L'ultimo dei milanesi
Pape Milan Aleppe: il Milan nella letteratura 
di Mauro Raimondi
11 Febbraio 2011
 

Dante Alighieri che indossa la maglia rossonera. Di profilo, con il celebre naso “importante” e un’espressione seria. Questa è l’indovinatissima copertina di Pape Milan Aleppe, il nuovo libro di Sergio Giuntini, membro del Consiglio Direttivo della Società Italiana di Storia dello Sport e autore di numerosi, importanti saggi come, Lo sport e la Grande Guerra (2001), Pugni chiusi e cerchi olimpici, il lungo ’68 dello sport italiano (2008), Sport e fascismo (con Maria Canella, 2009), L’olimpiade dimezzata – storia e politica del boicottaggio nello sport (2010).

Un vero esperto di sport e di calcio, dunque, che nel suo volume appena edito da Sedizioni (pagg. 83, 11 euro) affronta l’affascinante rapporto fra calcio e letteratura visto, esclusivamente, da una prospettiva “milanista”. Molti, infatti, sono i testi di prosa e poesia che hanno visto la squadra rossonera protagonista, e Giuntini li ha cercati e raccolti, provando l’esistenza di una “via milanista” alla letteratura. Un filone che al suo interno può vantare grandi nomi della cultura italiana, al pari, ad esempio, del poeta Alfonso Gatto (che nel suo studio romano teneva un poster di Rivera), autore di due milanistissimi articoli apparsi nel 1959 su L’approdo letterario, in cui esalta Gren e il Milan anni ’50, e nel 1974 su Il Giornale di Montanelli, in cui Rocco viene insignito del titolo di genius loci di San Siro, presente per sempre «nell’erba, sulla panchina, nelle voci di quel campo glorioso che è abitato da altri grande memorie. Che volete? Il genio del luogo è amico dei poeti, amici tutti del “Diavolo”».

Altrettanto memorabile, poi, è il racconto in versi scritti in dialetto milanese di Franco Loi, l’erede di Porta e del Tessa, che ne L’Angel (Mondadori, 1994) narra la traversata da Lambrate a San Siro di un gruppo di amici per assistere al derby del 17 giugno 1945, terminato 3-1 per il Milan: «I russuner in svamp che fann lambada e i nerazurr se sfann ‘me foj al vent. L’è sta ‘n tri a vun de fa tremà i curtil, ‘na samba de fora i sentiment».

Sempre incentrato su quel periodo è Milan. Esperienze di un comandante partigiano (La Pietra, 1981) di Isacco Nahoum, in cui il protagonista prende come nome di battaglia quello della squadra rossonera. Mentre, tornando alla poesia, appaiono imperdibili i brevi ritratti di giocatori vergati da Fernando Acitelli ne La solitudine dell’ala destra (Einaudi, 1998). I milanisti citati sono 18, da Renzo De Vecchi a Boban, passando per Schiaffino, Rivera, Baresi e Van Basten ma anche Lodetti, Chiarugi, Aldo Maldera, e un Romeo Benetti così definito: “Spezzi rugginoso quel che puoi…”.

Venendo alla prosa, anche Primo Levi ha lasciato pagine sul Milan nel racconto “Trattamento di quiescenza” (in Storie Naturali, Einaudi, 1966), in cui s’immagina addirittura di segnare un gol con la maglia rossonera. Oppure Michele Prisco, che innalza Fabio Cudicini a protagonista del suo “La partita” (in G. Brunamontini, Racconti del calcio, Sonzogno, 1975). E ampie tracce di “riverismo” si trovano ne Il fuorigioco mi sta antipatico (Stampa Alternativa, 2006) del grande Luciano Bianciardi, che polemizzò con Pasolini perché quest’ultimo, nel suo celebre articolo “Il calcio è un linguaggio con i suoi poeti e prosatori” apparso su Il Giorno nel 1971, aveva inserito Rivera tra i secondi: «Dante Alighieri lo aveva previsto settecento anni fa quando scrisse: Io vidi lume in forma di rivera».

La passione per il Milan, poi, travalica pure i confini continentali, come dimostra il romanziere cileno Skarmeta (autore de Il postino di Neruda, da cui fu tratto il film con Troisi), che in Non è successo niente (Garzanti, 1996) narra del suo amore per Rivera (ancora!) e Schnellinger. O il giapponese Kazuo Ishiguro, che nel suo Gli inconsolabili (Einaudi, 1995) dedica un racconto a Van Basten (intitolato “Numero nove”, ovviamente…). Il quale, in Discorso su due piedi (il calcio) (Bompiani, 1998), si è meritato gli elogi persino di Carmelo Bene ed Enrico Ghezzi.

Pape Milan Aleppe, inoltre, ci riporta all’indimenticabile Beppe Viola, a Nascimbeni, a Oreste del Buono (splendido il resoconto di uno Spal-Milan nel romanzo I peggiori anni della nostra vita, Einaudi, 1971), al genoano-interista Brera, che in Gioannfucarlo. La vita e gli scritti inediti di Gianni Brera (del figlio Paolo e Claudio Rinaldi, Selecta, 2001) narra spassosamente la sua esperienza nei ragazzi del Milan nella prima metà degli anni ’30. Ma la presenza rossonera nella letteratura continua anche oggi. Noti milanisti del mondo della cultura e dello spettacolo (Jannacci, Leonardo Coen, Franz di Cioccio, Fabio Treves…) nel 2003 hanno firmato articoli in Rossoneri Comunque (curato da D. Grassi e A. Scanzi, Limina). E pure altri autori più recenti hanno immortalato il Milan nei loro scritti: tra i tanti, citiamo Michele Mari (I palloni del signor Kurz in Euridice aveva un cane, Bompiani, 1993), Elisa Davoglio (Onore ai diffidati, Mondadori, 2008), I furiosi di Nanni Balestrini, che raccoglie le testimonianze di giovani ultrà rossoneri. E infine Donatella Evangelista, che in Tifosa e basta c’era una volta (Sedizioni, 2008) mostra come la passione calcistica contagi anche le donne, portandole nella (rimpianta) Fossa dei leoni: un «punto di vista femminile o femminista che costituisce un importante arricchimento per la cultura curvaiola e del calcio».

Dopo questa gustosa antologia, Pape Milan Aleppe si conclude innanzitutto con una -storicamente- splendida raccolta di articoli risalenti al periodo 1899-1915, in cui troviamo brevi resoconti di partite giocate al Trotter, dello scudetto milanista del 1907, del primo derby disputato a Chiasso (e vinto dal Milan per 2-1), e un’intervista a quel Kilpin che ha appena ricevuto l’onore di essere tumulato al Famedio del Cimitero Monumentale (e che ci riporta all’affascinante calcio dei pionieri). Poi, con un capitolo dedicato ai (non) cugini neroazzurri (Derby Milan-Inter fuori dal campo di gioco), in cui Giuntini smonta la presunta superiorità culturale interista invitando ad un “Milan pride” i tanti scrittori e intellettuali milanisti: «E i signori bauscia, nonostante l’atavica supponenza, anche in questo dovranno continuare -a lungo- ad invidiarci. Imitarci o superarci no, perché anche mettendocela tutta non ne saranno mai capaci. Troppo diabolici noi, per il loro catto-interismo severgniniano». Parole rossonere, in un libro imperdibile per tutti quei milanisti (e non solo) che amano le buone letture. Saludi


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