25-05-2010 | Dire tutto da soli è umanamente impossibile in qualsiasi ambito... Comunque grazie per l'apprezzamento. Giordano Eddy | 25-05-2010 | ha detto tutto da solo, bene.Io intanto ho acquistato il libro in questione.
la saluto anch'io caramente.
patrizia patrizia garofalo | 25-05-2010 | Per illazione? Una deduzione talora immotivata, che potrebbe condurre a falsificazioni o a conclusioni arbitrarie, come a volte capita di leggere nell'interpretazione di un libro. Una forzatura del testo del quale si fa emergere perlopiù ciò che ci è maggiormente congeniale o affine: il lettore "lo ripercorre con il proprio io" lei stessa dice.
Quando coloro che scrivono in solitudine sentiranno il bisogno della parola degli altri forse cesseranno di essere artisti.
Saluti cari a lei, Giordano Giordano Eddy | 25-05-2010 | Distinguevo, mi creda senza polemica, la psicologia dall'introspezione in quanto quest'ultima costituisce un ramo preciso di essa. L'opera contiene un progetto che però spesso viene fruito in modo inaspettato anche per l'artista stesso che non ha preciso nel suo scrivere se e quando raggiungerà il pubblico, che probabilmente pensa di essere catartico solo a se stesso nel gesto della scrittura. Quanto volevo intendere è che proprio alla pubblicazione la risposta del lettore è fondamentale , diventa quasi intrinseca al testo, gli offre voce, lo ripercorre con il proprio io , lo fissa nel tempo e nel suo percorso di vita.
In breve lo trafuga all'autore e se ne fa donazione.
Certo, tanti scrivono e non pubblicano . Sono lo stesso artisti e ci sarà il momento in cui la loro solitudine avrà desiderio della parola degli altri.
la saluto caramente. ma cosa intende per illazione?
patrizia
patrizia garofalo | 25-05-2010 | Dire “sarebbe opera morta se rimanesse tale” è sacrosanto, tutta un’estetica si è occupata dell'aspetto della ricezione e dell’interpretazione. Ma atteniamoci più prosaicamente alla realtà dei fatti: “l’estensione totale dell’opera a chi ne fruisce”, come lei dice, è una frase troppo vaga e soggetta a parecchie controindicazioni. Non dimentichi che l’opera contiene un progetto e non può essere aperta a tutte le illazioni possibili. Inoltre, non vedo differenze sostanziali tra psicologia (detto così, non in senso tecnico) e introspezione. L’arte come “generosità”, che asseconderebbe “l’emozione di chi la vede”, lei dice: tenga presente che ci sono artisti che neanche rendono pubbliche le loro opere. Come mai? E soprattutto non dimentichi l’aspetto narcisistico del “creare”, o quello che genericamente viene definito catartico: entrambi sono ben lontani dal trarre origine da un contesto di "generosità", o di astratto altruismo. Spesso è proprio l’autocompiacimento che spinge a creare e a pubblicare. Secondo lei, quale artista, nell’atto del creare, tiene presente le commozioni altrui? Giordano Eddy | 25-05-2010 | sarebbe opera morta se rimanesse tale.
e il resto ,a mio avviso, non è psicologia ma introspezione che in alcuni casi diventa un 'estensione totale dell'opera a chi ne fruisce con la proprie esperienze culturali ed umane.
patrizia patrizia garofalo | 24-05-2010 | Verissimo, tranne un particolare: la distinzione tra arte e interpretazione. L'opera resta l'opera, tutto il resto è psicologia Giordano Eddy | 24-05-2010 | "insieme senza sovrapporci"
ritengo che l'arte sia proprio qui, nella generosità della pluridimensione che diventa altro dal creatore, asseconda l'emozione di chi vede, segue percorsi individuali ,specchio d'anime , senza memorialismo, senza autompiacimento e mai dimentica di un cammino condiviso e riflesso dalle altrui commozioni.
patrizia garofalo patrizia garofalo |
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