«Per favore, allontanatevi velocemente», ripete la voce della giovane donna dagli altoparlanti e via radio. «Per favore, fuggite subito e salite in alto». Poi, l'onda ingoia lei e l'edificio da cui ha trasmesso per l'ultima volta. Una massa di rosse intelaiature contorte è infatti tutto ciò che resta del Dipartimento di crisi di Minami Sanriku, in Giappone. Dei 17.000 abitanti di questa cittadina costiera 10.000 sono attualmente dispersi, ma i restanti 7.000 devono la vita al sacrificio della venticinquenne Miki Endo.
Miki non ha lasciato andare il microfono, sebbene sapesse che sarebbe morta, perché qualcuno dei suoi compaesani poteva non aver ancora udito l'avvertimento, poteva aver bisogno di aiuto. Il quotidiano Mainichi Shimbum riporta le testimonianze dei sopravvissuti, fra cui quella del sessantunenne Taeza Haga: «Ho sentito la voce di sua figlia», ha detto alla madre di Miki. «Da casa all'automobile, durante l'intero viaggio, sino a che sono salito su un terreno più alto, la voce di sua figlia è rimasta con me».
Molti anni prima, un giornalista così descriveva un'altra città giapponese: «Sembra che un gigantesco mostro demolitore sia passato su di essa e ne abbia spremuto fuori ogni forma di vita. Scrivo di questi fatti come avvertimento al mondo». Il reporter era lo statunitense Wilfred Burchett, ed il luogo in cui si trovava, il 5 settembre 1945, era Hiroshima. Burchett fu il primo giornalista occidentale a raggiungere Hiroshima dopo la bomba atomica e descrisse la “strana malattia” che continuava ad uccidere le persone a mesi di distanza dall'esplosione, definendo le radiazioni “piaga atomica”: «In questi ospedali ho trovato gente che, quando la bomba è caduta, non aveva sofferto alcuna ferita, ed ora stanno morendo per i suoi inarrestabili effetti collaterali».
Le esplosioni nei reattori di Fukushima (il n. 1 ed il n. 3) hanno rilasciato radiazioni misurabili sino a 100 miglia di distanza: come ha constatato una nave militare americana che si è mossa in fretta per non esserne investita. Una terza esplosione si è avuta nel reattore n. 2, ed il reattore n. 4 ha preso fuoco anche se non era in funzione quando il terremoto ha colpito la zona. I sistemi di raffreddamento ed ogni altra precauzione presa hanno fallito.
Hiroshima, Nagasaki. Three Miles Island, 1979. Chernobyl, 1986. Giappone e Canada (sversamento di acque radioattive), oggi. 23 impianti nucleari attualmente operanti negli Usa sono identici al reattore n. 1 di Fukushima. Eppure, per un certo periodo è sembrato che avessimo imparato qualcosa. In Italia da più di vent'anni abbiamo detto no, e detto basta, e spiegato perché, e fornito dati scientifici ed alternative praticabili: energia rinnovabile, eolica, geotermica, solare. Se dobbiamo dirlo un'altra volta, non tiriamoci indietro.
Ascoltate la voce di Miki Endo. Non può essere morta invano. Per favore, salvatevi. Salvatevi e salvate i vostri figli, il loro futuro. Salvatevi e salvate questo martoriato pianeta e tutte le sue creature che vi hanno dato sostentamento e gioia. Voltate le spalle alla morte. Celebrate la vita. Non è troppo tardi.
Maria G. Di Rienzo
(da Nonviolenza. Femminile plurale, 19 marzo 2011)
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