Oblò cubano
I cubani sperano che Raúl Castro conceda libertà di viaggiare
23 Dicembre 2011
 

Sono molto alte le aspettative tra i cittadini cubani sulle possibili aperture in tema di libertà di movimento annunciate dal governo di Raúl Castro. La cautela accompagna l’euforia, perché dopo mezzo secolo di restrizioni sembra impossibile che venga concessa piena libertà di uscire dal paese.

«Sarebbe un bel regalo di Natale poter viaggiare senza limiti», dice Luis Peña, un ingegnere di 37 anni che da trent’anni vive lontano dalla madre, rifugiata a Miami. «Sono rimasto senza amici perché sono fuggiti tutti, ma io non ho mai pensato di emigrare, anche se mi piacerebbe lavorare un po’ di tempo all’estero per migliorare la mia situazione economica, soprattutto adesso che è nato il mio primo figlio», conclude.

Secondo la normativa vigente, i cubani possono recarsi all’estero solo dopo aver ricevuto una carta d’invito da un cittadino straniero, ma prima devono chiedere un permesso d’uscita ufficiale e affrontare un procedimento burocratico lungo e dispendioso, che può costare fino a 500 dollari tra tasse e documenti, senza contare il biglietto aereo. Inoltre occorrono i visti d’ingresso rilasciati dal paese che li dovrà ospitare, ma senza il permesso del governo cubano sono documenti inutili.

Il 1° agosto 2011 Raúl Castro, ha annunciato che avrebbe modificato la politica migratoria per porre fine ad alcune restrizioni che perdurano “senza motivo” e che sono in vigore dal 1961. Per questo le aspettative cominciano a crescere.

Adonis González, un cuoco di 38 anni, è uno dei 200 cubani che questo venerdì 23 dicembre attende il suo turno davanti al consolato spagnolo dell’Avana per ottenere la cittadinanza spagnola in virtù della legge della Memoria Storica, che semplificherebbe parecchio le pratiche per viaggiare all’estero.

«Tutti aspettano la nuova legge migratoria, ma è un argomento complesso che ha diviso le famiglie cubane e messo contro Cuba e Stati Uniti per cinquant’anni. Non si può sapere come verrà approvata e neppure se diventerà legge dello Stato. In ogni caso se verrà approvata oggi, non credo che potremo partire domani», dice González.

Alcuni cubanologi dicono che Raúl Castro vuole eliminare i permessi di uscita (per i cubani residenti sull’isola) e di entrata (per gli emigrati), ma anche la condizione di “emigrato definitivo”, al quale secondo la normativa vigente sono confiscati i beni ed è negato il rientro definitivo nel suo paese.

«Se, come dicono, tutto questo sarà eliminato, mia madre potrà venire a Cuba con maggior frequenza», ha detto Peña, che dal 1980 - anno della Crisi del Mariel, massiccio esodo migratorio che vide fuggire circa 140.000 cubani - ha potuto vederla soltanto una volta.

La riforma migratoria è un motivo di discussione per strada, ma la stampa cubana non scrive niente e i soli ad affrontare l’argomento sono i blog non governativi e alcuni blog rivoluzionari.

Il ben informato blogger rivoluzionario Yohandry afferma che «il cambiamento è imminente», anche se non è sicuro che il tema sia stato affrontato nelle recenti riunioni delle commissioni parlamentari. La nota blogger indipendente Yoani Sánchez, che ha tentato di recarsi all’estero ben 18 volte senza essere mai autorizzata, dice che la sua valigia è pronta e che non riesce a dormire per l’agitazione con cui attende il cambiamento.

L’eliminazione del permesso di uscita è una richiesta che proviene da tutta la popolazione cubana, è sostenuta dalla Chiesa cattolica e da intellettuali e artisti come i cantautori Silvio Rodríguez e Pablo Milanés.

«Voglio un socialismo sempre più democratico e partecipativo. Attendo una riforma migratoria che costituisca un primo tentativo per migliorare la situazione», afferma Silvio Rodríguez nel corso di un’intervista al settimanale Trabajadores.

La riforma migratoria rientra nella politica di Raúl Castro volta a eliminare proibizioni “eccessive”, come quelle che hanno impedito ai cubani per oltre mezzo secolo di vendere case e automobili, di frequentare gli alberghi e di poter acquistare liberamente computer ed elettrodomestici.

Va da sé, come dice González, che «con un salario medio di 20 dollari al mese, la maggior parte dei cubani non potrà uscire neppure per fare una passeggiata al parco». Eunice Placeres, che di mestiere fa il ballerino di strada, concorda con il tassista: «La misura sarà molto positiva, ma per viaggiare bisogna avere denaro».

 

Gordiano Lupi


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