Oblň cubano
Yoani Sánchez a Viareggio 
Intervista in diretta telefonica a Dedalo 2010 di Azione Universitaria
23 Luglio 2010
 

Cuba non è un partito, non è un'idea, non è un uomo. Cuba è fatta di tante individualità, ognuno con la sua idea da portare avanti e da rispettare per costruire tutti insieme una grande nazione.

Ai turisti chiedo di portare notizie e giornali. Ne abbiamo bisogno. Nel nostro Paese la stampa è asservita al potere.

 

 

Fa caldo sul lungomare di Viareggio. La festa di Azione Universitaria si svolge nello stabilimento balneare “Balena 2000” e molti partecipanti sono tentati dalla spiaggia e da un ristoratore bagno in mare o in piscina. Ma è impossibile resistere al fascino di una telefonata da Cuba con Yoani Sánchez e anche per me che ho il compito di tradurre le sue parole in diretta per il folto pubblico presente è una grande emozione.

Squilla il telefono nel palazzo stile jugoslavo di Piazza della Rivoluzione. All’altro capo risponde Reinaldo, marito di Yoani e valido giornalista indipendente, importante quanto lei in questa lotta per la libertà che vive in maniera più defilata, all’ombra della notorietà internazionale conseguita dalla compagna. Mi passa subito Yoani, gioviale e sorridente come sempre, disponibile, pronta al dialogo e alla battaglia non violenta delle idee. Comincio con le domande perché il pubblico è impaziente.

 

Siamo a Viareggio, Yoani. Alla Festa del Popolo della Libertà c’è un folto pubblico che attende di sentirti parlare e vuole sapere da te qualcosa su Cuba libre edito in Italia da Rizzoli nel 2009. Visto che sei in diretta telefonica, presenta il contenuto del tuo libro.

Il mio libro si deve leggere come una guida alternativa a Cuba. Non è una guida rosa, dove tutto è edulcorato, dove non ci sono problemi e si trattano gli argomenti semplificando. Cuba libre è una guida reale che serve ad attualizzare l’idea della nostra isola nel mondo e a eliminare quel falso mito di un luogo dove una speranza di uguaglianza e di giustizia si è realizzata.

Quali aspettative hanno i cubani nell’attesa del tradizionale discorso del 26 luglio? Chi parlerà in pubblico? Fidel o Raúl?

Siamo in una situazione delicata e al tempo stesso importante. Raúl rappresenta l’apertura, la speranza di cambiamento, la possibile modificazione del sistema, anche se non è giovanissimo e porta lo steso cognome del fratello. Fidel rappresenta il passato e la conservazione dello status quo. Non riponiamo molte aspettative sul discorso del prossimo 26 luglio, ormai siamo abituati a lunghi discorsi retorici che non fanno seguire comportamenti concreti. Non sappiamo ancora se parlerà Raúl o il redivivo fratello maggiore. Certo, se parlasse Fidel, sarebbe un passo indietro. Vorrebbe dire che si sta frenando il tanto agognato cambiamento e che le conquiste ottenute e i successi riportati in tema di liberazioni dei prigionieri politici non sono serviti a molto.

Cosa pensi della liberazione dei 52 prigionieri politici?

La liberazione dei prigionieri politici rappresenta un fatto positivo, ma resta ancora molta strada da fare. Fino a quando non sarà depenalizzata la divergenza ideologica resterà il problema della libertà di pensiero e a Cuba sarà sempre possibile incarcerare e colpire chi esprime dissenso e opinioni non conformi ala volontà del governo.

A chi va il merito di queste liberazioni? Secondo te la Chiesa Cattolica e i dissidenti hanno avuto un ruolo di primo piano?

La Chiesa Cattolica è stata l’interlocutore privilegiato del regime e un fatto simile non era mai accaduto, perché il governo cubano non è abituato a trattare con nessuno. A mio avviso, però, il merito della liberazione dei prigionieri politici va ripartito equamente tra i cittadini, le damas de blanco (mogli dei prigionieri politici - nda), Zapata Tamayo, Guillermo Fariñas e tutta la società civile che da tempo fa pressione sul governo cubano esigendo il rispetto dei diritti umani. Raúl Castro non poteva fare altrimenti. Ha dovuto cedere dando corso a una decisione già presa da tempo.

