sulla politica. Ida Dominijanni, citando Luisa Muraro, scrive sul Manifesto del 4 febbraio che noi (donne) «non amiamo… chi conta di usarci come truppe ausiliarie di una politica inefficace» (l’attuale opposizione di sinistra e il Pd in particolare). Mi chiedo: non sarebbe il caso di provare a proporre noi forme di politica efficace? E, a questo proposito, ci bastano le varie forme quotidiane di pratica politica delle donne o vogliamo anche provare a misurarci con lo spazio pubblico della piazza?
sulla frequente accusa di moralismo che serpeggia, rivolta alle donne di sinistra. Proporrei (pur mantenendo ovviamente distinta la morale dalla politica) di distinguere il moralismo dalla morale. Nel ’68 e dintorni la critica rivolta alla morale corrente aveva lo scopo molto importante di mettere in crisi una morale imposta, fatta di dogmi e di obblighi autoritari, tanto più in campo sessuale e rispetto alle donne. Ma questo ci deve condurre oggi ad archiviare qualsiasi morale, o a fondarla solo su un’indistinta “polimorfia del desiderio”? Personalmente oggi preferisco lavorare a una morale basata sulla libertà e sulla responsabilità. In questo senso, per esempio, mi trovo abbastanza in sintonia con le riflessioni filosofiche di Roberta de Monticelli (in particolare, in La novità di ognuno). Naturalmente, una riflessione di tipo etico non porta a elaborare giudizi su singole persone, ma a identificare e discutere valori.
Sempre sul moralismo. C’è una zona intermedia, tra la morale e la politica, che riguarda la definizioni di valori fondanti della convivenza civica. E’ lo spazio delle costituzioni, dei valori e dei modelli pubblici. È la ragione per cui Gustavo Zagrebelsky ha scritto giustamente che le notti di Arcore rischiano di essere la notte della Repubblica. Non sarebbe interessante provare a riflettere su tutto questo come donne?
Sulla prostituzione. Può essere praticata in tantissime forme, che varrebbe la pena di analizzare meglio. In generale, però, penso che la prostituzione sia uno scambio in cui la propria sessualità viene scambiata con qualcosa d’altro; che è sempre una cessione di disponibilità del proprio corpo, che l’altro ripaga con denaro o con favori. Ci sono senz’altro donne che praticano questo scambio con una certa dose di indipendenza. Ma quando si cede a un altro, sia pure entro certi limiti, la disponibilità di sé, ci si espone a varie forme di subordinazione. Continuo a pensare che la relazione sessuale migliore consista in una piena reciprocità di piacere, gratificazione ed eventuali progetti procreativi, che non ha bisogno di nessun compenso, perché è basata sulla libertà reciproca. Penso che la forma peggiore di prostituzione (anche qui, senza giudicare singole donne) sia la cessione simultanea della disponibilità del proprio corpo, della propria mente e della propria autonomia individuale e politica, in cambio di denaro o favori che oltretutto si qualificano come corruzione pubblica.
Corollario. Ho sottoscritto l’appello per la manifestazione del 13 e vorrei che la Libera Università delle Donne ne facesse un’occasione anche pubblica di dibattito, di creatività e di presenza politica.
Vorrei aggiungere una proposta concreta: aderire alla manifestazione, ma portando, al posto della sciarpa bianca, ciascuna di noi una bella sciarpa colorata (non necessariamente la sciarpa arcobaleno). Spiegare che il bianco potrebbe essere inteso da qualcuno, anziché come un segno di lutto, come un segno di illibatezza, e che mentre il 29 gennaio faceva molto freddo ora si sente aria di primavera: perciò facciamo rifrangere il bianco in una molteplicità di colori, e ciascuna porta quelli che preferisce.
Vittoria Longoni
(da LUD Libera Università delle Donne, 7 febbraio 2011)
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