Uno dei poliziotti condannati insulta Federico Aldovrandi e la sua famiglia
 
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   30-06-2012
le scuse del poliziotto non sono valse niente e la mamma di federico non ha ritirato la denuncia. Da Milano la notizia di due poliziotti indagati per aver causato con un pestaggio 40 fratture ad un uomo ubriaco. Stavolta però non c'è stato nè appoggio nè tentativo di copertura dai rappresentanti delle forze dell'ordine. Forse tutto insegna. Almeno si spera.
patrizia garofalo   
 
   26-06-2012
Dentro ciascuno di noi c'è la matrice che ci lega alla nascita. Siamo figli. Mai vorremmo vivere il fiume di dolore di mamma Patrizia e papà Lino, e del fratello di Federico,Stefano, perchè lui è stato privato del suo unico fratello, come i genitori sono stati privati del loro amato figlio primogenito. Io sarei impazzita. Patrizia,Lino, la forza che avete saputo adoperare per arrivare alla giustizia è davvero frutto di tutto l'amore che avete vissuto verso vostro figlio, per tutti i giorni che vi hanno visto insieme.
Cosa spinge una persona come il Forlani a scrivere, inveire, insultare chi già tanto ha sofferto? Lui fa parte dei quattro che hanno contribuito a stravolgere la vita di una famiglia normale. Queste quattro persone che hanno scelto (nessuno li ha obbligati) di fare i poliziotti, figure sociali che dovrebbero rappresentare una tutela al cittadino.
Vorrebbe mai questo poliziotto ricevere le parole che ha scritto? o vorrebbe mai fossero indirizzate a un suo caro di famiglia? perchè penso non sia padre un uomo che scrive cose così orribili. Non prova vergogna?
Questa persona ha necessità di essere rieducato.
C'è un limite a tutto, le sue parole sono un vilipendio alle persone, un'efferatezza volgare pubblica che merita una giustificatissima e severissima punizione. Dovrebbero cambiare lavoro questi 4 poliziotti: da poliziotti a guardie carcerarie, almeno starebbero dentro fino alla pensione almeno 8 ore al giorno.
Patrizia, Lino e Stefano vi ho nel cuore, Federico vive nel cuore di tutti.
Mamma Maria Grazia   
 
   26-06-2012

Grazie alla famiglia Aldovrandi per la tenacia con la quale ha perseguito dignità e giustizia per la morte del loro figlio Federico e per avere aiutato tutti i cittadini nel prendere coscienza di quanto l'Italia possa essere profondo il lato oscuro di questo Paese.
Non lasciatevi scaoraggiare dalle minaccie di chi ha sempre solo vissuto nell'impunità.

Gianfranco Schiavone (componente del direttivo dell'Associazione per gli Studi Giuridici sull'Immigrazione)
Gianfranco Schiavone   
 
   26-06-2012
Sostengo in pieno l'iniziativa di Patrizia per denunciare lo sdegno e l'orrore che atti così vergognosi suscitano. la mancanza di ritegno e di rispetto per la tragica morte di un ragazzo, il dolore della sua famiglia e di quanti conoscevano Federico, me compresa, denotano l'inciviltà e la vigliaccheria di persone indegne di essere chiamate tali.
Grazie Patrizia
Paola
Paola Sarcià   
 
