“Le voci sulla morte di Fidel Castro sono ricorrenti, ma noi dobbiamo abituarci a vivere il post castrismo anche se lui è ancora vivo”
Yoani Sánchez ha trascorso alcune ore senza elettricità, disconnessa da Internet - non è una novità - e priva della possibilità di inviare messaggi su Twitter dal telefono mobile. Non è facile la vita di una blogger cieca che deve aggiornare lo spazio telematico inviando testi per e-mail o a mezzo fax agli amici che vivono all’estero. La blogger si consola digitando messaggi in 16 caratteri da una tastiera di telefono mobile, ma non può vedere la pubblicazione e le risposte. Le parole di Yoani Sánchez nel mare di Internet sono veri e propri messaggi in bottiglia dall’isola dei non connessi.
«Le voci sulla morte di Fidel Castro si ripetono ciclicamente. Dobbiamo abituarci a vivere il post castrismo, anche se lui è ancora vivo», è il suo messaggio più interessante. Yoani non crede alle gravi condizioni in cui verserebbe il vecchio leader cubano, ma non dà grande importanza alla cosa, perché i suoi concittadini devono abituarsi alla transizione verso una nuova realtà che ha già avuto inizio. Non ha importanza quanto Fidel Castro potrà sopravvivere a se stesso e alla fine del suo regime. «Il futuro si avvicina. Il muro è fragile. Non abbiamo bisogno di un solo ariete, ma di milioni di formiche che abbattano il muro dalle fondamenta», scrive la blogger.
Continua la vita quotidiana. Sono arrivati i libri del nuovo corso scolastico per il figlio Teo. Yoani osserva che ce n’è persino uno di “cultura politica”, che “fa piangere” per le cose che vorrebbe insegnare, un vero e proprio materiale di propaganda.
La lettera scritta da Pablo Milanés, occultata da Granma e dai mezzi di comunicazione ufficiale, è un altro tema importante. Yoani nota che il cantante non è stato censurato, perché ha sentito in televisione la registrazione de El breve espacio, un vecchio successo. «Forse non è stato messo nella lista nera, ma ha detto cose pericolose durante il concerto di Miami». Milanés ha dedicato il concerto - contestato da elementi della destra fondamentalista - ai cubani in esilio, ha espresso parole di critica nei confronti del regime comunista e ha detto che è favorevole a un transizione caratterizzata dalla libertà.
Yoani prova a sentirsi libera, nonostante tutto: «È molto gradevole l’odore che si diffonde nell’aria dopo la pioggia. Esco con i pantaloni rimboccati perché le strade sono inondate e mi dedico al surf-tweet. Nessuno mi obbligherà a lasciare il mio paese! Come dice il proverbio popolare: per mandarmi via di qui devono darmi fuoco! Non mollo la presa. Sarà più difficile convincere mio figlio a mantenere le sue radici in un paese dove non è possibile vedere i frutti del proprio lavoro. L’autista di una decrepita Lada sovietica mi accompagna sotto la pioggia e mi dice: Questi sono i miei ultimi giorni a Cuba perché me ne vado. È un ragazzo molto giovane. Se le cose vanno avanti così, so che un giorno o l’altro mi sentirò dire da mio figlio le stesse cose. Sarà durissimo accettarlo. Ma sono ottimista perché qualcosa si è rotto in maniera irreversibile tra il sistema che si autodefinisce rivoluzione e il popolo oppresso. Come dice Broselianda Hdez: A Cuba c’è una dittatura, perché non puoi parlare, dire quello che pensi e non hai il diritto di lamentarti. Cade la pioggia sull’Avana, mi scopro a pensare a mia nonna e a tutte le volte che ha esclamato: che l’acqua si porti via tutto il male e ci porti solo cose positive!».
Gordiano Lupi