News di TellusFolio http://www.tellusfolio.it Giornale web della vatellina it Copyright: RETESI Carlo Forin. Autunno 2024 L’autunno è noto a tutti come una stagione. Lo studio del passato ne fa qualcosa di più grande: il nome di un anno in zumero. L’anno zumero era tutto il tempo. Aveva un nome e non un numero per che era un dio. Nel Capodanno, la dea della vita si univa col dio della morte col miracolo della nascita dell’anno nuovo, mentre era temuto che il matrimonio sacro non avvenisse col pericolo del caos con la confusione dei morti tornanti tra i viventi e la dissoluzione del dur- an- ki, ovvero del perdurare dell’unione del Cielo con la Terra. In latino autumnus, all’indicativo, sillabato in zumero: a-u- tum- nus. Leggo dal centro: “portar via (tum) l’uovo (nus) da Terra-Cielo (a-u)”. Questa è una semplificazione limitata dalla grafia latina. Coi grafi de John Alan Halloran, Sumerian Lexicon, Logogram Publishing, Los Angeles 2006: A- hug- tum-nus. Leggo: “portar via (tum) l’uovo (nus) dal seme (a) in riposo (hug)”. Hug, hun to hire or rent (someone or something); to introduce (to a job); to enthrone (a ruler); to rest; to repose, to repose; to abate; to placate (cf., al- hu- nu, and hu – nu, and hu- nu) (many + to mete out to). Halloran: 115 Questo lemma è molto complesso. Ha anche il significato di “intronizzare un regolo”. Dunque, un’altra traduzione è: “portar via l’uovo dal seme che intronizza il Regolo”. A- Hug – tum- nus = “Portar via il seme dal seme che intronizza il Regolo”. Quest’altra traduzione mantiene un’ambiguità ma è coerente: il dio A- hug- tum- nus “porta via l’uovo dal seme che intronizza il Regolo”. Perdura il compito di trovare l’anno esatto con questo nome, ma la ricerca linguistica, verificata esatta, conforta la bontà formale dell’inchiesta. Invito gli antichisti alla critica di questo articolo. Grazie allo Spirito di Dio che mi ha spinto a farlo. Carlo Forin http://www.tellusfolio.it/index.php?lev=163&cmd=v&id=24923 Carlo Forin. 7°: perdona! Oggi, giorno 7 del settimo mese nel mio settantasettesimo anno, il Signore Dio ricorda a me: – PERDONA! Perdona chi ti ha derubato non sette volte, ma settanta volte sette, – come Gesù ammoniva il discepolo Pietro, che gli chiedeva: – Quante volte devo perdonare chi mi ha offeso? Sette? – E gli pareva di aver detto un’enormità. Il settimo comandamento prescrive: non rubare! Resta valido, naturalmente. Ed il nuovo comandamento è quello del perdono ad oltranza per chi ti ha derubato. Da cinque anni, la giudice di Treviso mi ha tolto l’amministrazione dei beni e l’ha data a mio fratello, impeccabile nel farla. Dio mi ha donato la condizione dell’esenzione dalla cura dei miei beni. A me è facile la pratica del perdono per che mi manca la cura dell’offesa. Per ciò prego chi legge di perdonare i nemici e gli amici. Lo studio del zumero mi ha evidenziato: DUN è un antico nome di Dio; ‘per’, con barag etc. è il trono degli dèi. Per-DUN viene ad identificare nel nuovo Testamento Dio col suo basamento! Papa Francesco ha passato tutto il suo pontificato in nome del perdono ed ha dedicato un giubileo straordinario alla misericordia divina sempre pronta al perdono dei nostri peccati. Perdona te stesso del male fatto e chiedi a Dio di riuscire a perdonare chi ti offende. Amo il mio ultimo compagno di viaggio, lo Spirito Santo, che rende normale il perdono. Io TI ringrazio, mio GIR, pesh-pesh: tu sei l’ampiezza del perdono! Per questo motivo Gesù ha detto che la bestemmia contro lo Spirito Santo è l’unica