Diario di bordo
Rosa nel Pugno: aprire porte e finestre al nuovo
09 Luglio 2006
 

È ormai più di un decennio, da tangentopoli in poi, che il popolo socialista registra l'incapacità di riunirsi, di trovare un collante unico, di posizionarsi in maniera omogenea all'interno del sistema bipolare italiano. La diaspora ha prodotto partitini, frazioni, voci nobili ma isolate, tentativi di unificazione che spesso hanno prodotto successive, e ancor più laceranti divisioni, e ancora delusioni e dolorosi abbandoni. Va detto con grande chiarezza che troppo spesso la politica ha pagato un prezzo troppo elevato ai destini e agli interessi personali di questo o quel “gruppo dirigente”. In sostanza gli interessi particolari hanno prevalso sugli interessi generali, la politica ha ceduto il posto agli “accomodamenti”, e le scelte sempre di più sono state compiute nel segno della “opportunità” piuttosto che delle convinzioni. Nella stragrande maggioranza dei casi ci si è comportati come se l'esercizio della politica dovesse produrre soltanto il titolo di un quotidiano del giorno dopo, e la cui durata, appunto, valesse lo spazio di un mattino. Si sono registrate alleanze elettorali le più diverse, talvolta contraddittorie se non addirittura innaturali, pur di essere rappresentati in parlamento, con l'unica motivazione per cui “i socialisti devono stare nelle istituzioni”. Mai spiegando perché e per fare che cosa!

Insomma, tutto al disotto del necessario e di quello che la storia socialista, e non la cronaca dettata dalla sopravvivenza, richiedeva: un orgoglioso progetto di identità e di autonomia socialista. La rosa nel Pugno rappresenta inequivocabilmente una risposta a questa necessità. Essa affonda le sue radici nella parte migliore della elaborazione politica e culturale degli anni ottanta, quelli della innovazione e della modernizzazione socialista, quelli del liberalsocialismo.

 

Fummo noi socialisti, alla conferenza di Rimini, con Claudio Martelli «a tagliare trasversalmente la sociologia pietrificata delle classi» a declinare «solo l'individuo è costitutivo ed ultimativo» e ancora «alla fine si torna ai singoli, come casi, come vite vissute, esperienze personali a milioni assai prima di diventare categorie, interessi e leggi», a definire «l’alleanza tra il merito e il bisogno» a superare «la pretestuosa contrapposizione fra scuola pubblica e privata a vantaggio della difesa reale della libertà di scelta degli utenti, in quanto l'intero versante dell'istruzione si configura come bene pubblico». Ho tenuto per ultimo, proprio perché, a mio avviso, più che mai attuale, questo passo: «Oggi è più che mai importante la sintesi liberalsocialista o se si vuole socialista, democratica, radicale e liberale che esiste in una maggioranza di cittadini italiani e che può esprimersi solo nella modernità politica.....» sic! Già allora i socialisti, evidentemente alcuni inconsapevolmente, ma altri con matura consapevolezza, cercavano di reinterpretare Ernesto Rossi e di riappacificare Turati e Salvemini.

 

Se a tutto questo si aggiungono i ripetuti richiami e i reiterati apprezzamenti di Daniele Capezzone a queste pagine della nostra storia ho difficoltà a comprendere resistenze e ostilità nei confronti della Rosa nel Pugno. Né possono valere le osservazioni nei confronti di una eccessiva attenzione dei radicali ai diritti civili, innanzitutto perché un liberalsocialista, sui piani dei diritti e delle libertà, la risposta se la dà da solo e poi perché smentite dai fatti. Ultimo fatto in ordine di tempo, un manifesto appello per uno “statuto degli outsider” presentato da Daniele Capezzone, Segretario di radicali italiani e Presidente della commissione attività produttive della camera, sottoscritto da primarie personalità del mondo culturale, politico, imprenditoriale. Rassicuro i compagni socialisti, non c'è neanche un richiamo, che so io ai PACS, o alla pillola del giorno dopo. Si parla invece di modernizzazione, di mercato, di opportunità per i più deboli, di liberalizzazioni, alcune delle quali, poche, ma già presenti nei provvedimenti del ministro Bersani che hanno fatto dire al Prof. Giavazzi sul Corriere della sera quanto sia stato importante la funzione e il ruolo svolto della rosa nel pugno.

 

José Luis Zapatero promise ai suoi elettori che il ruolo di premier non lo avrebbe cambiato. Marco Pannella, anche se non è mai stato primo ministro, questo impegno non lo ha mai dovuto prendere con gli elettori, perché a testimoniarlo c'è la sua vita. A chi ha definito Marco un “imperatore” suggerisco di prenotarsi presso Radio Radicale per partecipare alla prossima puntata di radiobestemmia. E al contempo, osservo che il «razzismo politico» a cui si riferiva Alberto Benzoni ha avuto, per me, una inaspettata ma fragorosa conferma. Ma se c'è qualcuno a cui dà fastidio la creatività, l'attivismo, di Marco Pannella formuli proposte, organizzi convegni, utilizzi Radio Radicale per far sentire la propria voce, concorra in termini politici ed organizzativi, promuova campagne, insomma, faccia qualcosa di laico, socialista, liberale e radicale. Chissà potrebbe capitare anche a lui di ottenere la convocazione del Parlamento due volte in trenta giorni, una a cavallo tra Natale e capodanno, per discutere di amnistia.

Che ci sia differenza tra il modo di far politica di radicali e socialisti è come scoprire l'acqua calda, ma anche questo non può e non deve essere un alibi. Al congresso di Riccione di Radicali Italiani definii la Rosa nel Pugno come una «splendida sintesi politica e una occasione di reciproca contaminazione», una contaminazione possibile. Nella tradizione socialista c'è l'esperienza dei Club in quella radicale hanno vissuto i Club Pannella. La Rosa può darsi una organizzazione terza in cui questa contaminazione possa produrre i suoi frutti, che coniughi l'attaccamento dei socialisti al territorio e dei radicali ai progetti e alle campagne. Si possono costituire club tematici e territoriali, club telematici, definire uno schema organizzativo efficiente, flessibile, digitale. Anche le organizzazioni politiche in Italia hanno bisogno di essere modernizzate. Per fare tutto questo, bisogna incontrarsi, discuterne definire in termini conclusivi il progetto politico ed organizzativo della Rosa, che così come già è stato detto, non preveda la sola partecipazione di socialisti e radicali, sfuggendo però alla tentazione di precostituire nuclei di misere rivendicazioni organizzativiste. Si aprano porte e finestre si consenta a chiunque si senta laico liberale socialista radicale di partecipare di dare il proprio contributo. Si pratichi la politica dell’accoglienza, ed in questo s’impari dai radicali. Si plachi la fame identitaria di chi è ancora in cerca della propria “casa politica”. I socialisti potrebbero in “questa casa” ritrovare la loro unità, tante volte invocata e così poco praticata. E chissà che proprio dalla Rosa non possa arrivare un forte contributo laico, socialista, radicale e liberale a quel partito democratico appesantito dalla cultura degli attuali animatori. Marco Pannella nel corso dell’ultima riunione del Comitato di Radicali Italiani ha detto che spenderà fino all'ultima goccia della sua energia perché la Rosa nel Pugno viva e fiorisca. Io sono con lui.


Salvatore Abruzzese

(da Notizie radicali, 07/07/2006)


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