Oblò cubano
Carlos Carralero. “A Cuba non si tortura... A Cuba non si uccide... A Cuba non c’è opposizione al regime...” 
Le bugie di chi nel paradiso cubano è riuscito a costruire un inferno
'Cazzo, è un'infermiera! Non è un Dama in Bianco!' 
07 Aprile 2010
 

«A Cuba non si tortura,

A Cuba non si uccide,

A Cuba non c’è opposizione al regime,

Cuba pratica l’internazionalismo proletario.

La colpa della miseria e di certi atti punitivi da parte del regime è dell’embargo e dell’assedio degli Stati Uniti».

 

Queste sono le affermazioni dell’erede del Bugiardo en Jefe, che eredita non solo il potere, ma anche una delle professioni (delle grandi attitudini) del fratello, la mitomania. L’unica cosa che non ha trasmesso il “Mitomegalomane en Jefe” al suo tenero fratellino è lo stile per sputare raffiche di menzogne, producendo nell’interlocutore una sorta di malefico incantesimo che spesso mortifica la sua intelligenza. Raúl Castro è diventato mostruoso non perché avesse le capacità innate per essere mostro, lo è perché è sempre stato un fantoccio del fratello, che, lui sì, aveva i geni della mostruosità. Non ho tanta urgenza di dimostrarlo, perché più argomenti di quelli che potrei fornire io, ce li fornisce la storia del castrismo stesso. E per capirlo basterebbe solo una minima dose di onestà, di intelligenza e di assenza di pregiudizi. Chiaro?

 

Raúl Fantoccio Castro (che dopo tutto, non è Castro bensì Mirabal, e questi sono pettegolezzi, di cui ora preferisco non occuparmi) sta copiando il vizio di bombardare con le vecchie menzogne del fratello (per linea materna), erede del dinastico totalitario potere castrista. Ripete il fantoccio che a Cuba non si tortura, ma lui, codardo, si permette di affermarlo cinicamente perché sa che i cubani non possono più parlare con i morti, che i castristi, prima di ucciderli, hanno torturato; nemmeno con i sopravvissuti possono parlare, visto che dopo anni di tortura in prigione, costoro già appartengono all’aldilà. E neppure con le vittime più famose, sopravvissute alle torture, che ora vivono all’estero. Ad esempio, il comandante Hubert Matos che vive in esilio dopo aver scontato la lunga pena di 20 anni nelle carceri dei suoi ex-compagni, i fratelli Castro.

 

Seconda menzogna. A Cuba non si uccide. Molte sono le testimonianze. Non solo quelle depositate nel libro di Pedro Corzo, pubblicato dalla casa editrice Spirali, ma anche quelle assai preziose che risalgono ai primi mesi della rivoluzione - la chiamano “robo-ilusión” - nel libro di padre Arzuaga, un cappellano che perduta la fede gettò le veste di sacerdote per poi pagare nel corso degli anni il suo debito con i cubani fucilati, scrivendo un libro di memorie sul carcere de La Cabaña a La Habana, dove Che Guevara, con il sigaro in bocca, ordinava le fucilazioni degli imputati ancora prima del processo. Ascoltate pure l’imputato, se volete, ma l’importante, non è l’argomento, bensì se conviene uccidere. Altrettanto faceva Raúl Castro a Santiago de Cuba. Un giorno si divertì a ordinare ai condannati di aspettare la morte sul bordo di un canale nei pressi del fiume San Juan, allo scopo di evitare a suoi seguaci la fatica di scavare la fossa.

Bisogna ascoltare le madri che trovano il coraggio di denunciare i crimini commessi contro i loro figli, o quelle meno coraggiose che si lamentano perché i loro figlioli giovanissimi sono stati uccisi in guerre in paesi africani: in Algeria, Etiopia e pure Angola, dove Castro mantenne un esercito di occupazione da ben 15 anni, e molti altri luoghi meno noti alla stampa mondiale. In America Latina, Castro ha evitato solo il Messico perché i governanti di quel paese sono stati i suoi eterni alleati in America Latina. Montoneros, Macheteros, Tupamaros, Farabundo Martí, Sandinisti, Nueva Joja, sono alcuni dei nomi di organizzazioni o guerriglie dove il dittatore ficcò il naso in America Latina. Per compiere queste nefandezze, Castro doveva portare a Cuba la fame e il lutto. Mentre il suo sporco alleato sovietico, mandava come fosse acqua fiumi di miliardi di dollari, Castro si occupava di esportare la sua “roboillusione” e di trasformare uno dei paesi più progrediti dell’America Latina negli anni Cinquanta, nell’isola della miseria: spirituale e materiale.

 

La terza menzogna, anch’essa facile da smontare, riguarda l’opposizione.

