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Sara Pozzato: Archeologia del Poetry slam | | Commenti presenti :
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In questa pagina : da 1 a 8 | 21-08-2009 | Sorvolo sul dibattito e dico soltanto: che bella sorpresa rivedere i poeti in tv! Grazie. Donatella Donatella | 17-08-2009 | Gentile signor Pirrone, non mi sembra d'aver mai detto che TUTTI i poeti di ieri siano da ricordare (tra l'altro, come ho scritto, già le antologie hanno operato la loro scelta, condivisibile o meno; poi, di “minori” ingiustamente negletti che ci ritroviamo a scoprire con grande sorpresa anche dopo secoli, ogni epoca ne presenta). E non sono stata certo io ad affermare che TUTTI i poeti di oggi siano da dimenticare. Semplicemente, vista l'esponenziale prolificazione dei versificatori (di valore o meno) e la visibilità che i nuovi mezzi (blog, riviste on line, siti “letterari”, pagine web in generale) permettono loro, mi ponevo - in questo mare magnum – una domanda forse ingenua ma penso pure legittima: chi sarà ricordato? Cui ne segue a mio avviso anche un'altra, volendo: chi davvero detiene oggi l'autorità di scegliere i poeti da ascrivere all'“eternità”? Professori, critici (come afferma lei, signor Perrone) oppure il pubblico degli slam, i naviganti del web? Non cerco risposte impossibili ....sono solo riflessioni personali (al sole d'agosto), ma se stimolano un qualche dibattito e portano altre riflessioni, ne sono felice. Di conseguenza non posso che ringraziarla, così come ringrazio Alessandra e Mariaelisa. sp Sara Pozzato | 17-08-2009 | Ritengo che fra i compiti della cultura proposta da Tellusfolio ci siano quelli di indicare classici e scrittori non da best-seller o da fast-food. Anche riguardo ai poetry slam una gerarchia si impone. Dissento però da Sara Pozzato sulla levatura di tutti i poeti di ieri rispetto a quelli di oggi. Esistendo ancora una potente editoria di poesia, esistendo ancora una critica universitaria e giornalistica (disprezzata senza motivo da Claudio Di Scalzo), molti dei poeti comparsi anche su Tellusfolio e in Tellus 29 (incredibilmente nascosto), a questi verrebbe riconosciuto uno spessore uguale ai Magrelli e ai Pagliarani. Egidio Pirrone Egidio Pirrone | 16-08-2009 | Signora Alessandra-Elisabetta Brizio, Di Scalzo risponde in un balzo consigliandoti la lettura degli editoriali su TellusFolio e Tellus che hanno nel loro programma di ospitare comunisticamente ogni scrittura. Basta sfogliare le collaborazioni. Sempre sui Poetry slam rimando alle mie ironiche sottolineature e allo scambio con Chiara Daino. Quando butto le reti a Marina di Vecchiano, i pesci seppur tutti appetitosi e belli sott'acqua, si mangiano fra di loro. Io mangio loro, se li pesco, e la rete che ho sulla testa presto mangerà me.
Buon fine agosto da Accio al largo. E come saggista, firmati pure: i tuoi interventi sono preziosi.
Claudio Di Scalzo | 15-08-2009 | Non si perviene alla consapevolezza del male di vivere attraverso la poesia (e che altro potrebbero farci capire i poeti, secondo lei?) ma la frequentazione dei poeti è indotta dal fatto che si sperimenta lo stesso male di vivere.
In effetti oggi sono pochissimi - per eccessiva improvvisazione, scarsa disciplina - i veri poeti, quelli in grado di "modificarti" in qualcosa. Il divertissement, l'autoreferenzialità debordante, i referti della memoria non adeguatamente oggettivati, una diffusa mediocrità talora da far sorridere sono elementi poco "interessanti", fuorvianti e lontani dal trasmetterci una qualche verità o approssimazione alla verità.
Del resto, sarebbe oltremodo presuntuoso accordare una funzione - e una definizione - alla poesia dopo secoli di tentativi... Nel momento in cui si cerca di inquadrarla si sconfina in un altro campo.