Qual è la situazione in tema di libertà e di economia? Secondo te esiste la possibilità di un cambiamento sociale e politico?

Credo che Cuba si trovi sull’orlo del collasso politico ed economico. Nel mio paese esiste una situazione caratterizzata da grande disperazione che può portare a un cambiamento. Molte voci critiche hanno cominciato a parlare e a pretendere attenzione. Certo, ancora molto resta da fare.

Puoi spiegare a un italiano l’assurdo sistema monetario cubano che prevede una doppia moneta e che produce differenze sociali tra i cittadini?

A Cuba circolano due monete: il peso cubano (servono 25 pesos cubani per fare un dollaro) - che non vale niente ma è la moneta con cui ci pagano gli stipendi - e il peso convertibile (parificato al dollaro) - che dovrebbe essere la moneta del turismo, ma non è così perché dobbiamo pagare con pesos convertibili molti generi di prima necessità, vestiti e prodotti alimentari. Un cubano può ottenere pesos convertibili solo se lavora a stretto contatto con gli stranieri, rubando, truffando, sottraendo risorse allo Stato, esercitando la prostituzione e chiedendo cospicue rimessa ai parenti emigrati all’estero. Per questo motivo a Cuba impera il mercato nero e molti prodotti vengono venduti illegalmente. Tutto ciò produce profonde disuguaglianze tra chi possiede la valuta pregiata e chi deve tirare avanti con la sola moneta nazionale. Siamo in presenza di una vera e propria schizofrenia economica.

Sfatiamo due miti del regime. La sanità e la scuola…

Quando Cuba era sostenuta economicamente dal blocco sovietico le cose andavano meglio. Scuola e sanità erano dei veri fiori all’occhiello della nostra realtà, anche se l’istruzione è stata sempre molto ideologica. Ancora oggi disponiamo di buoni medici e ci sono distretti sanitari in ogni quartiere, però mancano persino siringhe e aspirine. Vorrei che un europeo vedesse lo stato di degrado in cui versano gli ospedali cubani. Manca tutto, persino l’igiene. Un degente deve portare da casa asciugamani, lenzuola, ventilatore, in certi casi persino i medicinali. L’istruzione risente del fatto che adesso nessuno vuol più fare il maestro perché si tratta di una professione mal retribuita. Il governo ha inventato la figura del maestro emergente, un professionista nuovo, preparato in fretta, con molte lacune culturali e poca voglia di insegnare. Molte ore di lezione vengono impartite ricorrendo a televisore e videocassette per sopperire alla mancanza di personale. Inoltre l’istruzione è indottrinamento, ideologia della rivoluzione, mitologia del comunismo e della lotta di Fidel Castro.

I tuoi desideri per una Cuba futura.

Desidero una Cuba pluralista che si trasformi in uno spazio nuovo e libero capace di contenere tutte le idee e tutti i cubani, pure coloro chi in questo periodo storico è costretto a vivere fuori dall’isola ed è considerato un esiliato. La nostra terra può dare vita a un cambiamento sociale ed economico che porterà nuova prosperità.

 

A questo punto interviene un ragazzo presente alla telefonata, dando il via alle domande di un pubblico che ha ascoltato con attenzione le risposte di Yoani sottolineando con applausi le considerazioni in tema di libertà. Chiede che cosa accadrà a Cuba alla morte di Fidel Castro. La domanda non è nuova, ma Yoani risponde in maniera diversa dal passato.

In questo momento la morte eventuale di Fidel Castro non rappresenterebbe un evento traumatico come se fosse avvenuta quattro anni fa. Lo stiamo dimenticando ogni giorno di più. Adesso siamo abituati a non vederlo, anche se scrive Riflessioni sul Granma e ogni tanto ricompare in pubblico.

