Gustavo Arcos. A proposito del concerto de “Los Aldeanos” e del premio a “Revolutión”
11 Giugno 2010
HABANEMIA di Lia Villares: un blog irriverente, antiserio, giovane, nottambulo, artistico, libero, underground (sotterraneo), matto (schizofrenico), pornopolitico (anarchico), multiplo, frammentario...
(definizioni della sua autrice)
Ho letto con interesse i vari testi e commenti che circolavano nell’Osservatorio Critico connessi al concerto de Los Aldeanos. Non posso fare alcun commento sul concerto, non ero presente. Senza dubbio nel lavoro in due parti curato da Regina Cano si scivola su un concetto sbagliato collegato ai premi ottenuti dal Documentario Revolutión nella scorsa Mostra dedicata ai Nuovi Artisti. Lei inizialmente si sorprende per la vincita e poi insinua l’esistenza di una sorta di giochino segreto tra le istituzioni per la premiazione del documentario e che il concerto del cinema Acapulco sia una probabile conseguenza degli allori riscossi durante il noto evento cinematografico. Capisco che quando parla di istituzioni si riferisce al ICAIC e a la AHS. Non parlerò per loro anche se mi piacerebbe fosse chiaro, in quanto mi risulta che l’ufficio di Creazione Artistica del ICAIC, incaricato direttamente ogni anno di organizzare la mostra dei nuovi artisti non ha esercitato alcuna pressione nei confronti dei giurati perché concedessero o meno il premio dell’evento. Quelli che lavorano là, e sono stato molto vicino a loro, non confabulano con i giurati, né fanno accordi segreti per compiacere certi autori o istituzioni.
Ciò che ha sperimentato quest’anno il Comitato organizzatore della Mostra, in merito a pressioni esterne generate da pregiudizi malati nei confronti delle opere dei “nuovi”, basterebbe per scrivere un intero rapporto critico. Non è un segreto per nessuno che eventi come questo non piacciano in certi ambiti, specialmente in quelli che vorrebbero controllare il pensiero e la creazione artistica dei giovani. La mostra durante questa edizione ha affrontato momenti difficili che hanno messo seriamente in pericolo la sua realizzazione, conseguita grazie alla fermezza dei suoi organizzatori e infine dell’ICAIC. L’attitudine a difendere uno spazio come questo, ad appoggiare il cinema alternativo dell’isola e a credere nel dialogo con il nuovo pensiero artistico generato nel settore audiovisivo, ha provocato le sue conseguenze nella “ufficialità” che ha risposto censurando e mettendo a tacere l’evento, impedendo la sua diffusione attraverso i media. Il ruolo della Tv e della stampa in relazione a quest’ultima mostra è stato vergognoso e irresponsabile, ma questo è argomento di un’altra analisi.
Sono stato membro di una delle giurie, quella della facoltà di Mezzi Audiovisivi del I.S.A, che ha conferito a Revolutión il suo meritato premio. Anche l’Associazione Cubana di Stampa Cinematografica gli ha conferito il suo. Entrambi siamo stati pienamente d’accordo con i criteri adottati dalla giuria ufficiale che, come è noto, ha conferito al polemico documentario altre tre onorificenze nella sua categoria. Ognuno ha avuto le proprie motivazioni in tale decisione. Conosco perfettamente ognuno dei membri della giuria e so con quanto rigore e autonomia hanno lavorato. Per ciò che ci riguarda posso giurare che non c’è stata alcuna pressione esterna perché venisse conferito il premio a Revolutión, e ancor meno ha influito qualche rappresentante del ICAIC, AHS o di qualche altra istituzione perché fosse così. A onor del vero è accaduto l’esatto contrario. Ci sono state pressioni da parte di forze esterne perché NON si conferisse alcun riconoscimento al valido documentario, anche se bisognerebbe dimostrarlo. Per principio ed etica professionale la nostra giuria non ha accettato alcun tipo di intromissione nelle sue decisioni che certamente erano state prese molto tempo prima dell’evento, i giurati infatti iniziano a lavorare molte settimane prima del suo inizio. Se il documentario Revolutión avesse suscitato tanta antipatia nei circoli del potere, non avrebbero permesso di esibirlo e inscriverlo nell’evento. Una volta che viene accettato e che passa ai cinema, l’opera ha tutto il diritto di scegliere tutti i premi e riconoscimenti che merita. Personalmente non mi lega alcun rapporto di amicizia con i rappresentanti de Los Aldeanos, non conosco molte delle loro tematiche, tanto meno mi interessano le loro performance pubbliche, e per di più non sono un sostenitore di quel tipo di espressione musicale. Come critico, sto giudicando un’opera, non sto imponendo un gusto individuale e quel documentario aveva i crediti sufficienti dal punto di vista della sua realizzazione artistica e concettuale per essere premiato.
