Da sinistra a destra e al centro, qualsiasi siano le intenzioni o l'esito della manovra finanziaria, tutti stanno a ripetere (e in questo sono tutti uguali, senza distinzioni!) che il “rigore” è necessario perché il paese ha vissuto al di sopra delle proprie possibilità.
Ora vorrei sapere di che paese si tratta, o meglio, in quale paese ho vissuto io.
Vengo da una famiglia semplice (mamma casalinga, padre operaio), dove l'hobby più diffuso era sbarcare il lunario. Non mi ricordo di essere mai andato in vacanza con la mia famiglia. Per far passare i mesi estivi, nella canicola della pianura, si andava all'oratorio o, col prete, a tuffarsi nel fiume. Non mi sono mai lamentato e nemmeno mi lamento ora, perché a vederle con il senno del poi, quelle estati erano meravigliose perché si era giovani.
E così sono cresciuto... liceo, università... ho contestato credendo di combattere per una società migliore... ma le tasche erano sempre vuote... piene però di speranza e, soprattutto, della speranza di lasciare qualcosa di buono per i miei figli.
E i figli sono arrivati e con essi gli anni della maturità. Con senso di responsabilità ho fatto mio l'hobby dei mie genitori: sbarcare il lunario.
Forse ho fatto qualche vacanza in più (campeggio), non per scialare la tredicesima, ma perché lo sentivo dovere di genitore verso i propri figli.
È già da diversi anni che non faccio più le vacanze, e se le faccio è perché ho fatto mio, non avendo alternative, il proverbio: “Chi trova un amico trova un tesoro”. Mi sono consolato, per placare e giustificare la mia indisponibilità, con i rapporti umani e con la generosità e l'affetto di chi mi ha offerto, alcune volte, la sua casa di vacanze.
Quest'anno le vacanze non le ho fatte e non le farò (a meno di qualche improvvisa offerta).
Non mi sono mai lamentato e nemmeno mi lamento perché ho visto mia figlia crescere in salute e sto vedendo mio figlio crescere in salute.
Per fortuna ho il lavoro. La mia è una famiglia monoreddito, ma barando con la dimenticanza, con le piccole astuzie, con dilazionamenti e piccoli artifici di un'economia domestica al limite, ho sempre onorato le mie spese, pagato le tasse. Ho accettato sempre i sacrifici guardando chi stava peggio di me.
Momenti difficilissimi ce ne sono stati, dovuti soprattutto alla salute (mia, per fortuna: tre infarti).
Ma mi dicevo sempre: continua, resisti! Sono anni che paghi i contributi, ci sarà la pensione, ci sarà la liquidazione... potrai investire in qualcosa e assicurare un inizio di futuro a Marco, che ha solo 5 anni.
Era l'unico (banale e stupido) sogno che avevo.
Il sole di ferragosto ha sciolto questo sogno.
Non posso più investire nella pensione e nel TFR: quando li riceverò? Non posso nemmeno permettermi un mese senza retribuzione (stipendio o pensione o TFR che sia!).
Quando in banca ci sono 100 euro a fine mese, faccio salti di gioia. Sono contento che la mia auto, che ha più di 15 anni, vada avanti lo stesso (in questo senso ho vissuto al di sopra delle mie possibilità, o meglio delle possibilità della mia auto). Sono contento che non si sia rotto niente!
Ma sono felice: sono ancora vivo!
...E sono riconoscente! Riconoscente a questo stato che mi ha permesso di continuare a respirare (anche se, ogni tanto, l'aria è inquinata), riconoscente a questo governo che mi ha fatto capire che bisogna sposare l'etica del sacrificio...
E mi sacrificherò... per non aspettare che sia lo stesso stato che mi sacrifichi; per far sì che smetta di speculare sulla mia aspettativa di vita augurandosi una mia prematura scomparsa prima dell'incasso.
Sacrificherò tutto il mio tempo libero e le mie forze per denunciare i delinquenti che ormai mi hanno tolto il futuro; userò ogni strumento per combattere; userò tutta la violenza della nonviolenza; non mi farò più scrupoli di stupida sudditanza. È il tempo della contestazione e della protesta, senza bisogno di trovare giustificazioni, perché la storia ormai ce la ha fornite, anche se molti sembrano no rendersene conto.
Piuttosto di trovarmi alla fine di una vita lavorativa con la prospettiva, non di continuare, ma di ricominciare nuovi e più pesanti sacrifici, meglio riprendere la lotta perché mio figlio possa dire che non sono stato io a ipotecargli un futuro senza speranza e affinché possa affidargli il testimone della consapevolezza e del giusto ricordo e di una eredità morale che lo aiuti a sopravvivere nei suoi tempi della maturità.
RIPRENDIAMOCI LA PIAZZA!
Massimo Bonfatti