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Gianfranco Franchi. Pagano | | Commenti presenti :
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In questa pagina : da 1 a 1 | 05-09-2007 | Una Vita agra contemporanea
Conosco Gianfranco Franchi dai tempi in cui dirigeva le riviste universitarie Ouverture e Der Wunderwagen, ho collaborato con le sue creature e con il portale culturale Lankelot che ospita stimolanti interventi critici. Tra me e lui ci sono ben diciotto anni, ma nonostante questo gap generazionale abbiamo tante idee e progetti in comune. Sarà perché chi lotta per produrre opere letterarie che vogliono scuotere le coscienze trasmette sulla stessa lunghezza d’onda e quindi è facile entrare in sintonia. Franchi ha già pubblicato con Il Foglio l’interessante Disorder, una raccolta di racconti che denuncia l’appiattimento della vita quotidiana. Adesso è la volta di Pagano, antiromanzo esistenziale che racconta il disagio giovanile nella società contemporanea. Pagano è un testo che non può essere incasellato in un genere letterario, ma è un lavoro importante, irrinunciabile per chi ha deciso di pensare con la propria testa. Franchi guarda fuori dal vetro dei suoi giorni e trova pensieri bruciacchiati, scrive come suonerebbe un piano, è un’isola che non si lascia popolare, legge opere importanti, ascolta musica che fa ragionare e odia la televisione. Franchi ha trent’anni e nessuna certezza, scrive libri e si schiera con i deboli, fonda riviste e case editrici, lancia accuse e si sbatte per comunicare idee forti. Ha una sola certezza, quella che da un po’ di tempo a questa parte non si vuole più ammazzare. Franchi ci racconta i fatti suoi, ma lo fa con grande eleganza e con superbo stile letterario, soprattutto si comprende che i fatti suoi sono comuni a una generazione nata dalla crema dei sessantottini che ha cancellato i diritti dei lavoratori a vantaggio dei padroni. Franchi costruisce un testo politico che non è schierato con nessun partito, ma rappresenta un manifesto anarchico di grande spessore. La sua alternativa al vuoto che ci circonda è chiamarsi fuori, restare laterali e dilettanti, studiare, scrivere e combattere, anche se la sconfitta è l’unico risultato possibile. Pagano ricorda La vita agra di Luciano Bianciardi, attualizzata ai nostri giorni, in chiave antiberlusconiana, anticapitalistica e anticomunista. Franchi è uno degli ultimi samurai che pretende la rivoluzione degli intellettuali, guarda avanti e non si piega al conformismo, non si fa comprare e non scende a compromessi, cerca di sopravvivere al suo destino. Franchi è uomo di destra, ma di una destra sociale che non esiste più, si ispira a Evola più che alle costruzioni partitiche e non crede a un surrogato di democrazia capitalistica. Mi sono sempre detto uomo di sinistra, ma confesso che leggendo il testo di Franchi spesso sono stato in pieno accordo con le sue considerazioni. E anche quando non lo ero mi dicevo che si trattava di argomenti che meritavano di essere discussi. Non ho mai pensato che questo libro non andasse pubblicato per motivi ideologici perché in una democrazia culturale non può esistere una censura delle idee. Ben vengano libri forti e polemici come questo, di qualunque impostazione essi siano. E allora forse è vero che esiste una politica degli intellettuali, un modo d’intendere la realtà contemporanea tipico di chi ama la letteratura. Sarà per questo che io e Franchi ci sentiamo culturalmente vicini, nonostante le diverse esperienze, forse siamo accomunati da una medesima anarchia letteraria. Siamo due cavalieri dell’utopia, samurai in via di estinzione che lottano sino alla fine solo perché convinti di doverlo fare. E poi dicono che perdere ogni tanto c’ha il suo miele e se dicono che vinco stan mentendo, cantava qualcuno un po’ di tempo fa. E pure lui mica era di destra.
Gordiano Lupi
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