Ancora pochi giorni e conosceremo il verdetto. Comunque vada, nulla sarà più come prima. Milano, si prepara alle elezioni per rinnovare gli scranni di Palazzo Marino in un clima da battaglia. Quattordici liste e rispettivi candidati sindaco, ma tutti sanno bene che è una partita a tre. Con qualche outsider pronto a giocare il ruolo dell'incognita. Il Pdl mostra evidenti cedimenti, dopo il caso dei manifesti sulle Br e la spaccatura, neanche troppo taciuta, tra il leader maximo Silvio Berlusconi e la sua epigona, l'attuale sindaco Letizia Moratti.
I nervi saltano e i milioni si spendono, a decine, per tentare di oscurare coi lustrini ciò che ormai è evidente a tutti i milanesi. La città è stanca di vent'anni di strapotere clientelare berlusconiano e ciellino e il desiderio di cambiare il clima da basso impero è palpabile durante la campagna elettorale. Giuliano Pisapia, saggiamente non canta vittoria ma scalda i muscoli e il giovane terzopolista Manfredi Palmeri non perde occasione per rinfacciare al sindaco uscente cinque anni di vuoto nel governo della città e di mancate promesse. Un fallimento che è davanti agli occhi di tutti e che nasce, in primo luogo, dal disfacimento di una classe politica, quella del centrodestra, che, piaccia o no, ha interpretato e tradotto in successi incontrastati gli umori del popolo meneghino per ben due decenni.
Ed ora tocca anche ai Radicali cercare di mettere un punto e a capo e tornare ad un modo diverso di governare la città. Una scelta non tradizionale per loro presentarsi alla contesa amministrativa. Ma che hanno fatto scegliendo di appoggiare proprio Pisapia, convinti che l'alternativa sia vera e realizzabile. La strategia radicale per andare oltre la politica degli slogan e riportare Milano al passo con l'Europa parte, ovviamente, dalla legalità, come ci spiega Emma Bonino, candidata insieme a Cappato e Pannella nel capoluogo lombardo.
«La prima cosa è il rispetto delle regole. La truffa elettorale sulle liste di Formigoni della coalizione Pdl più Lega ha mostrato la natura da veri “impuniti” di un sistema di potere milanese lombardo che, per legittimarsi, si aggrappa alle paure della gente, a identità artificiali - la “Padania” che non esiste, inni, bandiere e ricorrenze spesso inventate a tavolino - per giustificare il fallimento di un federalismo burocratico e statalista e il tradimento della tanto sbandierata rivoluzione liberale. L'alternativa che serve è quella del federalismo europeo, della laicità e, in particolare, della trasformazione ecologica della città, come chiesto dalla campagna referendaria su Milano ideata da Marco Cappato, e sulla quale abbiamo raccolto con altri circa 24mila firme!».
– Milano, come altre realtà della Lombardia, sembrano sempre di più “città private”, dove pochi gruppi controllano sia l'economia, che, in negativo i traffici illeciti. Nei cittadini la percezione di una città insicura è sempre più forte. Non crede che serva innanzi tutto una rivoluzione culturale?
«Serve la rivoluzione delle regole. Mia madre diceva che la buona educazione è rivoluzionaria. In Lombardia, cuore economico del Paese, la vera rivoluzione sarebbe che lo Stato si occupasse di garantire le regole del libero mercato, e il welfare per chi ne ha bisogno. Per farlo, bisogna anche contrastare una rete clientelare che si è estesa come una piovra sui grandi affari dell'Expo e del piano di governo del territorio che, in modo del tutto assurdo, prevede 400mila abitanti in più in una città già sovrappopolata. La rete di Comunione e liberazione e Compagnia delle Opere, con i loro agganci nel mondo delle cooperative e nelle holding alla “Infrastrutture lombarde”, con i loro nominati nei vari consigli d'amministrazione, vanno contrastati con l'arma della trasparenza. Per questo diciamo: anagrafe pubblica degli appalti, degli eletti e dei nominati, e divieto di cumuli di cariche e di stipendi».
– Per far ripartire il motore di Milano bisogna liberare le energie positive della città: favorire l'imprenditoria femminile che è motore di cambiamento anche sociale, ripartire dalla cultura da anni ferma al palo e ricreare finalmente liberi spazi di aggregazione per i giovani. Quali sono le proposte con cui si presenta alle prossime elezioni amministrative?
«Oggi il Comune di Milano più che buona amministrazione fa affarismo nei settori più svariati, dagli aeroporti alle autostrade, dall'energia alle mense scolastiche, agli appartamenti di lusso... e poi non ha abbastanza soldi per i senzatetto, per gli anziani, per i disabili. Le risorse vanno convertite sul welfare vero - ad esempio per i centri diurni per anziani e disabili cognitivi, in particolare i malati di Alzheimer - e sugli investimenti per il futuro, come quelli ecologici, sul risparmio energetico e sulle rinnovabili, e sulle nuove tecnologie: male la Moratti sulla svendita di Metro-Web, bene Pisapia su internet e wi-fi gratuito. Bisogna liberalizzare gli orari dei negozi, combattere la burocrazia. La campagna elettorale è sempre più determinata dalle scelte dei candidati in tema di ambiente. Il programma della Moratti alle scorse elezioni era molto innovativo ma si è risolto, di fatto, in una serie di progetti restati per lo più sulla carta. Quali sono le priorità dei radicali in tema di ambiente e per Milano? Vincere i 5 referendum per la qualità della vita e dell'ambiente e poi realizzare per davvero gli obiettivi che si propongono. Questo è il nostro unico programma sull'ambiente, perché è l'unico programma che invece di essere scritto sulla sabbia è stato costruito a partire dalla mobilitazione popolare: scoraggiare l'uso dell'auto attraverso la tariffazione del traffico e l'investimento sui mezzi pubblici e le pedonalizzazioni; garantire un futuro verde dopo l'Expo; risparmio energetico; riapertura dei Navigli. Oggi Letizia Moratti torna a fare le promesse che fece 5 anni fa, su un progetto che lei stessa ha abbandonato e affossato: per questo ha avuto paura di far votare i referendum lo stesso giorno delle amministrative. Infine, il tema della laicità, da sempre una battaglia radicale».
– Quali strumenti faranno adottare i Radicali, una volta eletti in Comune, per favorire una Milano più laica e più aperta? Come porteranno la propria battaglia per la legalità, per avere una sanità e un'assistenza più laiche anche in Comune?
«La religione non deve più essere utilizzata come strumento di potere sui corpi e sulla politica, come fa Formigoni quando dice che non consentirà mai che una struttura sanitaria lombarda autorizzi la sospensione della nutrizione forzata - un diritto riconosciuto da una sentenza della Cassazione - oppure quando in Lombardia si pongono limiti illegali all'aborto, con il risultato di favorire quello clandestino... Noi cerchiamo semplicemente di attivare diritti: i registri comunali del testamento biologico e delle unioni civili; l'assistenza ai cittadini tossicodipendenti contro la droga di mafia e di strada; l'informazione sessuale, la lotta alle violenze domestiche e alle mutilazioni genitali femminili nelle comunità che ancora le praticano. La laicità è la vera arma di integrazione, invece dei proclami impotenti degli slogan razzisti, di chi grida “fuori dalle balle” e poi, con la coda tra le gambe, firma 20mila permessi di soggiorno».
Stefano Bettera
(dal quotidiano Terra, 28 aprile 2011)