Chissà, forse già tra qualche ora l’inquilino di palazzo Chigi smentirà quello che gli viene attribuito dal Guardian e Wall Street Journal; forse era davvero un ragionamento su ipotesi, come si è affrettato a precisare Paolo Buonaiuti; forse, al contrario, Silvio Berlusconi avrà guardato lo specchio: vi avrà visto un volto alla Micheal Jackson ultima maniera, avrà preso atto che ritocchi e trucchi estetico-chirurgici non annullano quello che è stampigliato sulla carta d’identità; forse si sarà, alla fine, annoiato della corte di nani ringhiosi di cui si è consapevolmente circondato; forse avrà cominciato a guardare con occhio disamorato la sua creatura, dove cortigiani famelici combattono tutti contro tutti per un brandello di potere; forse avrà preso atto che la sua rivoluzione liberale è un bluff, la sua immagine all’estero una macchietta che mette allegria in tutte le cancellerie; che, per quanto abile come imprenditore, da politico ha dimostrato di non saper fare neppure la classica O con il bicchiere.
Forse. Chissà. Diceva Abramo Lincoln che una persona può essere presa in giro per tutta la sua vita. Che un popolo può essere preso in giro una volta. Ma che non si può prendere in giro un popolo per sempre. E l’inquilino di palazzo Chigi ha preso in giro gli italiani anche da troppo tempo, e forse i suoi sondaggisti gli stanno facendo toccare con mano che il suo momento magico è finito, che nessuno crede più ai suoi trucchi, che è un prestigiatore che non sa più rinnovare il suo repertorio, e il momento del game over si sta avvicinando.
Forse. Chissà. Ma le sintesi del contenuto degli articoli del Guardian e del Wall Street Journal che nella serata di ieri sono state diffuse dalle agenzie di stampa, e che a Montecitorio e negli altri “Palazzi” venivano febbrilmente compulsati alla ricerca di significati particolari tra quella e quell’altra frase, riga e parola, alla fine avevano una sola novità: che a parlarne erano appunto due quotidiani stranieri, e in modo esplicito lo si attribuiva direttamente al Cavaliere di Arcore. Per il resto…
Già. Perché occorre andare indietro di qualche settimana: quando in occasione di un incontro con le gerarchie vaticane, l’inquilino di palazzo Chigi si è sentito fare un discorso dal segretario di Stato Tarcisio Bertone un discorso dai toni felpati, ma con un inequivocabile messaggio: il Vaticano continuerà a sostenere il governo di centro-destra da una parte perché non scorge un’alternativa credibile, dall’altra perché i suoi appetiti (che sono voraci e inestinguibili) sono meglio corrisposti da questa compagine. Però il cavaliere di Arcore ha perso credibilità con le sue incontinenze “private”, le sue Ruby Rubacuori e le altre ragazze dell’Olgettina; e meglio sarebbe garantire una successione. La condanna inappellabile è contenuta in due parole, quando, per definire il ventennio berlusconesco il cardinale Angelo Bagnasco ha scandito: “Disastro antropologico”. Del resto che ogni giorno la posizione per l’inquilino di palazzo Chigi si faccia sempre più imbarazzante, è nei fatti: un giorno nella veste di salvatore della “nipotina di Mubarak”, l’altro come finanziatore di una ragazza che si voleva strappare dal marciapiede…Uno che parla così, è davvero capace di tutto.
La successione: il sospettato numero uno, da sempre, è Giulio Tremonti: che piace alla presidente di Confindustria Emma Marcegaglia; può contare sull’amicizia di Umberto Bossi e la Lega lo considera per metà uno dei suoi; e poi ci sono i buoni e consolidati rapporti con le gerarchie vaticane. Favori passati, ma soprattutto pragmatica valutazione del presente. La segreteria di Stato vaticana e la Conferenza Episcopale seguono con partecipazione le mosse del ministro dell’Economia; oltretevere dicono che Tremonti ha perfino scavalcato Gianni Letta, gentiluomo del pontefice e che in Vaticano è di casa.
Al ministro venuto dalla Valtellina, il cavaliere di Arcore oppone – lo ha anche “presentato” alle eminenze vaticane – il ministro della Giustizia Angelino Alfano: meridionale, ex democristiano, affidabile… Il suo nome, tra i papabili alla successione, circola da tempo. Non ha la rete di potere su cui far leva come Roberto Formigoni, non si produce in spericolati voli teorico-pindarici come Tremonti, ma ha le sue buone carte da giocare, e il Giornale ne tratteggia lesto un “profilo”. Ma è credibile, quello che dice l’inquilino di palazzo Chigi, la sua voglia di “mollare tutto”, dopo – beninteso – aver sistemato le sue pendenze giudiziarie, come sta facendo in questi giorni con leggi cucite su misura su di lui? Oppure ha ragione Denis Verdini, quando avverte: lo dice solo per farsi pregare a restare? Chi dice di far parte del “cerchio magico” berlusconesco, in effetti, se la cava con un sorriso giocondesco e una mezza risata…
Forse. Chissà. Quegli ammiccamenti con il Guardian e il Wall Street Journal forse sono un mix di tante cose: la stanchezza che certamente ci dev’essere, la voglia di godersi, arrivati ormai all’inevitabile tramonto, il frutto di una vita di lavoro; ma anche l’avvertimento ai tanti nani che congiurano alla successione: voi siete nulla, decido io il come, il chi, il quando. E poi, sullo sfondo, la mai abbandonata e sopita tentazione del Quirinale. Mancano due anni all’appuntamento, e in due anni di cose ne possono accadere, anche le più imprevedibili. L’inquilino di palazzo Chigi ha indicato da tempo il suo candidato, e ieri lo ha riproposto: Gianni Letta, anche se è un segreto di Pulcinella quello che il Cavaliere è lì che punta, alla poltrona del Quirinale.
Berlusconi presidente della Repubblica, Alfano presidente del Consiglio: che coppia! L’alternativa? C’è chi la va a cercare a Bologna: un professore che sembra accoccolato in riva al fiume, in attesa che gli scorra davanti il cadavere del nemico; e filosofeggia: “Bravo generale è chi vince senza combattere”, un detto cinese che deve aver raccolto in uno dei suoi frequenti viaggi a Pechino.
Valter Vecellio
(da Notizie Radicali, 14 aprile 2011)