Un giorno è la sottosegretaria Eugenia Roccella che “vive” la questione come una missione. Il giorno dopo è il ministro del lavoro Maurizio Sacconi, che sembra interessarsi solo di questo (sommessamente ricordo: nel 2010, secondo i dati Inail ancora provvisori, si sono registrati 780mila infortuni sul lavoro, 950 morti “bianche”; dall'inizio dell'anno oltre 100 morti, più di uno al giorno, domeniche e feste comprese. Alle numerose interrogazioni presentate, nessuna risposta). Quando i primi due non intervengono, allora è la volta di Gaetano Quagliariello o di Maurizio Gasparri: il leitmotiv è sempre lo stesso: la legge sul biotestamento va urgentemente approvata così come è formulata nel ddl Calabro; e guai a obiettare, a dissentire.
Dice la sottosegretaria che «è all'eutanasia che si vuole arrivare, e il progetto politico è quello di arrivarci tramite le sentenze», che si vorrebbe arrivare sostanzialmente a derubricare il reato di omicidio del consenziente inserendo un elemento di caritatevolezza e rovesciando il criterio della solidarietà tra gli uomini.
Ora sarebbe facile obiettare che qualsiasi membro del governo e della maggioranza siano i meno indicati a parlare di carità, misericordia e solidarietà: i malati di Sia e di altre gravi malattie sono letteralmente abbandonati a loro stessi, non c'è alcuna solidarietà o appoggio alle famiglie, non si riesce neppure ad aggiornare i Lea e il nomenclatore tariffario. La maggioranza vuole imporre al paese una legge retrograda e incivile sul fine vita che non ha pari e riscontro con le legislazioni di altri paesi; e si arriva all'impudenza di mettere sul banco degli accusati chi a questa legge si oppone, obietta che è un testo anticostituzionale fatalmente destinato a fare la stessa fine della legge 40; e tra gli argomenti che vengono agitati dalla maggioranza per difendere quello che è indifendibile si arriva all'impudenza di affermare che si vorrebbe introdurre l'eutanasia attraverso le sentenze dei giudici. Simili affermazioni si giustificano e si spiegano solo con la scarsità di argomenti. Ai sedicenti difensori della vita (e che più propriamente sono sostenitori e alfieri della sofferenza sempre e comunque, anche quando è inutile) rispondo che si vuole quello che già è garantito per esempio in Germania, dove esistono le cosiddette “Disposizioni del paziente cristiano” elaborate dalla Conferenza episcopale tedesca, dal Consiglio della chiesa evangelica tedesca e dalla Comunità delle chiese cristiane in Germania già dal 1999. Queste disposizioni prevedono per il testatore cristiano di richiedere «quando ogni terapia prolungherebbe soltanto il processo del mio morire» il non inizio o l'interruzione di trattamenti salvavita «come la nutrizione artificiale, la respirazione assistita, la dialisi o l'impiego per esempio di antibiotici».
Oggi le disposizioni sono state aggiornate dopo l'approvazione delle Dat e includono la tutela degli interessi legittimi del paziente diventato “incapace”. Ebbene, il ddl Calabrò non solo non rispetta la volontà - espressa dal cittadino - ma va in direzione esattamente opposta: la volontà della persona non è tenuta in alcun conto, e si prevede che alimentazione e idratazione non possono essere oggetto di dichiarazione anticipata di trattamento. Non solo: il comma 5 dell'articolo 3 prevede che «l'alimentazione e idratazione nelle diverse forme in cui la scienza e la tecnica possono fornirle al paziente, devono-essere mantenute fino al termine della vita». È proprio questo l'elemento che permette il prolungamento indefinito del coma anche contro la volontà di una persona che non può rifiutare!
Per difendere una posizione indifendibile, si fa ricorso ad affermazioni che nulla hanno di scientifico e anzi ne sono la negazione. Anche uno studente di medicina alle prime armi, infatti, sa che alimentazione e idratazione artificiale sono atti medici veri e propri che richiedono un'elevatissima competenza. Ci vuole una incredibile dose di malafede e faccia tosta per far credere che si tratti di qualcosa come una bottiglia di acqua minerale che si nega o si concede. Posizionare una cannula nutrizionale nello stomaco è un atto difficile, fare una gastrostomia endoscopica percutanea (peg) è un atto difficile, che solo chirurghi, medici anestesisti e rianimatori addestrati sono in grado di compiere. Allo stesso modo inserire un sondino nasogastrico e superare correttamente il tratto gola-esofago-stomaco è altrettanto difficile e anche pericoloso: richiede lo stesso un grado di specializzazione particolare: la sonda può introdursi in trachea anziché nell'esofago con conseguenze disastrose. Inoltre, nel successivo trattamento nutrizionale, la definizione degli elettroliti, delle proteine, dei glucidi, somministrati come composto chimico non può che essere seguito da medici nutrizionisti. Questo per dire che, a proposito di alimentazione forzata, se una persona, in perfetta lucidità di pensiero, non desidera più alimentarsi, questa sua volontà va rispettata, come sostiene il codice di deontologia medica. Per questo sostengo che questa legge è contro il testamento biologico e, quindi, inutile. Chi compilerà le direttive anticipate se sa già che non verranno rispettate? Nessuno. Meglio allora nessuna legge. Ogni legge deve soddisfare le aspettative dei cittadini o tutelare i loro diritti. Il ddl Calabrò, al contrario, non soddisfa alcuna aspettativa, in particolare non tutela il diritto del rifiuto alle cure, una delle maggiori conquiste civili e democratiche. I principi del consenso informato dei trattamenti e dell'autodeterminazione sono i capisaldi di una concezione liberale di uno stato, che questa maggioranza di fatto si accinge a calpestare. Sono d'accordo con quanto scrisse Giorgio Cosmacini dell'università Vita-salute di Milano: «Se è antiumano porre limitazioni alla persona del malato, limitarne la personalità è anticostituzionale e-antidemocratico.
Una legge limitativa, restrittiva, che conculca la validità di un testamento liberamente sottoscritto da persona dotata di piena capacità in vista di una futura incapacità, oltre a contraddire molti valori, ignora il dibattito scientifico, disattende l'appello degli addetti alle cure, non ascolta le sofferenze dei familiari, sposa una incultura che ha la presunzione di possedere il monopolio dei principi etici e religiosi».
Al senato il Pd ha sostenuto che il ddl Calabrò è anticostituzionale. Potrà non sostenerlo alla camera? E vorrà lottare contro questo ddl e far valere le sue ragioni almeno quanto ha fatto sulla “prescrizione breve"? Spero di sì. Noi deputati radicali lotteremo per quanto ci sarà possibile.
Maria Antonietta Farina Coscioni
(da Europa, 26 aprile 2011)