Diario di bordo
Martina Simonini. La proposta bislacca del Presidente Sertori 
Status di territorio interamente montano della provincia di Sondrio
Massimo Sertori, Presidente della Provincia di Sondrio
Massimo Sertori, Presidente della Provincia di Sondrio 
19 Novembre 2011
 

Approderà in tutti i consigli comunali di Valtellina e Valchiavenna la proposta del Presidente Sertori di chiedere alla Regione il riconoscimento dello status di territorio montano della nostra provincia. In mezzo alla crisi più nera ed al caos istituzionale, Sertori non trova di meglio che lanciare una delle sue “improbabili” proposte.

Ho già espresso tutte le mie perplessità in aula ma mi preme di fissare qualche ulteriore concetto perché davvero sono stanca di proposte improvvisate e con poco respiro.

Anche questa proposta farà la fine di quella relativa alla deliberazione consiliare 23/2010 sulla richiesta di trasferimento del demanio idrico… È un déjà vu. Il riconoscimento di una specificità non accompagnata dal trasferimento di deleghe specifiche o competenze non ha nessun valore, una bandierina senza significato. L’argomento è complesso ma cercherò di essere didascalica.

1) Il riconoscimento di status di provincia interamente montana da parte della Regione Lombardia si trova già nel Piano di Sviluppo Rurale e nel PRS, ma questo non ha alcun effetto giuridico in quanto non esplicita alcun riflesso e/o implicazione legislativa o amministrativa.

2) Anche il riferimento, all'interno del testo di legge delega sul federalismo fiscale, alle “zone” o ai “territori” montani richiede un chiarimento in merito alla definizione stessa di montagna, che deve essere individuata in ambito statistico e politico perché tale definizione, allo stato attuale, manca nel nostro ordinamento. Ciò rende evidente la necessità di revisione della legge quadro sulla montagna.

3) Per la definizione di territorio montano secondo l'ordinamento giuridico nazionale ci viene incontro la Carta costituzionale italiana che ha una caratteristica che la rende, insieme alle Costituzioni spagnola e svizzera, un caso particolare in Europa: essa infatti, al suo art. 44, contiene un esplicito riferimento alla “montagna” prevedendo la possibilità per il Parlamento di emanare leggi speciali in suo favore. In questo modo si riconosce la condizione di svantaggio in cui versano le aree montane rispetto al restante territorio della penisola; si riconosce la necessità di portare la montagna in posizione di uguaglianza sostanziale rispetto al resto del territorio nazionale. La Costituzione non fornisce però una propria definizione di area montana, per ottenere la quale fu necessario attendere l'emanazione, nel 1952, della prima legge che disciplina globalmente gli interventi a favore dei territori montani.

4) Il primo intervento per questo riconoscimento viene dalla Commissione censuaria centrale alla quale venne affidato il compito di aggiornare l'elenco dei comuni “montani” e che aveva la facoltà di includere in tale elenco anche i comuni e le porzioni di comuni, non solo limitrofi, i quali avessero il minimo comune denominatore individuato dal degrado fisico e dalla povertà. Le critiche mosse alla delimitazione della cosiddetta “montagna legale” furono molte, prima fra tutte quella relativa all'eccessivo allargamento delle aree di intervento; tale estensione ha, infatti, sicuramente comportato, quale sua diretta conseguenza, un annacquamento del concetto stesso di territorio montano tanto che nell'elenco dei comuni montani sono state comprese anche località come Albenga, Sestri Levante, Portoferraio, Porto Azzurro, Amalfi, Positano, Peschici, Vieste ecc.

5) Con la legge di riforma dell'ordinamento degli enti locali – legge 8 giugno 1990, n. 142 – invece, si interviene in modo radicale sulla definizione di territorio montano: l'art. 29, infatti, abrogando tutti i precedenti riferimenti normativi in merito sembra far scomparire dall'ordinamento giuridico nazionale la definizione di montagna individuata secondo i criteri geografico ed economico. Ai sensi della legge n. 142/1990, la definizione di comune montano, e di conseguenza anche di territorio montano, pare, allora, essere lasciata alle singole Regioni, alle quali spetta, con legge regionale, di costituire le Comunità montane, enti locali formati da comuni montani e parzialmente montani della stessa provincia. Anche questa norma non è tuttavia chiarissima: le disposizioni, infatti, prevedono che le Regioni possano escludere alcuni comuni parzialmente montani, restando sempre esclusi i capoluoghi di provincia e i comuni con popolazione complessiva superiore a 40.000 abitanti. Ne consegue che tali zone, anche se montane ai sensi della legge n. 991/1952 (e della legge n. 1102/1971), sono ora escluse non solo dalle Comunità montane, ma anche dall'applicazione della legge del 1994.

Non brilla in chiarezza neppure la normativa europea: ogni Stato membro, e ora ogni regione nei piani di sviluppo rurale, può adattare la definizione di montagna alla realtà del proprio territorio. Contrariamente alla legislazione italiana sui territori montani, però, la normativa comunitaria fissa, comunque, criteri-guida generali che ciascuna regione è tenuta ad osservare.

6) Della specificità dei territori montani siamo tutti convinti. Peraltro, per quanto mi riguarda, vado da tempo affermando che è sbagliato considerare che un'area non ha valore per la sua peculiarità ambientale e territoriale ma solo per lo sfruttamento economico che vi si può attuare.

La nostra provincia (montana) è importante non solo per la produzione di energia rinnovabile ma in particolare per la valenza ambientale: per la tutela della biodiversità, per la ricchezza di ambienti salubri e naturalisticamente importanti, per il turismo, per la riduzione dell’anidride carbonica.

Alle aree di montagna dovrebbero essere riconosciuti maggiori risorse e/o sussidi da parte regionale, nazionale o soprannazionale perché è indubbio che l’aria, l’acqua, la biodiversità e la tutela del territorio prodotti dalla montagna sono indispensabili anche alle aree del fondovalle e della pianura. Forse si potrebbe pensare, per esempio, di cominciare a parlare del riconoscimento alla montagna di una, anche piccola, quota dei consumi idrici della pianura.


In conclusione, alla luce della normativa comunitaria e delle normative nazionali e regionali, le premesse per definire almeno giuridicamente le zone montane non sono confortanti. A seconda delle finalità perseguite dal legislatore anche la definizione di montagna o di territorio montano cambia di volta in volta: i vari criteri scelti dal legislatore quali indicatori di “montuosità” non sono fissi, ma cambiano a seconda della finalità del provvedimento legislativo in cui sono inseriti.

A fronte delle notevoli differenze normative, c'è, però, in comune la sentita esigenza di assegnare alla montagna una disciplina differenziata rispetto alle zone di pianura, in quanto è proprio la situazione geografica che determina svantaggi naturali superabili grazie all'intervento pubblico.

La definizione di territorio montano, attribuita di volta in volta oltre a condizionare l'intervento pubblico di sostegno, ha inciso su importanti istituti di diritto pubblico e di diritto privato (per es.: per quanto riguarda il diritto pubblico si pensi alla costituzione delle comunità montane – la cui utilità è oggi messa fortemente in discussione; quanto al diritto privato si pensi all’ordinamento speciale in tema, ad esempio, di usucapione, di alpeggio, di affitto, di commercio ecc.).

In questa situazione, è sui singoli istituti che occorre chiedere il riconoscimento di territorio montano. Appare quindi quantomeno bislacco chiedere alla Regione Lombardia un generico riconoscimento dello status di territorio montano...

 

Martina Simonini

(da 'l Gazetin, novembre 2011)



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