Enrico Marco Cipollini. Viaggiarsi dentro
 
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   19-10-2013
“Chi conosce sé non può desiderare il male, donde ne deriva il relazionarsi interiormente e andare verso l’altro da me” (cit.)da qui il bisogno di riconoscere pulsioni e desideri inconsci, sepolti nel mal-essere mai riconosciuto, mai ammesso. Ecco io mi soffermerei su questo punto del saggio che ha la virtù di farci riflettere sul bisogno di ciascun uomo di prendere in seria considerazione e intimamente lo studio attento e intimo delle proprie fragilità. Quanto del nostro agire infatti è dettato dalle paure inconfessate e inconfessabili e dalle insicurezze di non essere presenti a sé stessi, non strutturati a dovere. Da qui l’invito al viaggiarsi dentro badando bene di capire le paure e i limiti che nel viaggio e nel percorso di vita verranno presi in considerazione all’esame finale di ciascun uomo. Enrico direbbe c’è bisogno di non arrivare impreparati alla morte, c’è bisogno di farsi attraversare dall’inquietudine perché questa sia cassa di risonanza di un sentire vivo, una preparazione consapevole e dinamica alla vita e alla morte e quale miglior preparazione se non arrivare all’esame finale lucidi, dolorosamente consapevoli dei limiti ma anche delle conquiste fatte. Quanta luce, quale respiro nel rivendicare sé stessi davanti all’atto finale della morte, lasciando agli altri la nostra memoria, il nostro percorso personale in eredità, il nostro insegnamento ed infine il nostro affetto . Paradossalmente scoprendosi anima nuda e fragile ci si riveste del nobile mantello dell’umana fierezza d’essere, quell’essere uomo che piange e ride senza remore con lo sguardo attento all’anima pulsante. Un invito al viaggio dentro di sé per giungere all’unica vera Itaca : la percezione d’esser vita nella morte.
Rosaria Chiariello   
 
   16-10-2013
Ciao Enrico. Eccomi, in ritardo, ma ci sono....

L’uomo, un unicum non disgiunto dal sé, microcosmo nel macrocosmo.
“Viaggiarsi dentro”…è appunto il viaggio della nostra anima, è il percorso della nostra esplorazione interiore, sono le nostre tante vite che si toccano, si incontrano, si intersecano, si intrecciano, si analizzano, l’una interdipendente e in rapporto alle altre.
Ed è un viaggio infinito, a volte tortuoso, colmo di pieni e di vuoti, ascese e cadute, una lenta e a volte veloce costruzione di una cattedrale i cui archi congiungeranno nel tempo le cause alle loro lontane conseguenze, dando vita ad una complessa basilica.
Ma nella sua complessità nasconde un certo ordine, almeno apparente, minuziosi affreschi di vita, così come la vera natura viene dissimulata dietro gesti consueti.
E la vita continua, più forte del dolore, alla recerche…..”Ogni personaggio della ricerca sono io….” (Marcel Proust).
E allora, siamo tutti Ulisse e partiamo tutti da Itaca, il porto e l’approdo sicuro dove molti vogliono tornare dopo l’Odissea, l’avventura della vita, delle tentazioni, dei dubbi, di inutili certezze, di lotte, di inquietudini spesso non risolte.
Ma siamo tutti anche Penelope e il suo viaggio fermo, intimo, solitario, figura femminile disegnata dal modello maschile e relegata al ruolo che la società puritana del tempo le ha assegnato dopo la società matriarcale. E il risultato di questa cultura arcaica è quasi la negazione del sé per corrispondere in pieno al compito assegnatole quale prototipo di moglie fedele e madre, satellite e non sole che brilli di luce propria.
E dopo tanto veleggiare, Itaca, a volte, puo’ non rappresentare più il nostro faro di riferimento o più semplicemente possiamo non riconoscerci più, anche piacevolmente, in quell\'essere partito tanto tempo prima. Possiamo in qualche caso parlare di evoluzione o, eccezionalmente, di illuminazione.

Grazie, Enrico. Leggerti è maggiore comprensione anche della propria vita interiore. Lou


lucrezia abbrescia   
 
   11-10-2013
Semplicemente commossa...merveilleux Philosophe des temps actuels...cette certitude que la Modernité a voulue m'arracher depuis l'aube de mon Printemps, mon essence n'a jamais pu l'oublier.Je suis mon Chemin pétri de l'Autre et sans cette empathie qui me brûle le coeur face à la douleur de la condition humaine, je ne serais qu'un pantin articulé par mon temps.Mon coeur te remercie, te connaître,c'est entendre une voix du fond des âges qui redit la profondeur d'un Etre humain, impalpable,jamais quantifiable.Je te partage sur ma page d'auteur modestement mais le coeur heureux.Laura Klemm
KLEMM Laura   
 
   09-10-2013
Odisseo...il viaggio dell\'uomo alla ricerca della conoscenza, periglioso e, spesso, infruttuoso immergersi nel procelloso mare dell\'ignoto che può stupire, indignare, ammaliare ma mai appagare. viaggio affascinante, incantevole ma poco duraturo...perché una porta chiusa si parerà davanti, a un tratto, come un impulso che arriva da profondità remote, come un incantesimo buono foriero di doni benigni così nitido da parer vicino, ma è solo un atto di filantropia divina a sollevarlo dalla cavità impressionante del vuoto. una porta da oltrepassare e indagare in ricognizione solitaria per scoprire l\'intima essenza delle cose, dell\'universo, dell\'uomo, di sé....il ritorno alla propria Itaca ed al talamo nuziale dove l\'anima cerca sé stessa.
rosaria esposito   
 
