Proviamo a rappresentare su un foglio il benessere mondiale, disegnandolo come un quadrato la cui area corrisponde al PIL totale. Prendiamo poi la popolazione della terra e dividiamola per fasce di ricchezza, assegnando ad ogni fascia un colore diverso. Coloriamo quindi l'area del quadrato utilizzando questa tavolozza e ricorrendo a ciascun colore in proporzione alla percentuale di PIL detenuta dalle singole fasce di popolazione. Ebbene, quasi la metà dell'area risulterebbe di un solo colore, corrispondente ai ricchissimi, che sono circa l'1% degli abitanti. In appena il 3% dell'area si concentrerebbero invece quasi tutti i colori a nostra disposizione, espressione di circa il 75% degli abitanti. Per il restante 40% e rotti d'area utilizzeremmo due o tre sfumature, relativi al ceto medio dei paesi avanzati.
Il compito assegnatoci è far “crescere” ulteriormente questo quadrato. La tesi prevalente è che la “crescita” si ottenga solo aumentando l'area della figura, in ragione della quale gli stati in passato, la finanza adesso, stanziano ingenti quantità di una merce di scambio, la moneta, che oggi ha un mero valore virtuale. Malgrado ciò l'area rimane grossomodo delle stesse dimensioni e senza significative variazioni in termini di colorazione. Prendiamo invece lo stesso quadrato di partenza e, a parità d'area, immaginiamolo molto più variopinto: non si potrebbe forse asserire che esso è “cresciuto”? Dipende insomma dai punti di vista, inoltre può darsi che variando la combinazione dei colori magicamente aumenti poi anche l'area.
Chissà allora che il vero limite, a livello internazionale, della classe dirigente, anche la più preparata e onesta, non sia proprio l'incapacità di concepire un concetto di “crescita” diverso da quello affermatosi negli ultimi quaranta anni e che, per inciso, ci sta portando al collasso. Qui sta il conflitto d'interessi, perseverare nel tentativo di curare il male ricorrendo alla stessa ricetta che ci ha avvelenato.
Marco Lombardi