Oblò cubano
Orlando Luis Pardo Lazo. Il Mondiale dell’Avana
04 Luglio 2010
 

La sala è al gran completo. Da ogni parte si sfoggiano bandiere e magliette di ogni paese eccetto Cuba. Vediamo vuvuzelas improvvisate fatte di cartone e materiale radiografico. Ci sono persone perfettamente aggiornate o del tutto ignoranti di cose calcistiche. Sospettosamente soli o insieme a famiglie rumorose. Ai limiti della repressione o della transizione, due parole imprescindibili quando è il momento di far festa, con o senza la sorveglianza del Grande Fratello e del Cardinale. Nelle sale dei cinema “Yara” e “Payret” di Centro Avana, nel quartiere Vedado, senza la minima speranza di ottenere un visto e un biglietto aereo transoceanico, per cinque pesos nazionali, anche noi cubani possiamo essere protagonisti del nostro piccolo mondiale calcistico 2010.

Sono giorni eccezionali sull’Isola. Un periodo durante il quale ci sintonizziamo con la contemporaneità planetaria, una sorta di update sportivo in tempo reale. Persino la televisione trasmette l’evento in diretta su diversi canali, una tecnica ormai quasi dimenticata per mancanza di perizia o per eccesso di prevenzione politica. La sola cosa certa è che finalmente abbiamo un argomento da poter commentare liberamente con i vicini che normalmente non scambiano con noi neppure mezza parola.

Andare al cinema oggi vuol dire recarsi in Sudafrica: se Mandela non viene all’Avana, noi avaneri andremo da Mandela. Il resto di Cuba continua a essere off-line, ma nella capitale la tessera bianca del Ministero degli Interni viene abolita grazie alla tessera gialla e rossa della FIFA.

Pure se non ha superato il turno eliminatorio, Cuba si è qualificata per giocare questa Coppa del Mondo. Le auto mostrano adesivi e insegne d’importazione, mentre tra le buche del quartiere spuntano come funghi porte senza rete e scritte del secolo passato. Scalzi o con scarpe da tennis di poco prezzo, con pantaloncini ma senza maglietta (questo genere di abbigliamento è un lusso per andare al cinema), va di gran moda tutto ciò che può essere preso a calci in pubblico. E fortunatamente non è un supplemento di atti di ripudio organizzato dallo Stato, ma una spontanea ed effimera moda cittadina. Il calcio come speranza per il futuro.

Gli annunciatori specializzati sono le persone che reclamano democrazia in mezzo a questa gran confusione. Lanciano concorsi ai quali si partecipa usando il telefono cellulare. Parlano senza censura dei vantaggi di Twitter e sono cultori fanatici delle chat. I titoli della stampa internazionale vengono subito commentati sugli spazi liberi di Internet. Grazie a tutto questo lo show mediatico delle Tavole Rotonde trasmesse dalla televisione cubana si trasforma in un mediocre spettacolo.

Per questo motivo, ogni quattro anni, Cuba entra a far parte del Primo Mondo occidentale e tutto il resto è retorica reazionaria. Una simile porzione di illusione si diffonde durante l’estate insidiosa della patria, dove gli stadi si rovinano ogni volta che vengono riparati, ed è sufficiente per resistere a tutte le ristrettezze del prossimo piano quinquennale (che spesso diventa cinquantennale).

La cosa peggiore di questo Mondiale del Sud Avana Africa 2010 probabilmente è l’odore. La stoffa dei sedili è impregnata da varie generazioni di secrezioni compatriote di ogni genere e qualità. Sperma, sudore e lacrime del post proletariato cinefilo: “lanciatori” golosi di un altro tipo di gol, pure senza aria condizionata. L’atmosfera amorosa non conserva neppure uno specifico glamour, ma soltanto un certo fetore di sabbia logora, teatro dei perdenti. Ave Castro, coloro che stanno per qualificarsi ti salutano: Argentina, Brasile, Germania, Spagna, tra gli altri surrogati di Cuba. Ma l’eleganza socialista non si conquista neanche per decreto ministeriale.

Mi piacerebbe che la finale non si giocasse mai. Oppure, se proprio deve arrivare che non avesse fine. Cuba congelata in un recinto di energia cinetica. So per esperienza che, dopo il fischio finale, resta un assordante silenzio domenicale. Uno sfiancante vuoto di memoria (il popolo profano non ricorda bene chi è stato eliminato nelle varie fasi). Una sistematica assurdità. Una solitudine sociale eccessivamente in compagnia (pare una poesia di Benedetti, che a sua volta sembra un cognome da calciatore).

Quando verrà innalzata la coppa, arriverà la fine delle trasmissioni. I cinema Yara e Payret torneranno a proiettare i loro files digitali in bassa risoluzione, tra maschere sonnolente e squallidi custodi. Il pianeta non si allontanerà come un oggetto volante non ideologico all’altro lato dello schermo. La vita sportiva cederà il passo a un’economia precaria e a una politica pedestre. Le Tavole Rotonde televisive recupereranno la loro atmosfera anaerobica sulle reti televisive e radiofoniche. E il sipario di pixel calerà un’altra volta, con maggior forza ufficiale, sopra la nostra Avana al margine della Storia (raffigurazione di un Mandela che non è venuto, che non abbiamo visto).

 

Orlando Luis Pardo Lazo

(da Diario de Cuba, 30 giugno 2010)

Traduzione di Gordiano Lupi

 

 

Foto dell’autore Orlando Luis Pardo Lazo

- in copertina:

Pubblico nel cinema “Yara”, durante la trasmissione di una partita del mondiale sudafricano

- in allegato:

Immagini di una partita al cinema “Yara”

Sostenitori dell’Argentina, di fronte al cinema “Yara”, all’Avana


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