Non esiste opposizione, dice Castro. Per chi non lo sapesse, dovrei dire che con gli stessi metodi con cui Castro costrinse molti cubani a combattere Batista, alcuni oppositori hanno combattuto lui negli anni tra il 1960 e 1966, soprattutto sui monti dell’Escambray (luogo ben noto a molti turisti, perché si trova tra le città di Cienfuegos e Trinidad). Ma con metodi brutali e con il solito eufemismo e le bugie, Castro sterminò questi dissidenti. Prima disse al mondo e ai poveri ingenui cubani che coloro che lo combattevano erano dei banditi, e definì quel periodo storico eufemisticamente: Lotta contro i banditi. Ma la cosa peggiore non fu l’eufemismo del Bugiardo en Jefe, bensì il metodo brutale con cui trattò i suoi ex-compagni che usavano le stesse armi con cui lui aveva combattuto Batista. Saturno, allora, li isolò, internando i loro familiari e amici in campi di concentramento nella provincia più occidentale del paese, Pinar del Río. Con questi metodi Castro impediva il rifornimento di armi, cibo e medicinali ai partigiani. Ma i pochi che sopravvivevano a tale crudeltà, non potevano vedere i loro familiari, non sapevano nemmeno dove fossero i loro cari. Una delle tante forme del regime per divorare i propri figli.

 

Migliaia di cubani sono scomparsi nello stretto della Florida. Alcuni erano dissidenti attivi, altri cubani che non accettavano il regime e cercavano di scappare. Si stima che su ogni quattro persone che rischiano una simile avventura, almeno uno perisce. Sono più di settantamila i morti in quel tratto di mare. Ma le morti più drammatiche furono quelle del 1980 nei pressi del fiume Canimar, vicino a Varadero, spiaggia che gli europei si godono, anche se poi, non solo ci negano l’aiuto, ma per di più ci smentiscono quando raccontiamo il nostro terribile dramma. Nel 1980 un gruppo di cubani tentò di scappare su una barca e il governo ordinò di sparare, l’ordine fu dato dal segretario del Partito Comunista della provincia di Matanzas, tale Julián Rizo. La seconda tragedia si verificò il 13 luglio 1994, su una barca chiamata “13 marzo” (13 è un numero fatidico per i cubani, anzi tragico, perché un 13 agosto nacque il Saturno cubano). Questa volta il crimine fu più orrendo perché su questa barca morirono anche circa 20 bambini, il più piccolo aveva solo sei mesi. Ma la vicenda è ancora più tragica perché la guardia costiera cubana fece affondare il rimorchiatore dove si trovavano i fuggiaschi con i bambini. Le madri pregarono i poliziotti di salvare almeno i loro figli: per tutta risposta, i soldati strapparono i bambini dalle braccia delle madri con i getti d’acqua delle pompe. Difensori del castrismo, ditemi se un regime così ha la morale per continuare a governare.

Penso che le migliaia di morti cubani non possano essere giustificate da coloro che odiano gli americani, solo perché Castro è il presunto nemico del loro nemico. Non è serio condannare Pinochet e salvare Castro. NO, no!

Quando Castro ebbe compiuto la sua missione di sterminio di coloro che un tempo erano stati suoi compagni di lotta, a Cuba regnò per molti anni il terrore, quindi il silenzio. Fino al 1976, quando Gustavo Arcos Bergnes, (che nel 1953 era stato compagno di Castro nell’avventura dell’assalto alla caserma Moncada e si trovava in carcere per opposizione al regime) insieme a Riccardo Bofil, (che dopo aver scontato 12 anni di carcere ora vive in Florida) e altri amici hanno fondato la prima organizzazione pacifica a Cuba, il Comitato Cubano per i Diritti Umani. Da allora sono tante le organizzazioni di diritti umani fondate a Cuba, ma essendo totalmente illegali per il regime e quindi perseguitate, sono molto deboli.

 

Alla fine del mese di febbraio, una parte della nazione cubana si è commossa per la morte di Orlando Zapata Tamayo, detenuto in carcere per reato di opinione. Zapata non era stato condannato insieme al gruppo dei 75 dissidenti nel 2003, bensì qualche mese dopo. Perché? Perché il regime lo aveva sottovalutato e discriminato. Menzionando i più noti, il regime tentava di far credere ai cubani e al mondo intero che coloro che avevano processato con un giudizio sommario, erano agenti della CIA. Nel 1999, il governò emanò una legge (legge 88, chiamata “mordaza”, cioè legge del bavaglio). Con questa legge volevano non solo giustificare le proprie azioni repressive, ma anche proteggersi dalla critica internazionale, perché la legge in sintesi condanna i nemici dello Stato e della Rivoluzione per collaborazione con il nemico e per aver messo a repentaglio la sovranità di Cuba. Con questa legge si colpiscono gli stranieri che informano sugli avvenimenti di Cuba, accusandoli di propaganda contro il regime. È per questo che i corrispondenti a Cuba esitano a dare le notizie più compromettenti per il regime. Sempre per questo motivo un altro dissidente accusato nel 2003, Ariel Sigler Amaya, oggi sta morendo, in un ospedale dell’Avana, mentre la stampa accreditata a Cuba non scrive nemmeno una riga su questo dramma. La madre di Sigler, una delle esponenti delle Damas de Blanco che protestava sulla sedia a rotelle, prima di morire ha fatto un appello all’opinione pubblica affinché salvassero suo figlio. Che sta lentamente morendo di fame: ha già perso circa 60 chili di peso.

