L'ultimo dei milanesi
Da Goethe padre, a Hesse e Kafka: i viaggiatori tedeschi raccontano Milano 
di Mauro Raimondi
01 Dicembre 2011
 

Milano, diversa dal mondo d’oltralpe ma nemmeno “vera”, pittoresca Italia, da sempre ha ospitato viaggiatori di cultura germanica provenienti dal Brennero o dalla vicina Svizzera. Le prime testimonianze risalgono addirittura al 1496, quando Arnold von Harff passò dalla città durante un pellegrinaggio verso Roma descrivendoci, nel suo libro di viaggio, quel tour che veniva offerto ai turisti nella splendida Milano di Ludovico il Moro, comprendente il Castello (in cui lo colpì il giardino pieno di animali e uccelli), il Duomo (in costruzione), il palazzo dei Visconti (ora Reale) e la Ca’ Granda, «ricchissimo ospedale di cui ci condussero a osservare le cose memorabili». Ma, come altri dopo di lui, von Harff fu attratto anche dalle donne, tanto da confessare: «Secondo il mio debole giudizio, ho visto a Milano le più belle donne tra tutte quelle che ho incontrate ne’ miei viaggi».

Qualche decennio più tardi il francescano nonché matematico Sebastian Munster, appassionato di Geografia, regalò alla città un giudizio positivo per la sua ricchezza (e la salubrità dell’aria!) nella Cosmogonia Universale, un’enciclopedia che circolò in tutta Europa. E pure Ioannes Pflaumern, nel suo Mercurius Italicus, una delle guide di viaggio più complete del XVII secolo, inserì Milano nel testo criticandone l’aspetto degli edifici privati ma elogiando quelli pubblici e le chiese.

Il primo nome conosciuto da tutti che sostò in città fu Johann Caspar Goethe, che nel suo Viaggio in Italia ci ha lasciato dei ricordi più originali del figlio Wolfang. Narrandoci addirittura un’esecuzione: «Vidi ieri impiccare due birbi. La confraternita della Carità, che consiste di nobili e altri cittadini, si radunava innanzi la prigione, coll’abito del loro ordine che copre tutto il corpo, eccetto gli occhi, avendo in una mano una candela accesa, nell’altra una corona. Messi in ordine, camminano a paio a paio, col crocefisso nel fronte ed i loro servitori a canto, poi segue il delinquente, condotto tra un padre francescano ed uno della confraternita: dietro di questo viene il boia. In tal guisa, con urli, canzoni e preghiere, s’avvicinano verso la forca, per questa volta drizzata in Piazza del Duomo. Quando i malefici vi furono giunti, si confessarono e poi in su la forca tirati, sino che il boia li getta abbasso. Sospeso così in aria, il boia gli salta sul collo in cui resta, ballando sinché quell’infelice è morto, poi l’abbandona. In quanto alle corde servite a questo uso, vengono abbruciate, per non essere impiegate a qualche stregoneria».

Pensare che tali truci spettacoli avvenivano proprio nelle vie del nostro centro, fa venire i brividi. E allora, per rasserenarci, ricordiamo Johann Seume, che nel 1802 giunse a Milano durante un viaggio a piedi per l’Europa. Guardato all’inizio con sospetto dall’albergatore per il suo sacco sulle spalle, riuscì a conquistarlo per le sue camicie fini e soprattutto per le monete d’oro con cui pagava i conti. Le quali, evidentemente, attirarono anche una fanciulla, come il tedesco ci racconta: «Una domenica mattina me ne stavo in tutta tranquillità nella mia camera e per caso leggevo i carmi erotici di Catullo, quando fu bussato alla porta, poi che ebbi risposto, entrò una ragazza, la quale, Catullo a parte, avrebbe indotto in tentazione un santo. La giovane e bella peccatrice aveva studiato l’effetto della sua apparizione secondo le arti più fini della seduzione. “Signore, comanda qualche cosa?” bisbigliò in tono dolcissimo, mentre con la mano graziosa giocava con un panierino che faceva atto d’aprire. Io la guardai colpito, e m’occorse qualche attimo prima che rispondessi perplesso: “No”. “Niente?” disse lei in un tono che doveva averglielo insegnato il diavolo. Gettai Catullo sul davanzale, e fui sul punto di dire una sciocchezza o di commetterla, quando a un tratto l’austera filosofia silenziosamente m’allungò uno schiaffo. “Niente”, brontolai, mezzo in collera con me stesso, e la tentatrice prese congedo con grazia indescrivibile. Chissà che cosa sarebbe successo se la diavoletta m’avesse rivolto la domanda per la terza volta».

