L'Ordine dei giornalisti del Lazio ha deciso di aprire un procedimento disciplinare contro un proprio iscritto, l'on. Massimo D'Alema, «per le frasi offensive» pronunciate contro il co-direttore de Il Giornale, Alessandro Sallusti, nel corso della puntata della trasmissione Rai “Ballarò” dello scorso 4 maggio.
Senza entrare nel merito, ché al massimo ci potrebbe interessare per i risvolti giudiziari e penali degli argomenti che hanno suscitato l'alterco tra i due giornalisti, dopo addirittura una settimana l'ordine di questa professione si fa sentire. Eppure, non ci sembrava che non avesse possibilità di intervenire più tempestivamente... avrà preso tempo per fare le proprie valutazioni politiche...
Per chi ancora non ha ben inquadrato la funzione degli ordini professionali nel nostro sistema di libertà e lavoro, l'occasione è ghiotta: un giornalista manda a farsi fottere un proprio collega, oltre agli scontati commenti di apprezzamento o meno (dipende dalla parte politica da cui ci si esprime), ci si aspetterebbe, se parte lesa si senta tale, che quest'ultima si rivolga ai giudici per ottenere soddisfazione. Ma non è così. Come nel mondo dei cavalieri a cavallo di un tempo: se un cavaliere manda a farsi fottere uno stalliere, finisce lì, ma se a farsi fottere è stato mandato un altro cavaliere... apriti cielo: la corporazione dei cavalieri interviene a tutela del buon nome dei propri affiliati. Corporazione di cavalieri che se qualcuno vuole fare il cavaliere, decide chi sì e chi no. Non solo, ma se qualcuno fa il cavaliere per un principe e non è iscritto alla corporazione, al principe gli levano le guarentigie e il cavaliere illegale viene marchiato a fuoco sì che tutti lo possano evitare.
Quanto sopra è quanto accade con l'Ordine dei giornalisti: decide -in nome della propria legge (quindi non quella uguale per tutti)- cosa sia libertà d'espressione e cosa sia libertà di lavoro.
E questo è quello dei giornalisti. Poi c'è quello degli ingegneri, dei medici, degli avvocati, etc. Grossomodo tutte le cosiddette libere professioni che, di libero, hanno conservato solo il nome.
Proprio come l'abbonamento o canone alla Rai (che è un'imposta obbligatoria): le parole vengono usate indipendentemente dal fatto che abbiano un'accezione contraria al loro significato. Va da sé che il potere politico non nasce dal Parlamento (dove si dovrebbe parlare) ma dalla tv, dove le fiction diventano realtà... Ops!... reality.
Vincenzo Donvito, presidente Aduc