Fidel Castro parla di un’imminente guerra nucleare. Pensi che esista un vero pericolo o è soltanto uno stratagemma perché il popolo cubano non si preoccupi dei problemi attuali?

Nel mondo esistono tante situazioni a rischio e non mancano reali pericoli di guerre nucleari. In ogni caso le parole di Fidel Castro sono esageratamente preoccupate per un problema esterno a Cuba e servono a distrarre l’opinione pubblica da quel che succede all’interno del paese. Fidel usa da tempo questa tecnica. Riappare una sua foto quando muore Zapata Tamayo dopo un lungo sciopero della fame. Vengono liberati 52 prigionieri politici e Fidel riappare in pubblico con insistenza. Si tratta di un gioco politico per attirare l’attenzione su di lui e per non far pensare ai veri problemi.

 

Un altro ragazzo presente chiede a Yoani quanto sia famosa a Cuba e se pensa che il suo libro possa essere utile a chi lo legge.

Io sono soltanto una cittadina. Non amo la fama e il successo. Sono cose che non fanno parte di me. Però sono contenta quando incontro per strada qualcuno che mi dice “ti leggo”, “ti seguo”. Vuol dire che anche a Cuba stiamo abbattendo il muro del silenzio.

 

Il moderatore della serata chiede a Yoani se ha un saluto particolare da riservare al pubblico italiano. Lei non si fa pregare…

Ringrazio i molti italiani che ci hanno aiutato in questa battaglia per la scarcerazione dei prigionieri politici. Tutti quelli che hanno preso carta e penna, ma soprattutto il loro computer e hanno scritto a Raúl Castro. Coloro che hanno firmato l’appello per la liberazione dei prigionieri politici. Ringrazio molti italiani che vogliono una Cuba più libera. Cuba non è un partito, non é un’idea, non é un uomo. Cuba è una pluralità di persone, di individui, ognuno portatore di idee, istanze ed esigenze.

A questo punto scatta un applauso fragoroso e pure un improvvisato coro: Yoani! Yoani! Yoani! La blogger sorride a novemila chilometri di distanza e dice al marito visibilmente emozionata: «Stanno gridando il mio nome in coro! Che bello…».

Dire che te lo meriti è dir poco, Yoani. Credimi.

La blogger conclude con un appello ai turisti.

«Le persone che vengono sull’Isola possono fare molto per noi che non siamo abituati a una stampa libera e al pluralismo ideologico. Portateci giornali, riviste, notizie vere che facciano capire che cosa accade nel mondo. Fate conoscere ai cubani cosa vuol dire vivere in un paese dove esiste la libertà di pensiero, perché da noi tutto è ideologico, tutto è nelle mani dello Stato e ogni evento ci viene presentato sotto la lente deformante dell’ideologia».

 

Il colloquio con la blogger cubana termina qui, sotto il sole cocente di un’estate viareggina che ricorda i tropici, tra bagnanti distratti e giovani incantati dalle parole di una giovane ribelle che sta facendo molto per il suo paese. Resta l’emozione di averla sentita in diretta da Cuba, di aver udito la sua voce chiara e delicata raccontare sogni e speranze. Resta la voglia di vederla libera, in grado di poter uscire da Cuba per andare a parlare in un paese straniero e di potersi confrontare con altri intellettuali. Forse qualcosa sta cambiando davvero, perché Moratinos ha annunciato che ci sono buone speranze per una prossima fine dell’embargo statunitense verso Cuba e per un ammorbidimento della posizione dell’Unione Europea. Una vittoria di Raúl Castro, dirà la destra di Miami. Una vittoria della società civile, diciamo noi confortati dalla moderazione e dal pacato ottimismo di quel piccolo - grande personaggio che è Yoani Sánchez.

 

Gordiano Lupi


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Dir. responsabile Enea Sansi - Reg. Trib. Sondrio n. 208 del 21/12/1989 - R.O.C. N. 7205 I. 5510 - ISSN 1124-1276