PER LA GIORNATA MONDIALE DELLA POESIA,
con il desiderio di bellezza che tale ricorrenza, connessa all’equinozio di primavera, evoca in ciascuno di noi, e la dimensione di assoluto cui la Poesia stessa rimanda, mi torna come istanza e gesto di responsabilità dare spazio alla voce dei poeti che hanno trovato o stanno trovando nell’humus del Laboratorio di Lettura e Scrittura Poetica di Artemis (Vicenza) e delle iniziative ad esso legate un terreno fertile, atto a dare espressione adeguata all’urgenza di dire e manifestare la domanda di vita che li anima, attingendo e rendendo condivisibile quell’annuncio di verità e di bellezza cui la Poesia, nel suo sorgere, ci apre.
Dedico la pagina a tutti gli amici che, accordandomi fiducia e trasmettendomene fermento, vi hanno contribuito, inclusa la rivista che già in passato ci ha accolto e torna oggi ad ospitarci… e a tutti coloro che, dando ascolto all’istanza di Poesia che li anima, si mettono in cammino.
Con rinnovato riconoscimento a Stefano Guglielmin, poeta e nocchiere onesto e generoso che, inoltratosi da tempo in questo percorso, ce ne trasmette esempio, competenze e testimonianza. (Ivana Cenci)
Anna Modolo
Questione di luce
Inquieto zigzagare
di storni presaghi
s’avvicina rantolo il respiro
dell’aria
m’avvolge struggente
brivida mancanza
l’improvviso accumularsi
di nubi
una violenza strisciante
schizza gialla
segmenta come serpe
il nero pece
del cielo ormai chiuso
riverbera impietosa
ritorni di fantasmi
randagi.
Questione di luce.
Tormento
alla quiescenza
dello stare
in-ferma
in un mondo
in discesa
è scegliere
fuga
o estremo gioco
di scarto.
La verità nuda
esige vestire
ragioni d’esistere
prima ancora d’essere
abbassare senza finzioni
le carte truccate
salvare gli assi
nella manica
Amore e Poesia
giocando la matta.
Anna Modolo è nata a S. Lucia di Piave (TV) nel 1946. Figlia del noto pittore d’arte sacra Bepi Modolo, vive da anni a Creazzo (VI). Appassionata di letteratura italiana ed estera, si è cimentata nella scrittura con il libro C’era una volta, dove raccoglie pensieri, emozioni e ricordi della propria infanzia. Dando seguito alla sua passione per la composizione poetica, che esplora e percorre da tempo, da un paio d’anni ha iniziato a frequentare il Laboratorio di Lettura e Scrittura Poetica di Artemis, partecipando contemporaneamente a incontri e reading poetici e visitando mostre d’arte. Nel 2010 ha pubblicato la raccolta poetica Colori di-versi.
Elisabetta Xausa
Decliniamo un saluto sghembo
un braccio a slacciare
e allacciare la vita
le dita tra i tuoi gerani rossi
un bacio celeste sulle scale
sapevi che mi avresti trovato?
una cartolina senza francobollo
è sempre un’incognita.
Morbidi tesi caduti ripresi
lancio getto accavallo
diritti rovesci impacciati
i miei punti in amore
tentano una sciarpa azzurra
che ti preservi l’inverno.
venti due venti tre
un soffio solo
ancora non c’è
uno scritto, una sciarpa
profuma di niente
la tua mente.
I para klausiziròn,
il dire e il fuggire,
il preventivo evitare,
le bende della poesia,
tu ricorrente,
l’invidia,la rabbia,
gli impossibilia dell’amore:
tòpoi logori hanno lasciato
una terra solo mentale.
Elisabetta Xausa è nata a Vicenza nel 1964 e risiede ad Arcugnano (VI). Laureata in filosofia, teologia e psicologia, insegna nella Scuola Primaria. Ha tenuto per anni una rubrica di recensione libraria per le emittenti televisive locali. Come psicologa si occupa di Percorsi sulla differenza di genere, Scrittura Autobiografica, Educazione socio-affettiva, Tutela dei minori. Da qualche anno si è avvicinata alla scrittura poetica e frequenta il Laboratorio di Lettura e Scrittura Poetica di Artemis, partecipando a diversi reading e incontri poetici. Suoi testi sono inseriti all’interno del volume di Poesia e Pittura Orizzonte Terraqueo, 2008.
