La normativa nazionale -così come gran parte di quella regionale- prevede che da 180 giorni prima delle votazioni sia possibile iniziare la raccolta delle firme sulle liste di candidati, su moduli conformi alle indicazioni del Ministero dell’interno o su quelli predisposti dalle Regioni che hanno adottato delle proprie leggi elettorali. Il numero dei sottoscrittori varia a seconda della popolazione e della legge regionale.
L’onere della raccolta firme, nata per difendere la democrazia ed arginare le candidature temerarie e le liste senza rappresentatività, è invece divenuto uno strumento per impedire l’accesso alle elezioni di quelle forze politiche che vivono fuori dal recinto partitocratico. A fronte delle migliaia di sottoscrizioni, autenticate e certificate, complessivamente necessarie per presentare le liste, è praticamente impossibile raccogliere legalmente le firme per una forza politica priva di consiglieri comunali e provinciali.
Come dettagliatamente denunciato dalla Lista Bonino-Pannella:
- i cittadini italiani non sono stati in nessun modo informati, tantomeno dal servizio pubblico Rai in violazione della legge, delle modalità del procedimento elettorale né del loro diritto di sottoscrivere le liste di candidati;
- 200 mila persone, cui la legge affida la funzione di autenticare le firme, non hanno ricevuto nessuna disposizione per esercitare utilmente il loro potere-dovere di farlo;
- Comuni, Province, Tribunali e Procure non hanno predisposto ed organizzato un servizio pubblico di autenticazione, che la legge prevede possa svolgersi anche al di fuori degli uffici comunali;
- il 75% dei Comuni non si è dotato della PEC (posta elettronica certificata), obbligatoria dal 30 giugno 2009, e ciò impedisce di inviare a costi ridotti e tempestivamente le liste provinciali da far sottoscrivere ai cittadini (l'alternativa è quella di inviarle a costi elevati, mezzo corriere, ai Comuni).
A fronte di questa situazione di assoluta illegalità e incertezza, appare necessario quantomeno intervenire sulla possibilità che i cittadini possano, in base alla legge e al principio di autocertificazione, apporre la propria firma sulle liste cui poi deve essere annotata la certificazione elettorale e vagliate dalle rispettive Corti d'Appello. È questo il senso del disegno di legge depositato con il senatore Marco Perduca “Disposizioni per l’autenticazione delle firme negli atti presentati agli uffici elettorali”.
Non si tratta di una sovrapposizione di strumenti, perché la modalità tradizionale viene mantenuta per le firme rese collettivamente: qui ha senso che un soggetto terzo controlli la libertà del volere dei sottoscrittori, che proponendosi come gruppo potrebbero connotare di coercizione indebita l’adesione del singolo.
Quando invece la sottoscrizione è dell’individuo, in un atto singolo, è sufficiente far capo alla modalità dell’articolo 38, comma 3 del D.P.R. n. 445, che contempla l’allegazione di una fotocopia del documento di riconoscimento valido nella parte in cui reca la firma del titolare. La presentazione può essere delegata a chi raccoglie gli atti e, pertanto, fa da tramite non già per l’espressione della volontà, ma per la comunicazione della stessa all’Ufficio elettorale: in tal modo si salvano le esigenze di libertà del volere e, nel contempo, si snelliscono quelle di sua trasmissione all’organo amministrativo, il quale potrà sempre esercitare (ex ante o ex post, in integrale o a campione) il controllo sull’autenticità delle firme visionando quelle apposte sul documento di riconoscimento fotocopiato.
Donatella Poretti