   26-06-2012
è difficile capire dove stia l'atto più odioso. escluso il terribile e barbaro gesto in sé, resta la supponenza di uomini che si nascondono dietro uno schermo per insultare una madre a cui hanno già inflitto atroci dolori. resta la farraginosità di una giustizia a doppia velocità e impunità. la barbarie di un accanimento nel ricordo. l'inutilità delle parole a caso, perché tanto la memoria non è più di questo mondo. resta solo la presenza. la necessità di affermare, a costo di insultare. di deridere. di umiliare. credo poco in ogni tipo di giustizia, e me ne dispiaccio. me ne dispiaccio perché non sono sempre stato così, ma certi eventi mi ci hanno fatto diventare. è successo a me e a molti altri, purtroppo succederà ancora. credo, però, nella memoria. nel ricordo. nella forza della parola ragionata, nata da una riflessione. da un'indagine. una parola che sia sentimento, o poesia, o storia. una Parola, con la P maiuscola. ha ragione patrizia a ricordare e a puntare il dito. e ha doppiamente ragione a chiedere che tutti facciano lo stesso. che tutti partecipino, scrivano o gridino a squarciagola. ha ragione a chiedere silenzio per le sofferenze di una madre, e a rimarcare lo scempio verbale che segue l'atto in sé. la vigliaccheria che segue la barbarie. che le Parole diano sollievo e speranza. e che non permettano di dimenticare ciò che non può essere dimenticato. ciò che non deve essere dimenticato.
Andrea Gratton   
 
   26-06-2012
Condanno l'accaduto e esprimo la mia solidarietà alla famiglia.
luca vitali   
 
   26-06-2012
La "moda" di garantire giustizia prima ai colpevoli e poi alle vittime, in Italia, sta sfociando nell'assurdo. Certa gente perde ogni freno e non ha ritegno.
Tutto questo deve finire! Che torni il rispetto!
Grazia Mus.   
 
   26-06-2012
Il caso di Federico è una ferita aperta, una ferita che sanguinerà sempre nei cuori di chi ama la pace, la nonviolenza, la giustizia, la libertà. L'accanimento contro la memoria del giovane martire dell'iniquità poliziesca e istitituzionale è purtroppo emblematico dello spirito che anima l'autorità, in Italia. Da parte nostra, con il Gruppo EveryOne, ci siamo trovati tante volte a confronto con la violenza e la crudeltà delle forze dell'ordine. Solo chi desidera illudersi di vivere in un paese civile ritiene che si tratti di casi isolati, che la stragrande maggioranza delle forze dell'ordine siano degne e corrette. In realtà, non esiste un progetto di educazione ai diritti umani rivolto agli uomini in divisa, che spesso aderiscono a ideologie autoritarie e sadiche. Esiste poi uno spirito di corpo deviato che pone gli agenti nell'impossibilità di denunciare i colleghi che si macchiano di atrocità. Bambini, donne, uomini: se appartengono a minoranze indifese, sono quotidianamente vittima delle forze di sicurezza. Quanto sangue innocente! Quante botte! Quante torture! Quante umiliazioni! Se poi - anche con la nostra assistenza e assistenza legale - qualcuno prova a denunciare tali violenze, ecco che scattano ritorsioni di ogni genere. Gli agenti denunciano i malcapitati per "resistenza", "oltraggio", "calunnia". Recentemente, un magistrato ha condannato a un anno e mezzo di carcere un poveraccio pestato a sangue da alcuni agenti. Il motivo? Sembra incredibile: l'uomo, ancora sotto choc, ha dichiarato al giudice che il manganello gli aveva "fatto saltare un dente", mentre in realtà il dente, seppure traballante e sanguinolento, era ancora nella sua bocca. Ed ecco, puntuale, la condanna per "calunnia". Così funziona il sistema e noi attivisti per i diritti umani dobbiamo difenderci costantemente dalla stessa persecuzione che colpisce le vittime delle divise, subendo intimidazioni, minacce, provvedimenti da parte dei questori, pedinamenti, abusi giudiziari. I giovani e i giovanissimi sono particolarmente esposti alla turpitudine degli agenti, i quelli sanno bene come provocare nelle vittime inesperte una tale vergogna da astenersi poi dal denunciare gli abusi. Da parte nostra, abbiamo dedicato idealmente alla memoria di Federico la nostra vittoria giudiziaria a Pesaro: un caso più unico che raro nel quale la verità, di fronte ad agenti, è divenuta sentenza (ma dopo un calvario legale). Grazie, Patrizia. Sosteniamo e diffondiamo il tuo intervento, che è una fiaccola di giusto sdegno nelle tenebre di una civiltà che agonizza galleggiando nell'indifferenza.
Roberto Malini   
 

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