Giordano Montanaro
quando arriva
è in un giorno qualunque o
l’altro
solito giorno
o quello dove non trovi i motivi
per cui accade
perché
l’immotivato
è così
sgronda tra i tubi verticali e neri ai muri
e non puoi farci niente
perché la pioggia non la fermi
e quindi scende
portandosi dietro del metallo
il ferùmene
perché così fa la vita
lascia che i toni fondano
e sfondano
è un ripetere ostentato
naturale
questo trascinarsi delle gocce
per ricongiungere i ponti di questa nostra infinita e
in-mutevole diaspora
apparente calma
nega la quiete e non placa
questa tesa attesa che
impone il fermo
a guardare il cielo
incupito
nero
mentre ancora
una massa che
storma e
torna e
oscura la volta
lì, i passi son contigui al poco tempo
la memoria svuota
smacca le pietre dove
giocano i petti rossi
così saltano via e si rincorrono tra i verdi sempre
di questo
e di altri inverni
alluvione
e l'acqua
tonfo vorace
scorre e scende e
stonda
di un letto incerto
i profili
riordina
spazza e porta a morte o
a mare
spezza
gli insiemi lignei
della carne
apparente, durevole schioda misero
l'accumulo umano
macerie adesso
fragili
sparse per la terra
e ora piange
riversa
dove nulla si può versare e cava
le braccia
e spezza le unghie ancora
in un nulla servire
un nulla
seminare per domani
solo mesto
triste raccattare
rovine rovinose
rovi-nati
tra i vuoti dei salix alba
lunghi filari ieri
oggi
banali conche
fianchi delle vie fluviali
Giordano Montanaro nasce a Vicenza nel 1964, svolge un’attività che lo porta a viaggiare in diversi paesi d’Europa e a dover relazionarsi con ambienti e culture tra loro molto differenti. Inizia con la fotografia e poi, con il Laboratorio di Lettura Poetica di Artemis, intraprende un percorso di ricerca inerente alle molteplici sfumature della parola. Ha pubblicato due raccolte: Interiorità razionali e non (2000) e Itinerari (2006), scrive su riviste specializzate in temi ambientali o sociali e collabora con organi di stampa on-line. Fondatore di due blog: www.aquasuga.blogspot.com e www.elciodo.blogspot.com, è co-fondatore e presidente del Collettivo Olandese Volante, cantiere culturale le cui attività muovono in ambiti artistici vicini alle tematiche sociali.
Erika Reginato
de Día de San José
Las sábanas de mi padre
no podrán ser usadas.
Cuando subía la marea
él inclinaba las velas.
Borda arriba.
Borda abajo.
Nunca se detenía.
Pero una noche se detuvo
cinco veces.
La primera
en la cocina,
la segunda
cerca de la ventana,
la tercera
encendió la lámpara,
la cuarta
con el pecho abierto,
se vio en el espejo.
La última vez
naufragó en la penuria.
da Giorno di San Giuseppe
Le lenzuola di mio padre
non si potranno usare
Quando si alzava la marea
lui cassava le vele
Su la randa
Giù la randa
Non si fermava mai
Ma una notte si fermò
cinque volte
La prima
in cucina
la seconda
vicino alla finestra
la terza
accese la luce
la quarta
con il petto aperto
si guardò allo specchio
L'ultima volta
naufragò nella penuria
de Campocroce
Invierno
Al final de la tarde
un breve aliento apaga la chimenea,
disuelve la ráfaga de polvo.
Es la hora de comenzar el ascenso,
de los tropiezos cuando aumentan las aguas.
¿Qué redentor si no hay luz?
¿Qué viento circula en tu pecho,
en mi cabeza?
En la orilla del río Brenta
reposa el inverno en el canto del mirlo,
la calma infinita del último silbido
que expiras.
Este domingo abriré la puerta
para revelar tus súplicas.
Velaré a mi padre
en el abrazo del viaje,
en las corrientes de las esquinas.
Antes de acostarme mezclo
un poco de aceite y semillas de girasol
para aliviar tu sed.
Ofrezco el trigo que nos une.
Las ánimas encienden el fuego del regreso,
amanecen sobre los tejados.
da Campocroce
Inverno
A fine pomeriggio
un breve soffio spegne il focolare,
dissolve la folata di polvere.
È l’ora di cominciare l’ascesa,
degli impedimenti quando aumentano le acque.
Che redentore se non c’è luce?
Che vento circola nel tuo petto,
nella mia testa?
Sulla riva del fiume Brenta
riposa l’inverno nel canto del merlo,
la calma infinita dell’ultimo fischio
che emetti.
