19-04-2009 | Da sottolineare, come anche altrove, il consueto, accuratissimo - oltreché creativo - intrattenersi di Patrizia Garofalo nei “dintorni del testo”, e nella fattispecie sulla descrizione della copertina del libro quale elemento tutt’altro che marginale - un dato non esterno, insomma - che al contrario spesso enfatizza, emblematizza o si limita unicamente ad anticipare, attraverso un codice diverso da quello verbale, i temi-simboli-ossessioni contenuti o solo allusi dal libro stesso. Così come non è trascurabile la sottolineatura del dualismo che qui caratterizza - alla stessa maniera della scissione dei personaggi - la provincia, “città-protezione” nel suo essere defilato, quasi mimetizzato dal mondo, ma anche tragico teatro di “cattive storie”.
Particolarmente interessante, inoltre, è l’utilizzazione della prospettiva pirandelliana, con cui la Garofalo inquadra il proprio discorso, in un perlustrativo climax ascendente che va dalla ricerca della “dimensione del contrario” nei singoli personaggi (e l’atto del fischiare di uno di essi starebbe a significare quasi una citazione da parte dell’autore, magari ricontestualizzata in una compagine psicologica differente) alla definizione dello scrittore quale “personaggio in cerca d’autore lui stesso”, un “io narrante quasi intrinseco al testo”, espanso, effuso, inoltrato nel testo, emotivamente calato nei luoghi del racconto, “ che si intrufola nelle vicende” non senza lasciar traccia delle proprie incursioni. In un inesausto trascorrere e oscillare tra la terza persona narrativa e l’intrusione del soggetto narrante - un fluttuante “tramite del ‘si dice’” - che anela a spiegarsi attraverso la dimensione scritturale. Anche perché, scrive la Garofalo, lungo le pagine di Gordiano Lupi finiscono per fondersi e per convergere “ricordanze” e attualità, cognito e incognito, poesia e prosa, passato e presente, con il risultato di un incessante e straniante spostamento di codici e di una dilatazione della sfera della temporalità, che conferiscono al testo il suo carattere proprio di messaggio ambiguo e inafferrabile.
Elisabetta Brizio | 11-04-2009 | i libri che valgono non ritengo possano essere contestualizzati in un genere.
Ho da sempre la fobia delle cornici e dell'inquadramento se non generico quasi mai necessario.
Un libro suscita emozioni, letture multiple, accoglie chi come me non conoscee e forse non amerebbe il pulp, e concede la possibilità di rielaborare ad ognuno, strumenti pregressi e riadattarli e quindi, si concede generosamente ad essere più volte riletto e ogni volta con formule nuove e nuovi orizzonti.
Altrimenti l'arte e l'artista sarebbero defraudati dall'originalità irrepetibile della propria identità. patrizia garofalo | 11-04-2009 | I miei modesti racconti pulp - ché quello sono, ispirati al cinema di genere italiano e alla narrativa di Lovecraft e Poe, ma più estremizzata - paragonati ai temi pirandelliani. Troppo onore e non merito tanto.
Gordiano Lupi Gordiano Lupi |
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