   09-10-2013
Buongiorno Enrico, molto bello e chiaro. Non rinunciare al viaggio dentro di noi, per riappropriarci di noi stessi attraverso una "rinuncia di sovranità" che possa stabilire un nesso tra di noi e la parte di circostante che vediamo. Ma questo viaggio si svolge in acque amniotiche. Il velo della nostra personale placenta, che il circostante ci ha impresso addosso al momento della nostra venuta al mondo, ci limita.Dopotutto aprirsi agli altri espone a molti rischi, ma esporci, nudi, a noi stessi ne comporta di più. Come sopportare la faccia torva del noi stesso che ci aspetta, in anse che credevamo perse. Tutto invece ha conservato, rimosso dietro stive improvvisate. Dietro un dolore, una miseria, una improvviso sussulto di grandezza. E gli altri..è così facile andare loro incontro, restarne delusi o feriti. O graziati di un breve riposo, guardando insieme quell'essere in divenire, Dio mio, poter affidare a qualcun altro la vista di quell'essere, non riesco ad immaginare nulla di più sublime e coraggioso. Ma questo comporta accettare di mettersi in gioco. E cosa offrire in cambio, se non stracciate vele che riprendano il viaggio. Non è forse, la vita, essa stessa viaggio, e brevi approdi, inesausto libeccio. Per concludere
Lucia D'alessandro   
 
   09-10-2013
Quando parliamo di viaggi, il nostro pensiero vola verso luoghi del nostro meraviglioso pianeta che ancora non abbiamo visitato, viaggiare per il mondo è un'esperienza bellissima, ma non è tutto. Esiste infatti anche un altro tipo di viaggio al quale raramente volgiamo la nostra attenzione: è il viaggio dentro noi stessi, dove un mondo ancora più vasto di quello che c'è fuori aspetta di essere scoperto e valorizzato.

Il viaggio più emozionante e mai finito è un viaggio nel nostro mondo interiore, un mondo, in molti casi, destinato a rimanere inesplorato. Dentro di noi ci sono paesaggi di una ricchezza insospettabile e spesso non ne siamo consapevoli, oppure, anche se lo sappiamo, ne abbiamo timore, abbiamo paura di scoprire quello che tale esplorazione potrebbe rivelarci. Paradossalmente ci sentiamo molto più sicuri a visitare i luoghi più impervi della Terra, piuttosto che la nostra interiorità, ed è per questo che, spesso, ci rinunciamo commettendo un grave errore.
Tuttavia è nel nostro modo interiore che risiede la nostra vera natura e, con essa, la nostra possibilità di essere felici. Se non andremo a conoscerlo, vivremo solo a metà.
Indaghiamo dunque con onesta anche brutale verso noi stessi, i nostri paesaggi interiori e, con essi, le nostre risorse nascoste, i nostri talenti inespressi, i nostri desideri più profondi, le nostre capacità. In questo viaggio apparentemente solitario saremo obbligati a fare incontri che ci arricchiranno comunque anche laddove ci sembrerà il contrario. Ciò che conta è lasciare che questi incontri si compiano, non importa dove ci porteranno. Bisogna saper rischiare, mettersi in gioco perché la posta è alta. Possiamo vincere la scoperta di noi e dell'altro. L'umanità chiama e noi dobbiamo rispondere, Itaca è solo un approdo. Altre isole e altre ancora sono lì selvagge e in attesa di noi. Grazie Enrico Federica

Federica Bonzi   
 
   08-10-2013
L'uomo è.
Universo. Perso. Trovato. S-conosciuto di ciò che davvero vuol essere.Il libero pensiero di Enrico così simile a quello Greco mette le ali alla mente di qualsiasi individuo,non esistono perimetri al perpetuo evolversi dell'uomo dentro l'uomo,abbozzo un sorriso d'indaco se poi il pensiero giunge all'amore,non il falso ma l'alato,il puro colui che è verbo. L'uomo?Verbo di sé stesso?
Amleto dissere essere o non essere è questo il problema?
No,noi siamo.
Un quesito il tuo prof che merita attenzione ed introspezione profonda,parole semplici senza equivoci che definiscono appieno il senso di quel verbo essere inteso come è.
L'amore è.
L'uomo è.

Grazie Enrico Marco

Matteo Crosera


Matteo Crosera Teo   
 
   08-10-2013
Veramente bello, Enrico Marco, illuminante ! Grazie. Noi siamo un cercarsi, noi siamo il viaggio, siamo la barca e il passeggero, siamo la vela e il vento in comunione con il mare...
Stefania Minnucci   
 
   08-10-2013
A meno che per Itaca, non si intenda \"il ritorno a sé\" quel ritrovarsi per poter essere, la patria dalla quale solo si può ripartire,permettersi nuovi viaggi sapendola in noi. Bellissima riflessione Enrico,chiara, esaustiva e ben collocata, Grazie.
Mirella Cassina
mirella cassina   
 

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Dir. responsabile Enea Sansi - Reg. Trib. Sondrio n. 208 del 21/12/1989 - R.O.C. N. 7205 I. 5510 - ISSN 1124-1276