Questa domenica aprirò la porta
per rivelare le tue suppliche.
Veglierò mio padre
nell’abbraccio del viaggio,
nelle correnti dei cantoni.
Prima di coricarmi mescolo
un po’ d’olio e semi di girasole,
per alleviare la tua sete.
Offro il grano che ci unisce.
Le anime accendono il fuoco del ritorno
albeggiano sopra i tetti.
Erika Reginato Muñoz (Caracas, 1977). Poeta, saggista e traduttrice, di origine italo-venezuelana, laureata in lettere presso la Universidad Central del Venezuela, ha pubblicato le raccolte poetiche: Dia de San José - II giorno di San Giuseppe (Eclepsidra, Venezuela 1999), Campocroce, con prefazione di Milo De Angelis e traduzione di Emi Rabuffetti (Sometti, Mantova 2008), e il saggio Cuatro estaciones para Ungaretti, Quattro stagioni per Ungaretti (Eclepsidra, Venezuela 2004). Ha tradotto in spagnolo le poesie di numerosi poeti italiani contemporanei, fra i quali Milo De Angelis, Davide Rondoni e molti altri, i cui testi sono pubblicati nel volume Caminos del agua - Antología de poetas italianos del segundo Novecientos (Monte Avila Editores, Venezuela 2007).
Ivana Cenci
A una donna (Camille Claudel)
Per le tue amarezze
le indeclinabili speranze
per la tua fronte altera che non apprese mai piegarsi
e gli occhi blu insaziabili non accordarono rinuncia.
Per la tua temeraria audacia, l’inarrendevole fatica
per il tuo combattere, la tua indomabile ferocia.
Per le mani tue febbrili, rese docili e virtuose
strumenti incomparabili forgiati a sete di bellezza
per la passione ardente che t’incendiò la carne
levigando dura pietra, porse al mondo meraviglia.
Per il tuo urlo muto che non trovò più voce
la rabbia divorante che non lasciò più pace.
Per l’incontenibile trasporto, la tua sete d’assoluto
che ti ha resa insieme donna, musa e dea
infine arresa al tuo divino
ti ha scortata fra i mortali.
Tu, immortale per quel lembo d’infinito
fiamma pura che ti avvolse
ti gremì l’anima il ventre il volto
sospesa in un istante senza tempo
ancora scavi smussi attendi:
indagando nuova luce
tieni a bada i tuoi ricordi.
Anna Nado, 'A Camille' - acquerello, 28x28 cm
Ivana Cenci, nata nel 1955, risiede a Vicenza. Già insegnante, ha perfezionato la sua formazione in Lingua e cultura Francesi presso l’Università d’Aix-en-Provence. Ha fondato e coordina per l’Associazione culturale Artemis il Laboratorio di Lettura e Scrittura Poetica, attivo dal 2002, con la guida di Stefano Guglielmin. Autrice e traduttrice di testi, saggi, conferenze e seminari con Giardino Freudiano e la Fondation Européenne pour la Psychanalyse, promotrice di iniziative ed eventi culturali in diversi ambiti del fare artistico, ha pubblicato la raccolta poetica Primo battito d’Ali (1996) e ha coordinato e diretto la realizzazione del libro di Poesia e Arte Orizzonte Terraqueo. Ha acquisito riconoscimenti in Francia e tradotto testi poetici per la rivista ANTEREM.
Erika Crosara
macchie
lotta tra mosca e mosca volante, lotta di cane nero e cane bianco. sfonderanno le porte di casa, gli orti sfioriti saranno visti da tutti.
«aspetta, aspetta». viene il caldo dei ragni, l’ombra si disfa, le distanze e la bava sui ciuffi. ruotano il cielo sopra la casa, una specie di uccelli si tinge di uguale colore. comincia con niente l’arrivo.
non si può fare nulla se la spina ha il corso breve, se i rami sono più lunghi e verdi e alti, se battono e arrivano sulle finestre. la sera cresce, i figli sono lontani, bisogna volere i balocchi e una saga che possa dirsi: respiratoria.
giocano forse all’errore. montano la scena dei nove re, del trono rotto, del ladro meschino che viene di notte e uccide. la soglia si macchia rimane un poco sconvolta.
strada di san michele
bagnano la strada, anche la salita dove rotolano sassi piccoli
e piccolissimi, per tutto il giorno, sono attesi molti fondisti
sterratori. ponti d’oro e brindisi, le autorità anche, ripartite.
