Diario di bordo
Maria G. Di Rienzo. Utili risorse
25 Maggio 2011
 

Nel maggio dello scorso anno, un consiglio di chierici afgani a Herat emana una fatwa che proibisce alle donne di viaggiare. A meno che non siano accompagnate da padre o fratello o altro mahram (parente non sposabile), spiega il capo del consiglio Muhammad Kababeyane, le donne che viaggiano da sole sarebbero in fallo anche se stessero facendo il pellegrinaggio alla Mecca. Inoltre, aggiunge, non dovrebbe essere loro permesso di usare cosmetici fuori dalle mura di casa propria.

Chiusura: il fiero consiglio “non intende chiudere gli occhi sulla situazione” e chiede al governo di emanare le leggi necessarie. Quindi, il peggio che Kababeyane e i suoi accoliti vedono in un paese occupato militarmente, devastato da trent'anni di guerra, tuttora non unito e teatro di scontri armati, dove la maggioranza delle persone non ha ancora accesso ai servizi di base e non ha cibo sufficiente, cos'è? Il fatto che una donna viaggi da sola, magari con un po' di rossetto sulle labbra.

 

Sempre nel 2010, a novembre, il consiglio locale di Baliayan, Uttar Pradesh, India, bandisce l'uso del telefono cellulare alle giovani donne non sposate: il problema è che tramite telefono si mettono d'accordo con gli uomini che amano e li sposano anche se ambo le famiglie sono contrarie, spesso rompendo le divisioni di casta. Ai giovani scapoli l'uso del cellulare è permesso, dice il portavoce del consiglio Satish Tyagisi, si consiglia però ai genitori di vigilare. L'India ha seri problemi di povertà, discriminazione, dissesto ambientale, femminicidio, ma a Baliayan hanno individuato il più grave e urgente: il fatto che una donna sposi chi vuole.

 

All'inizio di quest'anno, in gennaio, il gruppo islamista al-Shabab che controlla gran parte del centro e del sud della Somalia (il paese non ha un governo unico e stabile sin dal 1991), proibisce le strette di mano fra uomini e donne nella città di Jowhar. Maschi e femmine che non siano parenti non possono altresì camminare insieme o parlare insieme in pubblico. Il gruppo ha in precedenza bandito, nell'area, l'ascoltare musica e il suonarla. Gli ultimi vent'anni di scontri fra gruppi “insorgenti” in Somalia hanno prodotto un milione di morti ed un milione e duecentomila rifugiati interni. Un terzo del paese morirebbe letteralmente di fame se privo degli aiuti umanitari. Ma la cosa impellente qual è? Impedire alle persone di stringersi le mani.

 

È difficile trovare una spiegazione razionale agli eventi citati, però mi rifiuto di credere che tutti questi decisori siano mentalmente labili, incapaci di intendere o sotto l'effetto costante di stupefacenti. Voi capite, per esempio, che quando si deve imporre un comportamento per legge questo comportamento non ha niente a che fare con gli usi o le tradizioni. Al nostro governo, che pure di idiozie ne fa parecchie e persino di criminali, non verrebbe mai in mente di imporre per decreto che gli italiani mangino spaghetti: il piatto fa parte della nostra tradizione culinaria e lo mangiamo già senza bisogno che nessuno ci obblighi. Quindi la scappatoia consueta, “sono i loro diversi costumi che siamo tenuti a rispettare”, non funziona. Non va bene neanche la fuga in seconda battuta, “è la loro religione, sono obblighi di fede”, perché sfido chiunque a trovare nei testi sacri la prescrizione dell'accompagnamento coatto in viaggio e del matrimonio forzato, o il bando della stretta di mano.

L'unica idea che ho al proposito è questa: i religiosi afgani, i consiglieri indiani, i guerriglieri somali la rovina che hanno intorno la vedono sin troppo bene. Sanno anche di esserne corresponsabili, ma non hanno il coraggio di affrontare la situazione, di rivedere mezzi e scopi, di ammettere errori e di emendarli. Le risorse materiali a loro disposizione sono scarse e ciò fa sì che si sentano sia impotenti sia minacciati. La gente che vogliono “guidare” in un senso o nell'altro potrebbe pensare, e financo dire, che loro non stanno facendo proprio niente per il benessere generale. Allora finiscono per chiedersi: cosa c'è a disposizione per stornare l'attenzione, chi possiamo biasimare affinché il biasimo non cada su di noi?

Sono più di vent'anni che sento rubricare le donne sotto la voce “risorse non utilizzate”. Vedete bene che è una menzogna, vero?

 

Maria G. Di Rienzo

(da Telegrammi della nonviolenza in cammino, 25 maggio 2011)


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