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Un romanzo verità sull'eutanasia | | Commenti presenti :
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In questa pagina : da 1 a 2 | 14-04-2007 | …ci sono persone che amano gli animali, e quando questi stanno male e si sa che non c’è più niente da fare, cosa fanno? “Poverino, non è giusto che soffra così! Gli faccio fare la puntura, cosi non soffrirà più, povera creatura!”
Abbiamo la stessa pietà per gli esseri umani?..
Questo è uno dei libri più belli che ho avuto la fortuna di leggere. Un coinvolgente e struggente racconto del calvario di un padre allo stato terminale e di chi l’assiste giorno per giorno, nella speranza che questa sofferenza possa finire in qualche modo e che qualcosa succeda… E’ una richiesta di comprensione e soprattutto di pietà per chi non ha più la forza per difendesi, costretto oltre alla malattia a subire anche l’accanimento terapeutico e non avere diritto nemmeno a decidere della propria vita e morte. Un disperato grido d’aiuto per la sorte di tutti quei malati che non hanno nessuna speranza, ma è anche una forte denuncia contro la nostra indifferenza, che è tale….finché non ci tocca da vicino!
Una testimonianza toccante che dovrebbe farci riflettere e soprattutto farci agire. Tutti quanti!.... Grazie Domenico
Zlata Zoran | 07-04-2007 | Volevo farvi leggere il primo capitolo:
Inizia sempre per tutti così; un po’ di tosse, quel dolorino alla schiena che non passa, il mal di testa sempre più frequente, un fastidioso bruciore di stomaco, quel valore con l’asterisco nelle analisi del sangue. Cosa vuoi che sia; un colpo d’aria, una cena pesante, un po’ d’umidità. Con un bel massaggio o magari un paio di sedute di agopuntura passa tutto; poi c’è quella crema, che è stata un toccasana per il tuo amico, o quella pastiglia per il mal di testa che ti ha prescritto il medico l’ultima volta e che ha funzionato così bene. Tutto ok!
Poi, dopo qualche giorno, quel dolorino, quella tosse, quel mal di testa ritornano, sempre lì, a distrarti dalla vita cui sei abituato. “Che palle!” pensi “Con tutto quello che ho da fare non ho né tempo né voglia di andare dal medico". Il permesso dal lavoro o la fabbrichetta che senza di te non va più avanti, il parcheggio che non c’è mai e il bigliettino che ti dimentichi sempre di mettere sul cruscotto. E poi la fila, seduto in quella camera mal arredata in compagnia di quattro vecchi malati immaginari cronici, che passano lì quasi tutti i pomeriggi della loro vita e se la raccontano sull’ultimo loro problema, di salute e di vita: la pressione alta o bassa, l’insonnia o il troppo sonno, l'ansia per il figlio cassintegrato, la tachicardia, le gambe gonfie, la pensione che non basta mai e che oggi arriva domani chissà e le stagioni, che come i giovani non sono più quelle di una volta. “E Luigi? E’ un po’ che non lo vedo”. “Sai, da quando il figlio si è trasferito non è più lo stesso. L’ha presa molto male. M’han detto che non esce quasi più di casa”. “Ma dai? In effetti però… andare ad abitare dall'altra parte del mondo e abbandonarlo così, con tutti i sacrifici che ha fatto per lui. Che vergogna!”.
"Sanno sempre tutto di tutto, quelli che non hanno un cazzo da fare e passano le giornate in fila dal dottore. Io invece, tipico essere umano del ventunesimo secolo, che devo badare alla moglie (o al marito), ai figli e agli amanti (molte amanti), ai colleghi bastardi e leccaculo, ai clienti e alle banche, che ti fottono sempre con gl'interessi e ti danno l'ombrello solo quando c'è il sole. Io che ho la partita di calcetto (o la lezione di gag) alle sette, la cena fuori alle nove, quel simpatico vernissage alle undici e il mio bel libro almeno fino alle tre del mattino. Io che un paio d'ore di sonno, una bella doccia e sono di nuovo in pista! Ma come faccio, Io, a perdere due ore della mia vita qua dentro? Ecco, il mio libro. Qui sì che potevo portarlo. Così almeno avrei avuto qualcosa da fare. Su quel tavolaccio c’è solo ‘sto cavolo di “Famiglia Cristiana” di due anni fa e “Dimensione Medico (della mutua) - quindicinale di ricerca scientifica”. Ma compra Tuttosport che costa un euro e fai felici i tuoi pazienti! O magari qualcosa tipo Playboy, che li fai ancora più felici! O meglio ancora quei giornaletti erotici a fumetti che c’erano in caserma o dai “barbieri” vecchio stampo, che dopo averti tagliato i capelli ti avvolgevano la testa in una nuvoletta di delicato profumo, che fuoriusciva in milioni di gocce fresche da una boccetta di vetro animata dalla caratteristica pompetta arancione. Dove si giocava il totonero, la schedina e, tra risate e battutacce varie, si saturava allegramente il locale di fumo. Dove ci si faceva portare l’aperitivo dal bar di fronte o meglio, dalla barista di fronte; dove si andava per mostrare agli amici la moto o l’auto nuova fiammante. Quello sì che era un bell’ambiente, altro che questa triste sala d’aspetto. Nemmeno un calendario con qualche donnina nuda, di quelli che si vedono nelle migliori officine meccaniche a gestione familiare. Splendide ragazze sporche di grasso dalla testa ai piedi e vestite dei soli guanti di finta pelle, sdraiate magari su un banco da lavoro o piegate a guardare all’interno del cofano di un’auto o che, brandendo una enorme chiave inglese, ti fissavano, da gennaio a dicembre, con sguardi del tutto inequivocabili. Quanti responsabili di uffici acquisti hanno convinto vecchi e giovani capofficina della bontà dei loro prodotti anche grazie a questi formidabili strumenti di marketing! Magari qualche azienda farmaceutica ne potrebbe pensare una versione da ambulatorio; la classica bellezza provocante “svestita” da infermiera, con il cappellino bianco da crocerossina, un grembiule molto molto molto succinto e lo stetoscopio adagiato sul prorompente decolté. I pazienti lo contemplerebbero con sicuro buon umore anche se non sarebbe utile a convincere i medici che, certamente più cinici e “pratici” dei capofficina sopraccitati, preferiscono farsi convincere da cene di lavoro nei migliori ristoranti della città o da “convegni” in famose località balneari (e poi il vaccino per l’influenza in Italia costa il triplo che in Francia). Ho capito! Mi toccherà stare qui buono buono ad aspettare il mio turno accontentandomi di sfogliare quelle cacchio di riviste”.
Con quel dolorino che proprio non vuol passare… Così inizia per tutti, e così è iniziata anche per tuo padre.
Non è male, vero?
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Gordiano Lupi | | 1 | |
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