cosa imperdonabile sempre. A TE chiedo, mio GIR, di diffondere la pratica del perdono fin che l’offesa sparirà dalla Terra ed avremo la pace nell’armonia del bene. Io rendo grazie a GIR! Carlo Forin http://www.tellusfolio.it/index.php?lev=163&cmd=v&id=24886 Carlo Forin. Memoria “Memoria” è la prima parola italiana da me iniziata a studiare in zumero 33 anni fa. ME-EN, “Io sono”, va scritto (…) –me – en vel –me-e, per significare che prima c’è altro, ovvero la divinità che crea col ME la parola MU, nel me-lam-mu (atto creativo). Questa è la massima sintesi adeguata alla comprensione da parte di una persona aliena alla lingua zumera. Essere, dunque, va scritto –me – en col significato di “Io sono”. ‘Io’ isolato coniuga in e-ga vel i-ga. e = casa; dunque: “mia casa”. ME ha il significato di “essere” persino per i sumerologi (come presentano se stessi i zumerologhi) che però precisano: ME è un essere ipotetico, perché gli dèi e Dio non esistono. Il ME è dunque un’ipotesi obbligata per ogni traduttore. Infatti, senza il verbo essere non si può tradurre una lingua che negli dèi vedeva tutto e negli umani vedeva statuette in creta modellate dalle prime sette divinità dotate del ME, il potere di creare anche l’asino = a- sin-u. SIN, la dea luna, unisce Terra (A) col Cielo (U) ed è ‘via’ u-i-a. LU-NA-ME = Luna col ME crea. Dea Luna, vel EN ZU, “signora saggezza” (da cui: Zumerologhi). Meato è “il passaggio”, oggi “meato uditivo” nell’orecchio, in latino meatum, “corso, via, passaggio, cammino”, in indicativo nominale meatus. In zumero: me-a, purificato, dal ‘lavoro’ tum; me-a-tum, “creato dal lavoro (del ME) improvviso e purificato”. Licinio Glori, in La Pace di Cesare, Milano 1956, ha scritto a pag. 28: Fu rito della scrittura sumerica incidere Enzu e leggere all’inverso Zuen (semplificato Sin = Luna); diventò uso cananeo scrivere Baal diversamente dai correligionari europei di Al’ba. L’ascesa di Babele, verso il 2000 a. C., al predominio mesopotamico sovrappose Bel sia ad Al’ba che a Ba’al. L’archetipo antico DA DUE UNO consente all’archetipo moderno DA UNO DUE di unire MEMU, visto sopra, col ‘generato –engendered’ –ri-a “ottenere –to beget”. “Memoria” esce da questa connessione archetipica. Grazie GIR (lo Spirito Santo in zumero, vel PESH). Carlo Forin http://www.tellusfolio.it/index.php?lev=163&cmd=v&id=24841 Carlo Forin. Laetare La quarta domenica di Quaresima è del laetare: gioite! In zumero la2-e-ta-re7 = “legare per penetrare e prender possesso in compagnia della gioia (del Signore)”. Insieme col Signore, che sarà crocifisso, noi vivremo per risorgere con lui, nella sua Pasqua fra 21 giorni. Nella dualità archetipica massima tra il vivere o morire per sempre scegliamo la gioia di vivere subito nel bene. UM-IL: “Parola (mu) di Dio (IL), mio Dio, -gu10-um”. La primavera, che sta rivelando già i fiori del risveglio, sarà tra 11 giorni. Ringrazio Dio della vita felice che mi sta donando. Lo prego di consolare chi sta male. Lo prego con papa Francesco di darci la pace dei cuori, che solo da lui viene. Che l’Amore trionfi nell’armonia globale. Am3-En, “che venga il Signore”. Carlo Forin http://www.tellusfolio.it/index.php?lev=163&cmd=v&id=24808 Carlo Forin. La dimensione spirituale La dimensione spirituale è opposta all’azione dello spirito del mondo. Papa Francesco predica contro lo spirito del mondo che muore con chi muore con lui. Io non sono un predicatore. Parlo per me. Io fui stato un ‘credente agnostico’ come la maggior parte degli italiani (“Dio, se ci sei, non