Lisistrata
Lidia Menapace. La questione nucleare
15 Marzo 2011
 

Le ragioni per le quali l'idea del governo italiano di imbarcarsi nell'avventura delle centrali nucleari proprio adesso è da respingere con forza, sono di immediata evidenza.

Tuttavia a me sembra che la discussione che si alimenta delle luttuose notizie dal Giappone non sia adeguata né contestualizzata, né portata a tutte le possibili conseguenze teorico-politiche. In sostanza mentre il vivere contiene sempre rischi più o meno calcolati, qui non si possono calcolare rischi, perché se una centrale è in un deserto la cosa è ben diversa che se è vicina a una metropoli o in un territorio molto antropizzato o più o meno sismico. E questi calcoli che includono interessi enormi non possono essere affidati a chi progetta o costruisce centrali anche per ricavarne profitto. Inoltre la permanenza dei fenomeni che seguono possibili perdite di radiazioni o anche solo lo smaltimento delle scorie, ipoteca un futuro così lungo da non essere immaginabile. Poiché io non rinuncio a credere che l'energia nucleare sia una vera risorsa, sono però altresì convinta che bisogna ripensare da capo tutta la fisica atomica, percorrendo una strada non soggetta a un immaginario di guerra come fu quello che servì a progettare la bomba di Hiroshima: quando Einstein a Truman che gli chiedeva quali sarebbero stati gli effetti della bomba rispose che non lo sapeva e Truman gli disse di provare, è evidente che erano ambedue prigionieri ciechi di un irresponsabile immaginario di guerra che li aveva profondamente inquinati. Ora gli scienziati ci devono dire su che immaginario lavorano, raccontarci i processi, i procedimenti, le precauzioni, il calcolo dei rischi, insomma spiegarsi senza reticenze. La scienza contemporanea è altamente narrativa, sostengono gli scienziati stessi. Dunque si spieghino, non continuino a pasticciare pericolosamente su un nucleare civile che può trasformarsi facilmente in militare e dunque il militare è incluso. Ci deve essere un tabu, una autocensura previa sull'utilizzo militare: sto per dire che gli scienziati e le scienziate debbono dire credibilmente se il loro nucleare è compatibile con i diritti umani; in fin dei conti Louise Mittner si ritirò dalla gara atomica proprio per ragioni umanitarie e scienziati europei rallentarono e sabotarono scientemente la ricerca atomica per evitare che finisse nelle mani di Hitler. La guerra deve essere espulsa non solo dalla storia, ma anche dalla scienza.

Quando ci fu Cernobyl le scienziate italiane fecero un importante convegno femminista nel corso del quale oltre ai dati conoscitivi che ci trasmisero, introdussero anche la nozione di “coscienza del limite” contro lo scientismo acritico e prometeico. Patrocinarono una ben più rigorosa e umana razionalità. Allora Rita Levi Montalcini se ne usci con la sua famosa frase: “Non tutto ciò che si può fare si deve fare”, resta sempre un vincolo di eticità e di cultura. Di quel convegno si è poi persa traccia, ecco perché bisogna costruire memoria e organizzazione.

Per ora mi fermo qui, ma vorrei proseguire perché il segreto che le cose militari portano con sé è nemico del vero, del giusto e anche della democrazia, così come decisioni prese sulla testa della cittadinanza violano proprio il fondamento della democrazia: l'umanità giustamente informata sceglie ciò che è positivo, e se si accorge di avere sbagliato, la volta dopo cambia voto: per questo bisogna sempre curare che una volta successiva possa esserci.

 

Lidia Menapace


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