Comunque io non faccio versi, e forse per questo non riesco a comprendere. Alessandra | 15-08-2009 | Gentile Alessandra, mi permetto di rispondere anche se nel suo commento non si rivolge direttamente a me. Tuttavia mi è difficile restare a guardare. L'inciso "chi per caso cercasse la rissa ne rimarrebbe infatti deluso" voleva essere una semplice ironia allusiva di alcuni episodi certo non edificanti che spesso accadono proprio fra scrittori e poeti. Tanto per intenderci, l'ultimissimo “battibecco” fra Scarpa e Scurati durante e dopo l'assegnazione del Premio Strega. Che le vette d'Elicona siano poi luoghi non più tanto divini, ma spesso teatro di ipocrisie, bassezze e invidie tra gli stessi autori e/o di battaglie tra case editrici, non è una novità, ma non spetta a me raccontarne, almeno in questa sede. La trasmissione che ho proposto (o riproposto) all'attenzione dei lettori di TF non voleva né magnificare il passato, né quel mio inciso sottointendere una gerarchia di valori (con quale auctoritas, poi?), dove lo scrittore il poeta il saggista il professore (scribacchino o meno) sia considerato persona migliore di chi invece non lo è, persona che “ha capito”. Semmai, rimanendo in campo poetico, è figura che dovrebbe “aiutarci a capire” - e, mi creda, a volte può anche succedere. Ma quella trasmissione, l'Aquilone, non mi ha lasciato indifferente, per più ragioni. Più immediata e forse banale, la scoperta di una Rai di spessore (se non altro confrontata con quella di oggi) e più rispettosa dell'intelligenza del suo pubblico. Vedere poi che una competizione tra poeti (il tanto citato Poetry slam, per capirci), ritenuto invenzione recentissima (almeno in chiave moderna, perché di tenzoni e gare già Cecco Angiolieri e Dante ne sapevano qualcosa), dove il pubblico, sofferente o felice che sia, aspirante poeta o impiegato, ascolta valuta e giudica, esisteva già vent'anni fa, beh, anche questo ha contribuito alla generale sorpresa. Ultima, ma certo non ultima, cara Alessandra, è la constatazione dell'innegabile valore dei poeti in gara in quel lontano 1989. Narcisisti modesti scontrosi affabili, tutto quello che vuole, ma veri poeti che già sono stati accolti nelle antologie di storia della letteratura. Questo forse è il nodo effettivo della questione: delle migliaia di “poeti” (ben tre milioni, a detta del Corriere della Sera) chi meriterà di essere ricordato in futuro? Sara Pozzato
Sara Pozzato | 15-08-2009 | Perché mai qualcuno dovrebbe cercare la rissa nelle "competizioni" poetiche? E' ovvio che tutto debba finire in gloria, altrimenti dove sarebbe l'elevazione dello spirito - o il suo sprofondamento, a seconda dei casi - occasione pre-testuale dell'atto di fare poesia?
Competizioni, dicevo, di per sé estremamente ridicole, ma indicative di tutto l'innegabile narcisismo che il più delle volte è sotteso a una inclinazione (o presunta vocazione), quella poetica, per definizione disinteressata ecc. ecc. ecc., tutte belle parole ad libitum e ad infinitum.
Ma noto diffusamente su "Tellus" una qualcerta insopportabilissima disposizione a considerare gli altri, i cosiddetti non poeti (o troppo spesso, ahimé, non scribacchini), coloro, tanto per intenderci, che ancora non "hanno capito", dei volgarissimi comuni mortali (o, per dirla con Proust, dei cattivi sofferenti che evitano di riempire dei fogli con i propri versamenti di cuore) che per il fatto di non fare versi possano addirittura spingersi a venire alle mani.
Giuro che ho visto il contrario...
Finiamola una volta tanto di fare i fingitori: la competizione tra gli scrittori è feroce, il pettegolezzo altrettanto caustico e crudele. Che ne pensa lei, caro Direttore? Con tutto il rispetto per la Spaziani, naturaliter. Alessandra, cattiva sofferente | 14-08-2009 | Ti ringrazio enormemente per la segnalazione! E' a dir poco superbo ciò che mi (e ci) hai fatto scoprire. Vedere poeti come Dario Bellezza, Amelia Rosselli, Maurizio Cucchi è incredibile. Ancora Grazie!!!
Mariaelisa Giocondo Mariaelisa Giocondo | | 1 | |
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