schiacciarmi! Se non esisti ci penso io per che il cielo non mi cadrà mai sulla testa”). Guardando indietro vedo un’anima destinata agli Inferi con lo spirito del mondo. Non sono mai stato un materialista. Certo: scappai via da ogni misticismo, come faccio ancora. La logica mi dice: tutti i viventi moriranno. E poi? Se non esiste una dimensione spirituale tutto finirà e le stelle staranno a guardare la Terra senza umani. Se, invece, la dimensione spirituale c’è, continuerà ad essere in eterno com’era stata prima che l’uomo fosse. I più finiranno all’Inferno ed altri in Paradiso. Faccio questo ragionamento dopo aver esaminato gli dèi che furono creduti essere, come immagini frantume ad Arlecchino dell’unico Dio vivente. La Rivoluzione francese ghigliottinò il Re ed introdusse la dimensione materialista negatrice di ogni animismo. Dèi e demoni furono relegati all’infanzia dell’umanità. Il positivismo di August Comte estremizzò questa corrente con l’elevazione di templi alla scienza in Brasile, creò la sociologia le scienze sociali e la comunicazione sociale, favorendo l’osservazione dei fatti esterni all’uomo. In cinquant’anni ho dovuto spogliarmi di queste vesti materiali capaci di stordire la mia anima dentro statistiche oggettive aliene dallo spirito. Ringrazio Dio di avermi tenuto vivo per 75 anni in mezzo a tante battaglie. In particolare io lo ringrazio di avermi introdotto dentro la dimensione spirituale. Io non ho cambiato il mondo come provai a fare con tutte le mie forze nel 1968. Il mondo spirituale ha cambiato me, grazie al Dio comunionale di cui parlo in www.tellusfolio.it. Carlo Forin http://www.tellusfolio.it/index.php?lev=163&cmd=v&id=24795 Carlo Forin. Dalila|Io sono in gioia nel piacere che accompagna Osservo il nome biblico Dalila in zumero (cfr. Wikipedia). I zumeri precedettero Israele nella stessa area medio-orientale; lasciarono i nomi. Se cominciamo finalmente a riconoscere ciò che c’era prima, ed ignoriamo tutti i significati sovrapposti, andremo alla fonte non inquinata. Non è vero? Sillabo il biblico de-li-lah, it. dalila, in zumero dalila. Il nome Dalila deriva dall'ebraico Delilah, che ha la sua radice semantica d-l-l (dolal) che vuol dire “languire” oppure “vacillare”. Il nome poi dall'ebraico è stato trasformato in greco come Δαλιλα (Dalila) ed è arrivato così fino al latino e poi all'italiano. Leggo dal centro li, “io sono in gioia”. Segue foneticamente lil, interno, a li-la. Finisce il trittico da, “che accompagna”. En lil, “signor lil” è dio dell’Aria (per molti: vento). Omologa con la-la, studiato in “LA LA, gioia”. La intermedio vale “prendere piacere”: la-la…gi4 (-gi4) to bring pleasure; to become satisfied, sated (‘joy’+ ‘to turn to, to restore’). (Halloran: 155) “Prendere piacere che accompagna” risulta dal finale: -da5 An OS form of the comitative suffix da [senza numero]. (Halloran: 38) Leggo, dunque: da- li- la, “io sono in gioia nel piacere che accompagna”. Carlo Forin http://www.tellusfolio.it/index.php?lev=163&cmd=v&id=24762 Carlo Forin. Dio ha creato l’uomo comunionale Io sono sempre stato alieno dalla filosofia e, maxime, dalla teologia. L’artista sloveno Marko Ivan Rupnik, direttore del Centro Aletti in Roma, mi ha convinto alla teologia spirituale. Più precisamente, lo Spirito Santo, cui sono devoto fin dall’Epifania 2021, mi ha convinto a studiarlo meglio su questo fronte preciso. L’artista mosaicista è portatore della saggezza dei Padri orientali che hanno esplorato l’esistenza di ciò che sta sotto la persona: “hypostasis (sub-sistentia, ciò che sta sotto).1 Sotto, nelle fondamenta dell’esistenza, c’è un’esistenza personale. Persona significa dunque un’entità definita dalla relazione”. A modo mio, non filosofico, ma sociologico, chiarisco: io sono due persone: Carlo e Gesù, che mi permea. Sono un peccatore come voi, ma in trentadue anni di ricerca (33 nell’aprile 2024), di cui dieci di conversione piena, Gesù è entrato nella mia consapevolezza continua della sua compresenza. Io sono l’asino che Gesù cavalca. Il suo ‘peso’ mi solleva riempiendomi di gioia. Poiché Gesù è uno con il Padre e lo Spirito Santo, io sono un uomo comunionale. Fatico a narrarmi come individuo. Marko ama comporre mosaici insieme con altri autori del Centro Aletti. Dunque, molto più di me, essendo anche teologo, è un uomo comunionale. La relazione con Dio sta sotto la mia persona. Questa relazione mette la morte tra parentesi: sarà un passaggio: da una vita allietata di tanti assaggi di gioia dentro ad un tunnel che passa per “surriscaldamento globale, femminicidi, strage di innocenti, ammazzamenti con droni… e via enumerando” incontreremo il muro al di là del quale sarà la Gerusalemme messianica (“Non vidi alcun tempio –nella città di oro puro, come cristallo trasparente– perché il Signore Dio, l’Onnipotente, e l’Agnello sono il suo tempio”. Apocalisse, 21, 22). Carlo Forin 1 Marko Ivan Rupnik, Secondo lo Spirito. La teologia spirituale in cammino con la Chiesa di papa Francesco, Libreria Editrice Vaticana, Città del Vaticano, 2017: p. 81. http://www.tellusfolio.it/index.php?lev=153&cmd=v&id=24751 Carlo Forin. Nuraghe: “inondazione di luce nel buio” Oggi, è il solstizio d’inverno (per la precisione, lo sarà alle 4,27 del 22/12/23). Nelle 24 ore con minor luce dell’anno, intendo rivelarvi il significato zumero della parola nuraghe. Avrete avuto un contatto letterario coi Nuraghe sardi almeno una volta. Il primo link (» Wikipedia) con /Nuraghe dice che gli studiosi non sono ancora concordi sulla funzione originaria di queste costruzioni con massi di pietra: Gli studiosi non hanno ancora espresso un parere comune sulla loro funzione originaria, mentre per quanto riguarda la datazione la maggior parte pensa che furono costruiti nel II millennio a.C., a partire dal 1800 a.C. fino al 1100 a.C. A me pare che la traduzione dal zumero: nu-ra-ghe: ‘inondazione (ra) di luce (ghe) nel buio (nu)’ riveli sia il significato pratico, sia l’orientamento religioso: ‘luce’. Il secondo millennio a.C. ha conosciuto l’irradiazione in tutti i popoli dell’esperienza zumero-accada vissuta da quelle genti nella seconda metà del III millennio a. C.. E’ girato il poema di Ghilgamesh senza che si sia diffusa nei moderni l’idea che i diversi popoli abbiano imparato a leggere e scrivere coi loro conduttori proprio grazie alle fonti zumere. Il punto di riferimento per l’analisi del trinomio è “Aldilà”, underworld in inglese: a - ra - li underworld: ‘tears’ + ‘to overflow’ + ‘to sing’. (Halloran: 6) che leggo invece dal centro ‘inondare (ra) di gioia (li) con obbligo di luce (a). La lettura dei grafi a partire dal centro discende dalla natura circolare della scrittura zumera che muta il significato nella decifrazione (da ‘lacrime’ a ‘luce’). Fortuna vuole che Halloran abbia significato correttamente il termine centrale ra = inondazione, pari al nome del dio sole egizio Ra. I sacerdoti mesopotamici ed egizi facevano costruire zigurrat e piramidi per osservare le stelle, dare l’immortalità ai loro sovrani ed ingraziarsi in vita