21 Marzo, Giornata Mondiale della Poesia/ I – Poeti Nobel a cura di Paola Mara De Maestri | | 21 Marzo 2011
Come per tradizione anche quest’anno aderiamo alla Giornata Mondiale della Poesia, che -ricordiamo- è stata istituita dalla XXX Sessione della Conferenza Generale UNESCO nel 1999 ed è stata celebrata per la prima volta il 21 marzo seguente. Questa data, che segna anche il primo giorno di primavera, riconosce all’espressione poetica un ruolo privilegiato nella promozione del dialogo e della comprensione interculturali, della diversità linguistica e culturale, della comunicazione e della pace. L’UNESCO negli anni ha voluto dedicare la giornata all’incontro tra le diverse forme della creatività, affrontando le sfide che la comunicazione e la cultura attraversano in questi anni. Tra le diverse forme di espressione, infatti, ogni società umana guarda all’antichissimo statuto dell’arte poetica come ad un luogo fondante della memoria, base di tutte le altre forme della creatività letteraria ed artistica.
Quest’anno doppia sottolineatura della ricorrenza: qui festeggiamo con alcune poesie di noti premi Nobel per la letteratura, in altro servizio la giornata diviene evento corale per un particolarmente attivo e vivace centro di iniziativa culturale.
Giosuè Carducci. Premiato nel 1906 non solo in riconoscimento dei suoi profondi insegnamenti e ricerche critiche, ma su tutto un tributo all'energia creativa, alla purezza dello stile ed alla forza lirica che caratterizza il suo capolavoro di poetica.
Canto di Marzo
Quale una incinta, su cui scende languida
languida l'ombra del sopore e l'occupa,
disciolta giace e palpita su 'l talamo,
sospiri al labbro e rotti accenti vengono
e sùbiti rossor la faccia corrono;
tale è la terra: l'ombra de le nuvole
passa a sprazzi su 'l verde tra il sol pallido:
umido vento scuote i pèschi e i mandorli
bianco e rosso fioriti, ed i fior cadono:
spira da i pori de le glebe un cantico.
O salienti da' marini pascoli
vacche del cielo, grige e bianche nuvole,
versate il latte da le mamme tumide
al piano e al colle che sorride e verzica,
a la selva che mette i primi palpiti.
Così cantano i fior che si risvegliano:
così cantano i germi che si movono
e le radici che bramose stendonsi:
così da l'ossa de i sepolti cantano
i germi de la vita e de gli spiriti.
Ecco l'acqua che scroscia e il tuon che brontola:
porge il capo il vitel da la stalla umida,
la gallina scotendo l'ali strepita,
profondo nel verzier sospira il cùculo
ed i bambini sopra l'aia saltano.
Chinatevi al lavoro, o validi omeri;
schiudetevi a gli amori, o cuori giovani;
impennatevi a i sogni, ali de l'anime;
irrompete a la guerra, o desii torbidi:
ciò che fu torna e tornerà ne i secoli.
Salvatore Quasimodo. Premiato nel 1959 per la sua poetica lirica, che con ardente classicità esprime le tragiche esperienze della vita dei nostri tempi.
Il mio Paese è l’Italia
Più i giorni s'allontanano dispersi
e più ritornano nel cuore dei poeti.
Là i campi di Polonia, la piana dì Kutno
con le colline di cadaveri che bruciano
in nuvole di nafta, là i reticolati
per la quarantena d'Israele,
il sangue tra i rifiuti, l'esantema torrido,
le catene di poveri già morti da gran tempo
e fulminati sulle fosse aperte dalle loro mani,
là Buchenwald, la mite selva di faggi,
i suoi forni maledetti; là Stalingrado,
e Minsk sugli acquitrini e la neve putrefatta.
I poeti non dimenticano. Oh la folla dei vili,
dei vinti, dei perdonati dalla misericordia!
Tutto si travolge, ma i morti non si vendono.
Il mio paese è l'Italia, o nemico più straniero,
e io canto il suo popolo, e anche il pianto
coperto dal rumore del suo mare,
il limpido lutto delle madri, canto la sua vita.
Eugenio Montale. Premiato nel 1975 per la sua poetica distinta che, con grande sensibilità artistica, ha interpretato i valori umani sotto il simbolo di una visione della vita priva di illusioni.
L'Arca
La tempesta di primavera ha sconvolto
l'ombrello del salice,
al turbine d'aprile
s'è impigliato nell'orto il vello d'oro
che nasconde i miei morti,
i miei cani fidati, le mie vecchie
serve - quanti da allora
(quando il salce era biondo e io ne stroncavo
le anella con la fionda) son calati,
vivi, nel trabocchetto. La tempesta
certo li riunirà sotto quel tetto
di prima, ma lontano, più lontano
di questa terra folgorata dove
bollono calce e sangue nell'impronta
del piede umano. Fuma il ramaiolo
in cucina, un suo tondo di riflessi
accentra i volti ossuti, i musi aguzzi
e li protegge in fondo la magnolia
se un soffio ve la getta. La tempesta
primaverile scuote d'un latrato
di fedeltà la mia arca, o perduti.
Pablo Neruda. Premiato nel 1971.
Mi piaci quando taci
Mi piaci quando taci perché sei come assente,
e mi ascolti da lungi e la mia voce non ti tocca.
Sembra che gli occhi ti sian volati via
e che un bacio ti abbia chiuso la bocca.
Poiché tutte le cose son piene della mia anima
emergi dalle cose, piene dell'anima mia.
Farfalla di sogno, rassomigli alla mia anima,
e rassomigli alla parola malinconia.
Mi piaci quando taci e sei come distante.
E stai come lamentandoti, farfalla turbante.
E mi ascolti da lungi, e la mia voce non ti raggiunge:
lascia che io taccia col tuo silenzio.
Lascia che ti parli pure col tuo silenzio
chiaro come una lampada, semplice come un anello.
Sei come la notte, silenziosa e costellata.
Il tuo silenzio è di stella, così lontano e semplice.
Mi piaci quando taci perché sei come assente.
Distante e dolorosa come se fossi morta.
Allora una parola, un sorriso bastano.
E son felice, felice che non sia così.
Octavio Paz. Premiato nel 1990.
Temporale
Nella montagna nera
il torrente delira a voce alta
a quella stessa ora
avanzi tra precipizi
nel tuo corpo sopito
Il vento lotta al buio col tuo sogno
boscaglia verde e bianca
quercia fanciulla quercia millenaria
il vento ti sradica e trascina e rade al suolo
apre il tuo pensiero e lo disperde
Turbine i tuoi occhi
turbine il tuo ombelico
turbine e vuoto
Il vento ti spreme come un grappolo
temporale sulla tua fronte
temporale sulla tua nuca e sul tuo ventre
Come un ramo secco
il vento ti sbalza
Nel tuo sogno entra il torrente
mani verdi e piedi neri
rotola per la gola
di pietra nella notte
annodata al tuo corpo
di montagna sopita
Il torrente delira
fra le tue cosce
soliloquio di pietre e d'acqua
Sulle scogliere
della tua fronte passa
come un fiume d'uccelli
Il bosco reclina il capo
come un toro ferito
il bosco s'inginocchia
sotto l'ala del vento
ogni volta più alto
il torrente delira
ogni volta più fondo
nel tuo corpo sopito
ogni volta più notte.
Qui l'elenco delle manifestazioni organizzate
nel quadro della giornata mondiale della poesia
promosse dalla Commissione Nazionale Italiana per l'UNESCO | | |