Possiamo chiederci per quale motivo Castro neghi l’esistenza di un’opposizione. La verità è che Castro sta applicando un consiglio machiavellico, che dice più o meno così: quando vuoi sconfiggere un nemico concentra tutte le tue forze su un punto solo. Il nemico di Castro sono sempre stati gli Stati Uniti d’America. Molti in tutto il mondo odiano il potere nordamericano e Castro trova conveniente fare la parte del piccolo e coraggioso Davide che affronta il gigante Golia. Il mondo deve capire che lui è costretto ad uccidere perché è solo un povero, piccolo Davide assediato dagli americani (assediato sì, ma dalla mancanza di principi, di scrupoli, dalla megalomania, dal suo eterno delirio di essere il primo, dalla sua paranoia e anche dei suoi complessi). Adesso il suo insignificante fratello diventa importante perché è anche lui un criminale, demagogo, a volte cinico, a volte ipocrita.

 

Quarta menzogna. L’internazionalismo proletario. È stata la patente di corso di Castro per uccidere non solo durante i combattimenti, ma anche commettendo crimini politici. Il Salvador e alcune altre nazioni potrebbero raccontare qualcosa in proposito.

 

Quinta menzogna. L’embargo americano. Una delle menzogne storiche più dannose per l’umanità. Perché la storia è in agonia, ferita da tante imprecisioni e inesattezze. Hanno parlato persino di blocco per mezzo secolo. Ma l’aspetto peggiore di questa disinformazione storica, di questo crimine mediatico è che gli ingenui ancora credono che Castro sia un uomo normale e che i suoi complici in tutto il mondo, per pregiudizi e odio, facciano volontariamente il lavoro sporco per Castro. Prima Cuba commerciava con tutto il mondo, tranne che con gli Stati Uniti, ma tramite paesi terzi la merce americana arrivava comunque a Cuba, almeno per i turisti e i collaboratori del regime. Che sia chiaro questo, eh! Adesso, dal 2007, gli Stati Uniti sono diventati il quinto partner economico di Cuba. Solo che il governo è carente di liquidità per pagare e carente anche di morale per pagare al popolo cubano il debito per averlo ingannato, torturato, ucciso, per avergli tolto quello che gli toccava per fare invece guerre, scatenare violenza nel nome della solidarietà e dell’internazionalismo; e per avergli impedito di giungere alla distensione con gli Stati Uniti sotto la presidenza di Lyndon Johnson, nel 1965. Castro allora rispose con la crisi migratoria che i cubani chiamarono Vuelos de la Libertad. Nel 1980, Castro la combinò grossa al tenero Carter con la crisi dell’ambasciata del Perù, e l’apertura del Porto del Mariel, all’ovest dell’Avana: svuotò manicomi e carceri e mandò il peggio dei delinquenti e una buona quantità di agenti. Nel 1996 fu la volta di Clinton. Castro gli fece un bel regalo; gli mandò decine di migliaia dei balseros. Solo i cubani, tra tutti gli ingegnosi disperati del mondo, hanno osato lanciare nell’oceano i camion-zattere (i “camionauti”).

Se Obama non ha ancora ricevuto la dose completa di vandalismo politico castrista è perché Fidel Castro non è più in condizione di creare una manovra politica. E a Raúl, benché sia un uomo terribilmente cattivo, manca la stoffa di mostro di cui è fatto il fratello Fidel fin da quando era in grembo di Lina Ruz.

 

È così che nel paradiso cubano i fratelli Castro hanno costruito un inferno.

 

Ditemi, se quest’uomo merita il rispetto di chi, assumendo la difesa del Castrismo offende la dignità di tanti cubani. Difensori del castrismo, riflettete, per favore!

 

Carlos Carralero


TELLUSfolio - Supplemento telematico quotidiano di Tellus
Dir. responsabile Enea Sansi - Reg. Trib. Sondrio n. 208 del 21/12/1989 - R.O.C. N. 7205 I. 5510 - ISSN 1124-1276