il favore degli dèi benevoli. Questa sete di vita e di luce ha segnato i secoli. Dico ciò pur con buchi neri come August Comte, che ha lasciato una scia di non scienza che perdura nel web inondato di archeologie del linguaggio povere di luce. Osserviamo il solstizio partendo dall’altro mondo che significhiamo con altri grafi: hi - li - ba the underworld (‘beauty’ –‘To be happy’ – ‘anima’). -Esser felice nell’anima bella- è una condizione dell’Aldilà come pensiamo tutt’oggi. Nella civiltà dei Nuraghe c’erano le stesse esigenze, in un mondo feroce e spietato, di legare socialmente e distruggere col potere: gi - il - gi - il - la harnessed (? –finimenti-) (redup., gil, ‘to cross, lie athwart’). (Halloran: 78) gi16 – il – gi16- il Emesal dialect for gilim, ‘to destroy’. (Halloran: 80) Noterete la differenza nelle due espressioni, dove il = Dio (sconosciuto a tutti, meno Robert A. Di Vito, Studies in third millennium sumerian and akkadian personal names, Editrice Pontificio Istituto Biblico, Roma 1993): col finale la = abbondanza, la distruzione cessa, ed il legame perdura coi finimenti (gil). Il2-la2 Elevation; heights (‘to raise, lift up’ + lal, ‘to measure, weigh’; cf., dun3-la2, ‘depression’ and ib2- ba – la2, ‘flat country’). (Halloran: 124) È bizzarro che l’elevazione il2-la2 sia stata scritta nell’ignoranza dell’elevatore (il = Dio) e del punto medio tra il Cielo e la terra il2; la ‘penetrazione’ la2 è mancata per forza. La celebrazione li – li celebration (reduplicated ‘to rejoice’). (Halloran: 157) La celebrazione del solstizio d’inverno 2023 avviene nella massima gioia. Tenete memoria la gioia con questa tavoletta: (im) li- gi – in Exsercise tablet (loan from Akkadian liginnu. (Halloran: 157) Carlo Forin http://www.tellusfolio.it/index.php?lev=153&cmd=v&id=24746 Alberto Figliolia. Cerco di leggere il mio futuro tra carcasse di sogni|Il Calendario poetico 2024 della Casa di reclusione di Milano-Opera Io e me stesso/ sopra un limbo/ guardavo un pozzo non profondo/ le rane le carpe/ che veneravo molto/ ricordavo gli abbracci di un passato energico/ sembrava un tramonto con i suoi tinteggi/ mi manca ogni volta/ è così apatica l’esistenza quaggiù/ il mio sentire come fosse/ un vento in questo giardino vuoto/ di colore e le strade sempre bianche (L.D.C.) Non si può evitare di sognare. Ne va della vita stessa. Forse non si possono ricordare i momenti dell’universo onirico notturno. Ma i sogni ci lavorano dentro, così come sogniamo a occhi aperti. I sogni sono, infatti, anche desideri da realizzare. Somnĭo ergo sum, verrebbe da parafrasare il caro vecchio René Descartes. Si sogna anche in carcere, luogo duro per definizione. Lì si sogna, con l’espiazione e la conseguente riabilitazione (art. 27 della Costituzione), il riscatto dalla colpa o da quella sorta di ricatto e criticità esistenziale che ha condotto al reato e alla privazione di uno dei più preziosi beni elargiti dalla sorte: la libertà. Né si può togliere a un essere umano il sogno e, con esso, la speranza. Non è un caso dunque che per il consueto Calendario poetico, ogni anno partorito dal Laboratorio di lettura e scrittura creativa attivo nella Casa di reclusione di Milano-Opera, si sia scelto il tema Sogni (sottotitolo: Cerco di leggere il mio futuro tra carcasse di sogni). Dalla prefazione della psichiatra, scrittrice e criminologa Erica Francesca Poli: “La poesia riesce dove né la filosofia né la scienza riescono: giunge a sfiorare il sentire dell’essenza vitale che permane nell’impermanente o, per