Chi sostiene che è più importante della ciliegina è la torta, laddove la “ciliegina” sarebbe il comune di Milano, mentre la torta non si comprende bene cosa sia, mostra di non comprendere il senso della partita che è in gioco, una sconcertante miopia politica. Oppure, ma è perfino peggio, rivela di non aver alcuna fiducia in se stesso e nei cittadini, si prepara fin da ora alla sconfitta, e cerca di contrabbandare l’idea che vincere a Bologna o a Torino sia pressappoco l’equivalente di una vittoria nel capoluogo lombardo.
Non è una novità, questa miopia politica; non sorprende questa insipienza e questa vocazione al massacro, tuttavia non si può che restare sconcertati nel continuo, ripeter sempre lo stesso errore. Lo sottolineava Europa qualche giorno fa: hanno capito al PD che a Milano si può vincere? E, soprattutto, vogliono vincere?
Intanto l’inquilino di palazzo Chigi martella con tutta la potenza che le sue immense risorse e il reticolo di potere che gli si è lasciato costruire, gli consentono. Il comizio domenicale non ha portato, di per sé, particolari novità, quanto a contenuti, che sono piuttosto logori: s’è ridotto a sostenere che la buona amministrazione della città si riduce a non aver aumentato il biglietto della metropolitana o dell’acqua, una canzone in milanese, ricordi d’antan… Se poi, con una certa fatica a causa della stentata oratoria che non si è fatta mancare neppure qualche papera nel leggere il discorso scritto da chissà chi, si prestava attenzione all’intervento di Letizia Moratti, il succo era costituito da un lunghissimo elenco di promesse; laddove si sarebbe dovuto elencare quello che era stato fatto, e – semmai – le ragioni che hanno impedito di fare quello che è necessario. Per non dire della sgangherata promessa di cacciare da Milano gli immigrati clandestini. Perfino i leghisti sono più raffinati, nell’esprimere lo stesso concetto.
La centralità delle elezioni di Milano è fuori discussione. Il cavaliere di Arcore è sceso direttamente in campo, e ha mostrato come intende dettare l’agenda dei prossimi giorni. Non resta che dire: PD, ci sei? Cerca di battere un colpo…
Anche perché l’inquilino di palazzo Chigi, al di là della apparente sicumera, non può non avvertire scricchiolii sinistri e inquietanti. L’ennesima polemica contro le toghe rosse e i comunisti ne sono il sintomo evidente. Tutti i sondaggi, impietosi, gli confermano che Letizia Moratti è attestata sul 42-44 per cento. Insomma, ballottaggio probabile, che già di per sé sarebbe una sconfitta, quale che possa poi essere l’esito del secondo turno.
Si spiega così la prudenza della Lega e la sostanziale freddezza di Umberto Bossi, che peraltro ha le sue brave gatte da pelare con un elettorato sempre più insoddisfatto; e le insofferenze verso un agitarsi nel suo partito: non si contano ormai più i pranzi, le cene, le colazioni, gli incontri “riservati” di cui si viene a sapere tutto, dei vari esponenti del partito berlusconesco: “governato” da un triunvirato la cui debolezza è solare; un ex ministro come Claudio Scajola che scalpita, freme e strepita per tornare in una posizione di potere; e, soprattutto, un Giulio Tremonti, che impassibile continua a tessere le sue trame: dice di non cercare il potere, e forse è perfino vero, ma di sicuro è seduto in attesa che sia il potere a venire da lui, e naturalmente non perde occasione per creare le occasioni per favorire questo disegno. Osservatori che spesso dispongono di notizie di prima mano su quello che avviene nel PdL avvertono che quei pranzi, quelle cene, quegli incontri non mirano tanto a sopravvivere a Berlusconi, quanto come a sopravvivere al ministro dell’Economia; mentre il lider maximo un giorno si affida a consigli di Michela Vittoria Brambilla, l’altro ai furori di Daniela Santanché, l’altro ancora si consola leggendo gli editoriali sul suo Giornale; e solo questo dà il segno evidente di una solitudine, di una sostanziale – certo potente – impotenza.
Questo è il quadro, e in questo quadro, le elezioni a Milano. Ne sono consapevoli, al PD? Lo si vorrebbe poter sperare. Ma tutto fa credere che sia l’ennesima speranza destinata a essere frustrata.
Valter Vecellio
(da Notizie Radicali, 18 aprile 2011)
Emma Bonino: I vertici del PD
non hanno colto
l'importanza della sfida politica
«A parte la presenza di un candidato dei grillini che toglie voti a Pisapia in una operazione che trovo discutibile, credo che i vertici del Pd non abbiano colto l'importanza di Milano dal punto di vista politico e del possibile mutamento o scricchiolio di un sistema di potere costruito in tanti anni». Lo dice a Radio Radicale la vicepresidente del Senato, Emma Bonino.
«Le amministrative nel capoluogo lombardo non devono essere considerate un referendum su Berlusconi. È invece utile concentrarsi sull'importanza politica e su una critica molto documentata della politica amministrativa di comune, regione e provincia, focalizzare l'attenzione su questo terreno. Non mi pare che ad oggi l'importanza di Milano sia stata ancora colta dai leader nazionali del Pd, forse si riservano per le ultime settimane.
Ci credo davvero, quella per Milano è una sfida difficile ma non impossibile e politicamente va tentata». (Radicali.it, 18/04/2011)
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