanzo in un vortice di riflessioni durature: la fede non convenzionale, l’eutanasia, l’omosessualità, la prostituzione, aspetti della cultura rom, l’handicap, la malattia mentale, la famiglia senza più radici, l’amore capace di riemergere e far rinascere. Chi legge quest’opera si ritrova immancabilmente immerso, chiamato in causa nella propria possibilità di caduta e rinascita. Lo dice chiaramente Dacia Maraini nel giudizio espresso per la presentazione al Premio Strega (a cui Volpe ha potuto partecipare solo come semifinalista): «è uno sguardo viscerale sul mondo, sulla sofferenza e su quel vuoto che ogni essere umano ha sentito almeno una volta dentro di sé» e le fa eco Paolo Ruffilli che lo definisce una risalita positiva dall’abbrutimento della vita.
I personaggi creano un’empatia interrogativa, un “se fossi io” a cui non ci si può sottrarre. Il vuoto intorno è anche un omaggio all’arte stessa, alla capacità di riplasmare la vita con l’argilla e qualsiasi altro materiale a disposizione, anche la narrazione, come emerge dal personaggio forte e passionale di Romeo, pellegrino da un’esperienza profonda ad un’altra come solo l’artista può fare e sentire.
La vicenda di Achille e la sua famiglia postmoderna scandaglia il vissuto di ognuno, chiede di andare a fondo, di non voltarsi di fronte a nulla, neppure di fronte al dolore, tantomeno di fronte alla miseria intorno. Il terrore del vuoto va superato guardandolo negli occhi, oscillandovi dentro, vivendo pienamente con la consapevolezza di una resurrezione che ci attende ogni giorno.
Semifinalista al Premio Strega 2012, Il vuoto intorno è citato con rammarico da Renato Minore su Il Messaggero in un articolo pubblicato all’indomani della premiazione: sarebbe infatti l’anello mancante che avrebbe potuto arricchire davvero il Premio, almeno con la sua presenza tra i primi dodici. Mentre attendiamo la prossima occasione, il libro è ora edito da Anordest (edizionianordest.com).
Rosa Manauzzi