meglio dire, piega l’impermanente del poeta che la scrive, ad esser via, mezzo, porta per una rivelazione improvvisa di eterno, che balena in un lampo, si spoglia d’improvviso e poi si vela di nuovo delle stesse parole in versi che hanno tentato di dirlo”. Per ogni mese una immagine fotografica – dono di Margherita Lazzati, che con pazienza, sensibilità e innato senso estetico ogni anno correda il Calendario dei suoi scatti – e una o più poesie delle persone detenute. Liriche avvolgenti, coinvolgenti, profonde, di bella e curatissima forma, fra dolore e aspettative ancora da coltivare, fra ansia e quella speranza, mai doma, che anche nelle celle e dietro le sbarre, in un ambiente di mura, ferro e, sovente, separazione affettiva, vive tuttavia nello spirito colmando i giorni e squadernandone le possibilità di bellezza. Perché anche da un carcere possono scaturire bellezza e cultura. Passi./ Strascichi di membra atrofizzate/ si aggirano. Stanchi e apatici i loro volti/ in questi freddi corridoi/ pregni di indefinibili miasmi./ Passi/ di gente assorta nelle mille e mille illusioni/ che la vita le ha riservato./ Passi che a volte qualcuno conta,/ scandite linee del consunto tassello del mattone. (U.C.) E ancora... La strada accompagnava i nostri passi/ gli alberi cercavano le stelle/ le foglie cadevano piano/ toccavano le nostre anime/ il vento soffiava lento/ l’alba è arrivata stanca// Ora chiudo gli occhi/ e resto qui (V.S.) In Italia esiste il Fine pena: mai oppure, se volete scriverlo diversamente, Fine pena: 31/12/9999. Forse, al di là di ogni considerazione ideale o ideologica, varrebbe la pena di convertire quell’angosciante espressione, oltre le opinioni personali, in Fine speranza: mai. Chiudiamo con una splendida poesia (versi fortemente empatici), tratta dal Calendario, di F.P. (una composizione dagli echi hemingwayani e alla John Donne, quello per il quale, per intenderci, nessun uomo è un’isola): Lacrime del sole che tutti vedono…/ Suona il campanello per noi fratelli,/ ma non lo sentiamo./ Scalini di un cammino verso il futuro/ affiorano dall’acqua della speranza;/ nel delirio di fuochi dell’umana miseria/ cadono come grandine dalle stelle/ riverberi infuocati del nemico./ Nulla conta più nella stirpe dei rapaci./ Questo è l’infausto destino./ Un ricordo soltanto la pace,/ chiodo mai piantato,/ ma l’urlo del dolore,/ questo sì…/ Troppe croci,/ cuori ridotti a brandelli/ densi di sangue dei nostri fratelli…/ Non migrano più le urla dei morti,/ eccole lì, prossime ai vivi. Il Calendario poetico del Laboratorio di lettura e scrittura creativa di Opera è una vera e propria pubblicazione (casa editrice La Vita Felice). E, soprattutto, un’occasione per scoprire un mondo nascosto alla vista e pure tanto foriero e capace di sentimenti positivi. Sorprendente e toccante. Alberto Figliolia http://www.tellusfolio.it/index.php?lev=158&cmd=v&id=24741 Carlo Forin. Coppa Davis 2023 a Italia Avevo 28 anni quando vissi, trasmessa da Santiago del Cile, la prima Coppa Davis. Ringrazio l’Eterno di avermi tenuto vivo fino a vivere la seconda Coppa Davis. Sono passati 47 anni! La storia si misura sui 50 anni! Oggi è storia del tennis. Come sta dicendo Adriano Panatta, lo sport individuale del tennis diventa uno sport collettivo solo con la Coppa Davis che fa godere una nazione con la sua Nazionale. In zumero, il nome Sin-ner esprime la massima ambiguità nella Luna Nera. Jannik Sinner è il campione che ha unito la nostra squadra piegando anche l’attuale numero uno del mondo