un usignolo della verità sta in fila con gli altri ma non si
riesce a distinguere tra carte e altre robacce illuminate.
la mensa è scadente: qualcuno di buon cuore provvederà
perché qualcuno di buon cuore si trova sempre.
un grave circolo ora sbaglia manovra «tu matrona acquatica,
alle prime luci del mattino», non più «i miei figli sotto il manto».
vi sono, contenuti in un grosso libro, indici imperativi. alcuni
coi panni in mano prendono freddo aspettando il fischio del
panettiere, forse il ritorno col ciclomotore.
per la vecchia sono tutte fandonie e se
qualcuno abbocca le esche sono fatte apposta. parte col cane,
ne vede di tutti i colori ma torna sempre al suo posto: potrebbe,
lei, un giorno precipitare (un filo, le corolle, il paese con le sue
tracce oblique; il polistirolo). prende una pastiglia, devono
passare alcune ore, l’uomo non si trova, è presto per dire.
il verso
il verso della comunità felice in opere e giorni, tutto
all’interno, nel modo esatto. i mille colpi sul lago barèk
sono solo un piccolo sacrificio, ogni consorzio vuole
pagare e restare vivo e dare corso ai festeggiamenti,
tanto il drago muore.
volano i primi tagli di carne e dischi vecchio stile, col senso
del ricordo. nessuna voce, nessun capitolo ma nastri appesi ai
cancelli, dove possa risplendere il bravo inserzionista.
ne basta uno, silenzioso e senza un occhio. esce una salsa
senza sale: la vergogna in piedi e una signorina giunge già
al tappeto, erboso.
i misteri diventano grandi, la miseria sempre uguale e
il cucchiaio ritorna nel piatto. da ora in poi lunghe code
lunghe passando il crocevia, fuochi soltanto minimi.
Erika Crosara è nata a Vicenza nel 1977. Laureata in Conservazione dei beni culturali, attualmente vive a Galleriano di Lestizza (UD) e lavora in provincia di Udine. Sue poesie sono presenti in antologie, (Dall’Adige all’Isonzo. Poeti a Nord-Est, Fara Editore, Rimini 2008; Notturni di_versi. Crisi, Nuova Dimensione, Portogruaro 2010), riviste e blog letterari. Ius è la sua opera prima, pubblicata da Anterem Edizioni, riflessioni critiche di Giorgio Bonacini e Stefano Guglielmin, Verona, Premio Lorenzo Montano 2010. È inserita nella rassegna “Dire Poesia: incontri con poeti contemporanei in luoghi d’arte a Vicenza” 2011. Le poesie presentate sono pubblicate nell’antologia Salvezza e impegno (Fara Editore, Rimini 2010).
Giovanni Turra Zan
“Mi piaceva totalmente l’enuresi diurna alla fermata
del 38. Lo scarico della sera prima
nelle brache e la pace del dopo.
Due passi poi e il barbiere assassino di capelli
a incredibili 2 sterline, che rimpiange gli eccitanti
tempi della segregazione razionale.
I moventi di chi al mercato va e
ve ne vendo tre per una cinquina
poi quei pomodori tigrati nella terrina
più crescione più cannellini e l’amaro borderline”
La città è la città, è una città
che è mia per le cose precise che sono di maggio.
Ma a maggio e anche a marzo spuntano le golden ladies,
crescono i bruciori di burro, quell’odore di quando
si sta distesi sul materasso per la strada
a dare la questione che non passa.
Il merito fu quel rischio e pur anche
lo scontento dell’impegno in petto
per i piani riparativi all’esclusione ultima
dei peggiori per i più.
what the fuck are you saying, se sai di un singolo luglio
e dell’attricetta porno-soft polacca posseduta dai demoni;
le offrivi comprensione finto femminile
ma lei voleva vino; voleva del vino, se ne hai;
voleva spuntasse un imene dal disastro.
Giovanni Turra Zan (1964) risiede a Dueville (VI). Diplomato al Conservatorio “A. Pedrollo” di VI, laureato in psicologia, ha pubblicato le raccolte Senza (Agorà Factory, Vicenza 2005) e Stanze del viaggiatore virale (L’Arcolaio, Forlì 2008). Vince nel 2007 il concorso indetto da Fara Editore di Rimini, che gli pubblica Il lavoro del luogo, e nel 2008 il premio nazionale di poesia “R. Giorgi” di Sasso Marconi (BO) per la sezione “Cantiere”. Sue poesie sono incluse in antologie: Poeti per posta (2005), Il segreto delle fragole (2006), Pubblica con noi (2007), Il corpo segreto (2008), Dall’Adige all’Isonzo. Poeti a Nord-Est (Fara ed, Rimini 2008). Le Costrizioni, inedito finalista al premio “Montano” 2010, è stato di recente pubblicato come e-book.