Coloro che pensano che il documentario serva solo da piattaforma per il discorso di protesta de Los Aldeanos e che l’opera sia solo un pretesto per fare una critica “volgare” allo stato attuale delle cose nella nostra società, avranno anche le loro ragioni e tutto il diritto di esprimerle, però quello stesso diritto spetta a Los Aldeanos e ai suoi centinaia di migliaia di sostenitori.
Come soggetti attivi della società, come fenomeni di comunicazione, come figure carismatiche che trasmettono idee e che fanno pensare anche la gente di quest’isola, devono essere oggetto di interesse per qualunque artista del modo audiovisivo. È un peccato che i nostri mezzi ufficiali, stampa e televisione, che si dicono al servizio del popolo, si mantengano ancora una volta distanti dalle dinamiche e dalle preoccupazioni che realmente attraversano questa società. Los Aldeanos, in assenza di altri mezzi per i giovani, si sono convertiti nei leader simbolici e allo stesso tempo tangibili della società o almeno di una parte di essa. I loro testi rappresentano realmente una “battaglia delle idee”, discutibile sì, però alla fine idee in tutto e per tutto preferibili a quella omogenea e noiosa retorica che ogni giorno vediamo nel programma “Mesa Redonda” e in altri spazi dove si diffonde il discorso ufficiale. Se centinaia di migliaia di persone seguono questo gruppo, qualche motivo ci sarà. La questione e l’intelligenza allora non consistono nello schierarsi dall’altra parte imponendo di tacere o censurando, se non, ed è molto difficile che ciò in alcuni ambiti venga compreso, cercando un dialogo con “l’altro”.
Successivamente alla mostra, il documentario, punito per i premi e per lo straordinario successo ottenuto nei confronti del pubblico, è stato rifiutato da tutti gli eventi di cinema e video ai quali si è presentato. Dimostrazione di cecità politica e di esercizio della forza. Una stana censura ufficiale, non riportata da alcun documento pesa su Revolutión impedendo che i comitati per la selezione delle opere, convocati abitualmente prima di ogni festival, lo apprezzino e infine lo ammettano ai concorsi. Al documentario è toccata la stessa sorte e lo stesso percorso di Fuera de Liga, importante film sul baseball di Ian Padrón, censurato per tanti anni. Ignorando le leggi più elementari della comunicazione e la ricezione contemporanea, coloro che cospirano e proibiscono l’esibizione di opere audiovisive come questa, come risultato ottengono solo l’accrescimento del loro valore, il loro ridimensionamento, creando con la loro censura maggior interesse da parte dei recettori. I film oggi troveranno svariate forme e metodi di distribuzione nei mercati alternativi e underground del paese, e allo stesso tempo troveranno forme che offrono “al nemico” motivazioni per sostenere le sue ragioni per il fatto che lo stato cubano è totalitario e quindi censura, limita o proibisce la diffusione delle sue opere artistiche. Se le istituzioni o altri stanno giocando al gatto e al topo con Los Aldeanos, si creano poco favore. Le loro canzoni, la loro musica, il loro documentario, il loro stile personale esiste, è un fatto, ed è arrivato all’anima di molti in quest’isola. Perdurerà sicuramente molto più degli stessi Aldeanos e persino delle stesse istituzioni o figure che oggi li ostacolano. Ci saranno molti altri documentari da realizzare. Il gioco non condurrà a nessun fine se in certe intenzioni del paese persisteranno la negazione e il rifiuto, la giustificazione e la pratica di nascondere la testa sotto la sabbia come lo struzzo, di fronte ai conflitti che emergono ovunque nella nazione.
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Dir. responsabile Enea Sansi - Reg. Trib. Sondrio n. 208 del 21/12/1989 - R.O.C. N. 7205 I. 5510 - ISSN 1124-1276