Ribadito che «a Milano ho vedute quelle che secondo il mio gusto sono le più belle donne di tutta Italia», Seume partì poi con il suo sacco. Lasciando il posto alla madrina del Romanticismo, Madame de Stael, che inserì la città e il Duomo nella parte finale del suo Corinna ovvero l’Italia. E della Cattedrale parlò pure Heine il rivoluzionario nei Reisebilder: «Da lontano (il Duomo) sembra quasi intagliato in carta da lettere bianca e da vicino si trasale nel vedere che quest’opera d’intaglio è inconfutabilmente di marmo… È davvero bello, di un’eleganza colossale, un trastullo per giganti. Al chiaro di luna di mezzanotte offre ancora lo spettacolo migliore».

Persino il padre della psicanalisi, Freud, transitò per Milano qualche mese dopo le terribili giornate del 1898, apprezzandone i monumenti ma lamentandosi per l’eccessivo rumore, tanto da definire «biliosa» la città. Al contrario di uno dei maggiori poeti tedeschi, Rainer Maria Rilke, che in una lettera all’amata Lou del luglio 1904 scriveva: «Milano: la Cena, stupenda oltre ogni misura, pittura vicina solo agli affreschi antichi, a nient’altro paragonabile; quasi scomparsa, quasi solo narrata dalla voce profondamente commossa di qualcuno d’invisibile, eppure indicibilmente presente, realtà indistruttibile nella sua interiorità. Il Duomo, un giocattolo secolare, quasi tutto zucchero».

Oltre a loro, anche Thomas Mann soggiornò a Milano. E più volte anche il futuro premio Nobel Hermann Hesse. Nei suoi racconti ritornano, oltre a Duomo e Galleria, l’imperdibile Cenacolo, Brera e il «delizioso» Museo Poldi Pezzoli, S. Stefano e S. Carlo al Corso. Ma pure la «cena in una piccola trattoria (macheroni con sugo) (molto a buon mercato) dove l’intera famiglia, gatto compreso, era seduta a tavola con me e se la rideva del mio italiano. Gatti in tutte le locande italiane, spesso gran belle bestie» e l’incontro «al caffè con due svevi coi quali ho bevuto qualche bicchiere di vino in allegria. Il vino rosso di qui è buono, ma aspro e pesante, quello bianco invece è mediocre».

Solo in un viaggio successivo Hesse, come Freud, sbottò sull’eccessivo caos milanese, ma la ragione dello sfogo va forse cercata nella tappa precedente: «Con Venezia negli occhi, mi è insopportabile la sporcizia delle strade di questa città e il suo traffico animato e rumoroso di tram e di vetture: è come destarsi da un sogno alla dura realtà… Dopo pranzo sono entrato in Duomo, il cui interno di nuovo mi riconcilia con una città che mi è quasi antipatica».

Tuttavia, ritornatovi nell’aprile del 1903 con la sua futura moglie, la signorina Bernouilli, non poté fare a meno di salire sulla Cattedrale a… giocare: «Siamo rimasti sdraiati per un’ora al sole sul tetto… Abbiamo immaginato che la figura posta in cima alla torre del coro venisse a poco a poco sollevata verso il cielo e che allora tutti gli altri santi avanzassero tutti di un posto, secondo il loro ordine gerarchico, raggiungendo con un grande balzo avido il pinnacolo precedente, pieni di gelosia per quelli che avevano già guadagnato una postazione più avanzata».