Alessandra Conte
Respiro è nella pianura di sfalci
e fenditure, a stendersi tirando
le braccia in giornate da case a case,
nel milano-venezia straripante.
Gli occhi lesi vedono caprifogli
sambuco e campi sbavati d’autunno,
d’abitudine a stare nella piega
delle faglie senza più capitelli
e madonne pietose che abbraccino
agli incroci. A macerare gli affetti
ripulendo le strade è la swinging rhyme
del mezzo posto alla nettezza urbana.
siamo un papà degenere, un plurale di maestà formale
te magno, te magno – alla figlia tra i denti
e se la rimastica nei pochi lembi scoperti.
te magno - con gli occhi, e scompare
sotto ninnoli di cemento in scala di grigi
te magno - e la fa sparire sotto la cappa.
mangiava la torta togliendo le uvette
e si aprivano buchi di luce dal cielo
che bagnavano l’aria e le colline, e me
immersa nel quadro, nel lato buono dei colli
dove la pianura non si vede e danno frutto
i pungitopo e le rose
dava a lui da mangiare i buchi della torta
troppo dolci imprecando al vicino boaro
e all’auto parcheggiata in corte. ma non
conosceva il proverbio che quando l’acqua
è dal cielo, devi guardarti attorno a terra.
maledette allora le nutrie, e la pioggia
e sto mare de acqua piuttosto che niente
e un destino da chi è nato sotto un cavolo
nero senza più la vacca e il vitello.
e un bellissimo Constable si apre giù dai colli,
un bagno d’oro la pianura
Alessandra Conte, nata a Vicenza nel 1978, si è diplomata in Pianoforte e in Didattica della musica presso il Conservatorio “A. Pedrollo” di Vicenza. Finalista e vincitrice di concorsi poetici nazionali, ha partecipato a numerosi reading, tra cui la rassegna “Dire Poesia” di Vicenza, nel 2010. Sue poesie, oltre che in numerosi blog e riviste, sono state pubblicate in antologie edite da Lieto Colle e PoesiaFestival di Modena. La raccolta Polittico è inserita nell’antologia Dall’Adige all’Isonzo. Poeti a Nord-Est, Fara Editore, Rimini 2008. Nel 2009 ha pubblicato la sua opera prima: Breviario di novembre (Raffaelli Editore, Rimini), premio Gozzano nello stesso anno, premiato al concorso B. Manfredi e Anna Osti, Rovigo 2010, e finalista in altri concorsi.
Stefania Bortoli
Chanson de Lou
Il tuo corpo nero aveva odore di campagna
ma gli umani ti vollero viaggiatrice.
Dai Pirenei alle azzurre stanze
dove si parlava a passo di danza
lingua d’oc d’oil
non mancava la lingua del sì.
Uno deux trois, natura felina
sognavi balzi parigini
cieli audaci occhi profondi
sui tetti era la notte pupille d’agata.
Una notte di settembre
Chiara disse – andiamo-
porta con te il filo d’allegria
l’elastico dorso vibra
anche nel sonno
ordisce la trama
dipanando la matassa.
La storia del verso appare
cercando falene
falce di luna rossa
il tuo ultimo autunno fedele alle foglie
e alle stagioni.
Quieta osservi il fruscio del merlo,
mutano i fili d’erba, sei vivo prato
insieme ai petali del primo ciliegio.
Stefania Bortoli è nata a Thiene (VI) nel 1960 e vive a Pove del Grappa. Laureata in Pedagogia, con una tesi di Estetica e Psicoanalisi sul discorso amoroso e il narcisismo in Wuthering Heigts, insegna Lettere presso il Liceo artistico di Nove, dove promuove attività culturali all'interno della “Settimana delle Arti”. Sue poesie sono state presentate nel corso di reading, sulla rivista in rete Tellusfolio e nel volume Orizzonte Terraqueo. I suoi interessi, oltre alla ricerca in ambito poetico, si muovono tra letteratura, cinema e viaggi. È di prossima pubblicazione la sua prima raccolta in versi il cui titolo, Voci d'assenza, riassume in parte la sua poetica.
Paola Tegner, 'Pupille d’agata'