Novak Djokovic: ha sciolto ogni ambiguità, ha intimorito la squadra australiana ultima nostra avversaria, pluri-vincitrice della coppa. Le due sillabe componenti SIN NER hanno queste spiegazione dalla ‘lingua morta’ zumera: SIN: Fu rito della scrittura sumerica incidere Enzu e leggere all’inverso Zuen (semplificato Sin = Luna); diventò uso cananeo scrivere Ba’al diversamente dai correligionari europei di Al’ba. L’ascesa di Babele, verso il 2000 a.C., al predominio mesopotamico sovrappose Bel sia ad Al’ba che a Ba’al. (Licinio Glori, La pace di Cesare, pag. 28, Editoriale Dimara, Milano 1956). NE-RU (cf., erim2, erin7, rim3). 1) erim2, erin7, rim(3) [NE.RU] n., enemy; malefactor; wicked; destruction; oath [ERIM2 archaic frequency]. adj., hostile; evil; wicked. adv., wickedly. (Halloran: 64) 2) erim3, 4, 5, 6 erin3, 4, 5, 6 treasury; storehouse; trasures. Come può accertare anche il lettore estraneo al zumero rendono diversi 1) da 2) solo i numeri deponenti (che aiutano i zumerologhi a non perdersi nelle loro teste). Erim = tesori. Sono tesori gli amici tennisti uniti da Jannik Sinner. Carlo Forin http://www.tellusfolio.it/index.php?lev=153&cmd=v&id=24729 Mauro Raimondi. Ancora sulla vergogna di San Siro|Intervista agli ingegneri Aceti e Magistretti «Assurdo demolire San Siro: si può riqualificare»: così affermano gli ingegneri Aceti e Magistretti in un’intervista apparsa su ilSudMilano nell’ottobre scorso che voglio proporvi integralmente per denunciare di nuovo quello che sta accadendo a Milano intorno al suo storico stadio. «Nel 2016, quando San Siro doveva ospitare la finale di Champions League tra l’Atletico Madrid e il Real Madrid, facemmo una tesi di laurea con gli studenti del Politecnico» spiega l’ingegner Aceti. «L’obiettivo era da un lato far emergere le criticità dello stadio e dall’altro le possibilità di intervento per un miglioramento dell’accessibilità, dei servizi e per inserire nell’impianto esistente una serie di funzioni per il tempo libero, culturali e commerciali. Da questo primo studio, molto preliminare, a partire dal 2019, quando si è iniziato a parlare di abbattimento del Meazza e di un nuovo stadio per Milan e Inter, con l’ingegnere Magistretti abbiamo iniziato ad approfondire lo studio sia da un punto di vista tecnico costruttivo che finanziario economico. Tenendo conto, oltre che dei servizi necessari per uno stadio moderno, anche di come riqualificare e riammodernare la struttura». «Abbiamo incontrato tutti i partiti, parlato con comitati, giornali e televisioni» gli fa eco l’ingegner Magistretti, «l’anno scorso abbiamo partecipato anche al dibattito pubblico sostenendo che San Siro non va abbattuto. Noi non siamo “bastian contrari”, il lavoro che stiamo portando avanti dimostra che è assurdo demolire San Siro, perché può essere riqualificato, soddisfacendo tutte le esigenze della città, delle squadre e dell’ambiente». Una posizione che di fatto non è mai stata presa in considerazione da Inter e Milan, né – incredibilmente e vergognosamente! – dal Comune, assolutamente succube verso gli interessi delle due squadre. – Come si può riqualificare lo stadio e allo stesso tempo far giocare Inter e Milan? Aceti: «Si lavora per spicchi, attraverso un intervento per fasi e cantierizzazioni parziali. Come è avvenuto in moltissimi altri stadi». – Da dove si parte? Aceti: «Prima di tutto dai lavori di riammodernamento sul primo e secondo anello, necessari per ospitare le manifestazioni di Milano-Cortina 2026 e la finale di Champions League del 