Diario di bordo
Gigi Fioravanti. Giorno della memoria. Domande
25 Gennaio 2010
   

La memoria è un giorno o una vita; sta in una legge dello stato o scolpita dentro il nostro cuore? Giova veramente alla memoria comandarla con una legge dello stato?

E ancora: la memoria ci insegna a non ripetere gli errori e gli orrori del passato, o ci insegna soltanto a sapere che quegli errori e quegli orrori si ripeteranno?

Ciascuno risponde secondo le sue convinzioni, le sue esperienze, le sue speranze.

 

Ma se è vero che il passato dice cose che riguardano il futuro, come afferma lo scrittore uruguaiano Edoardo Galeano, chi è senza memoria è come cieco. La memoria è un dovere, un imperativo categorico.

Dobbiamo, come sostiene Moni Ovadia, dare al significato di Olocausto (Shoah), un significato più universale; la Shoah è un crimine non soltanto contro gli ebrei, ma contro l'umanità intera; la sua memoria è affidata a tutti gli uomini. Come è affidata a tutti gli uomini la memoria di tutti i genocidi e i crimini contro l'umanità: degli armeni, degli ebrei, degli zingari, degli omosessuali, degli undici milioni di morti di ogni nazione che morirono nei lager nazisti, dei cambogiani, dei ruandesi, degli indios d'America (il più grande genocidio della storia, secondo Todorov).

La memoria si deve universalizzare, non si deve nazionalizzare, perché il nazionalismo corrompe anche la memoria e ne fa un uso politico (come succede purtroppo in Israele in cui i governi strumentalizzano l'olocausto per mettere a tacere ogni critica nei confronti della politica di occupazione e confisca dei Territori palestinesi). Essa è dovere universale.

E valore universale hanno le parole di Primo Levi che fanno da epigrafe al suo libro Se questo è un uomo. Levi dice: «considerate se questo è un uomo, se questa è una donna»; non si riferisce soltanto all'ebreo, ma ad ogni uomo, ad ogni donna. E il suo terribile ammonimento finale si rivolge a tutti.

 

 

Shemà

 [Ascolta]

 

Voi che vivete sicuri

Nelle vostre tiepide case,

Voi che trovate tornando a sera

Il cibo caldo e visi amici:

 

Considerate se questo è un uomo,

Che lavora nel fango

Che non conosce pace

Che lotta per mezzo pane

Che muore per un sì o per un no.

Considerate se questa è una donna,

Senza capelli e senza nome

Senza più forza

di ricordare

Vuoti gli occhi e freddo il grembo

Come una rana d'inverno.

 

Meditate che questo è stato:

Vi comando queste parole.

Scolpitele nel vostro cuore

Stando in casa andando per via,

Coricandovi alzandovi:

Ripetetele ai vostri figli.

O vi si sfaccia la casa,

La malattia vi impedisca,

I vostri nati torcano il viso da voi.

 

(Primo Levi, 10 gennaio 1946)


gigi fioravanti


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