Infine, per concludere questa breve rassegna, impossibile non citare un altro protagonista della cultura tedesca, Franz Kafka, che arrivò in città nel settembre 1911, avendo però un primo impatto non propriamente esaltante: «Milano: dimenticato la guida in un negozio. Torno indietro ed è rubata». In seguito, il soggiorno meneghino di Kafka si consumò tra una torta di mele in piazza dei Mercanti e uno spettacolo al Teatro Fossati («Tutti i cappelli e i ventagli in movimento. Risata di un bambino dall’alto… L’orchestra sullo stesso piano della sala. Réclame di Lancia compresa nelle pitture del soffitto d’un salone»); tra un giro in centro («non si vede altro che il tram che gira lento intorno al monumento di Vittorio Emanuele e distogliendo lo sguardo si va in cerca di un albero»), una sosta in Galleria («Così piccoli come in Galleria non ho mai visto gli uomini») e una tirata d’orecchie al pur stupefacente Duomo, che «dà fastidio con tutte le sue guglie». Ma pure una visita «Al vero Eden», un locale dove: «La ragazza, mentre stava seduta, era indubbiamente sformata sopra e fra le gambe divaricate, ma nell’alzarsi il ventre si dilatò come le quinte d’un palcoscenico dietro ai veli formando, infine, un corpo femminile sopportabile. La francese, la cui dolcezza si palesò all’occhiata conclusiva anzitutto nelle ginocchia tonde e tuttavia particolareggiate, loquaci e affettuose. Una figura da monumento che imperiosa infila nella calza il denaro appena guadagnato».

Una testimonianza, quella di Kafka su Milano, davvero intrigante, che si conclude con l’ennesima salita sul Duomo: «Panorama dalla galleria anteriore del tetto. Il meccanismo dei tram laggiù è un po’ guasto, tanto passano lentamente… Un bigliettaio corre curvo e schiacciato, dal nostro punto di vista, verso il suo tramvai e vi monta con un salto».

Ora i tram non ci sono più. Ma lo spirito di tutti questi grandi uomini che hanno visitato Milano, è ancora qui. Basta cercarlo. Saludi

 

 

Libri citati:

ARNOLD von HARFF, “Die Pilgerfahrt des ritter von Arnold von Harff…” (1860), da Milano d’autore di F. Fava, Selecta 2002

S. MUNSTER, “Cosmographia universalis…” (1558), da Storia illustrata di Milano, a cura di F. Della Peruta, Elio Sellino 1992, vol. 5

I. H. A. PFLAUMERN, “Mercurius italicus hospiti fidus…” (1625), da Storia illustrata di Milano, vol. 5

J. C. GOETHE, “Viaggio in Italia“ (1932-33), da Milano e l’Europa. Viaggiatori e memorie 1594-1986, a cura di A. Brilli, B. Popolare dell’Etruria e del Lazio 1995

J. G. SEUME, “Spaziergang nach Syrakus in jahre 1802” (1803), da L’Italia a piedi, a cura di A. Romagnoli, Longanesi 1973

H. HEINE, “Reisebilder” (1828), da Guida letteraria dell’Italia di D. Maurer - A.E.Maurer, Guanda 1993

G. NECKER DE STAEL, “Corinne ou l’Italie” (1807), da Corinna ovvero l’Italia, a cura di G. Fontanappa, Unione tipografico Editrice Torinese 1961

S. FREUD, “Unser Herz zeigt nach dem Suden. Reisebriefe 1895-1923”, da Il nostro cuore volge al Sud, Lettere di viaggio. Soprattutto dall’Italia (1895-1923), a cura di C. Togel, trad. G. Rovagnati, Bompiani 2003

R. M. RILKE – L. A. SALOMÈ, “Briefwechsel” (1975), da Epistolario 1897-1926, a cura di E. Pfeiffer, La tartaruga Ed. 1992

H. HESSE, Dall’Italia, trad. di E. Banchelli - E. Ganni, Oscar Mondadori 1990

F. KAKFA, “Tagebucher (1948/49)”, da Confessioni e diari, a cura di E. Pocar, Mondadori 1972


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