2026, che possono essere realizzati coerentemente con il progetto di riammodernamento dello stadio. Si sistemano i servizi igienici e si fa un generale restyling, ma soprattutto si utilizzano le sottotribune del primo e secondo anello, che attualmente sono spazi vuoti, che possono essere trasformati in spazi per il tempo libero, commerciali, per la ristorazione o lo sport. Si tratta di circa 35mila metri quadri, a disposizione delle squadre e della città. Tutto questo nel rispetto del vincolo sul secondo anello della Sovrintendenza». – E il terzo anello? Aceti: «Il terzo anello, che ora occupa tre lati dello stadio, viene smontato mantenendo le torri e le strutture portanti, per fare spazio alla Galleria panoramica polifunzionale, una struttura prefabbricata completamente chiusa su due livelli, che a parità di portata, mette a disposizione delle squadre altri 30mila metri quadri per servizi, sale convegni, ristoranti e quanto altro possa essere interessante per gli spettatori. Sul lato di via dei Piccolomini, si costruisce uno spazio coperto, che può essere destinato ad altri servizi e tribunette per spettatori. Secondo i nostri calcoli tra terzo anello completato su quattro lati, interventi su primo e secondo, arriviamo a una capienza di 70mila spettatori e 80mila mq per i servizi, numeri che corrispondono alle richieste delle squadre. Rimarrebbe comunque la possibilità per il Comune e le squadre di valutare la sistemazione dell’area circostante San Siro, con del verde ma anche con servizi, in modo intelligente e certamente meno impattante». – Come avviene lo smontaggio del terzo anello? Magistretti: «Ci siamo confrontati con società specializzate in demolizioni, che hanno confermato le nostre osservazioni. I lavori possono partire durante i mesi estivi, appena conclusa la finale di Champions League, lavorando su tre turni, sette giorni su sette. Si recupera il calcestruzzo delle solette, così come molta parte del resto del materiale, facendo pochissima polvere perché si tratta di prefabbricati. Concluso lo smontaggio, sempre a spicchi si procede alla costruzione del nuovo terzo anello, senza impedire l’uso da parte delle squadre. Anche in questo caso abbiamo avuto contatti con esperienze internazionali simili. Ci siamo sentiti diverse volte con la società spagnola di ingegneria e costruzioni Aysa, che sta completando il Bernabeu a Madrid, lavorando durante la settimana e consentendo le partite. D’altronde senza andare troppo lontano, ricordo che l’attuale terzo anello è stato costruito completamente, torri incluse, tra l’88 e il ’90, senza impedire una partita». – Tempi e i costi stimati? Magistretti: «Per la riqualificazione di San Siro abbiamo stimato un costo di 350 milioni di euro, inclusi tutti gli interventi per la sostenibilità ambientale, che è circa la metà delle spese preventivate dalle squadre per realizzare il loro stadio fuori Milano. Anticipando una parte dei lavori sul primo e secondo anello a prima delle olimpiadi invernali, e procedendo con la realizzazione della Galleria panoramica polifunzionale subito dopo possiamo avere pronto lo stadio per il campionato 2028-2029». – Quali sono i vostri prossimi passi? Magistretti: «Abbiamo messo il nostro studio a disposizione della città, vediamo cosa succede. Ci conforta sapere che l’opinione pubblica è dalla nostra parte. Prima dell’estate un sondaggio di Radio Popolare indicava che il 90% dei milanesi è per la riqualificazione. Partiamo da qui». http://www.tellusfolio.it/index.php?lev=134&cmd=v&id=24716