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Federica Bonzi, Enrico Marco Cipollini. Memoria, memorie... | | Commenti presenti :
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In questa pagina : da 1 a 3 | 03-02-2014 | Buonasera, ringrazio i pochissimi che hanno avuto la bontà di commentare qualcosa che per me è importante. Vorrei solo puntualizzare che, Enrico Marco Cipollini a parte, il mio articolo, brano, riflessione non è stato ben interpretato. Ho scritto che non amo le commemorazioni e dunque la giornata della memoria, che non vorrei diventasse un giorno da carta da cioccolatini, mi è servito da pretesto per parlare d'altro, i migranti e gli ultimi del tempo ( posto che gli ultimi non hanno tempo ) che ci è più prossimo eppure lontano per modalità, pensiero e forma. Panta rei, ma nulla cambia. Leggere con attenzione sarebbe gradito. In ogni caso ringrazio dell'attenzione. Un abbraccio. Federica Bonzi | 03-02-2014 | Quando il cuore sente il vuoto dell’umana follia, dell’orrore che si traduce in crudescente materia,come disfatta d’ogni valore e della stessa esistenza, svuotata di qualsiasi principio morale, e che fa, di questo luogo tondo,un devastato trascinare di sofferenza e pena,ecco,io lo riempio di pudore, e non mi consente la parola null’altro che un Composto Silenzio!
Ma, per commentare l'articolo,che considero interessante nella sua esposizione ed acuto nel suo non essere retorico, riporto uno scritto fra i tanti:
Jeffrey Alexander
Non furono né la repressione delle emozioni né il buon senso morale a dar vita alle prime reazioni allo sterminio degli ebrei. Fu, piuttosto, un sistema di rappresentazioni collettive che focalizzò il suo fascio di luce narrativa sulla trionfante espulsione del male.
Invece della redenzione attraverso il progresso, la narrazione tragica offre ciò che Nietzsche ha chiamato il dramma dell'eterno ritorno. Come si è ormai capito, non esisteva alcun modo per «andare oltre» la storia dell'Olocausto. Esisteva solo la possibilità di ritornarvi: non trascendenza ma catarsi.
Nella misura in cui l'Olocausto è giunto a definire la disumanità nel nostro tempo, esso ha dunque svolto una funzione fondamentalmente morale. La «moralità post-Olocausto» ha potuto svolgere questo ruolo, tuttavia, solo attraverso una forma sociologica: è diventata una metafora di collegamento che gruppi sociali di diverso potere e legittimità hanno utilizzato per definire logicamente come bene o come male gli eventi storici in corso. Ciò che l'Olocausto ha identificato come il male più profondo è l'impiego sistematico ed organizzato della violenza contro i membri di un gruppo collettivo stigmatizzato, sia esso definito secondo criteri primordiali o ideologici. Questa rappresentazione non solo ha identificato come male radicale i colpevoli e le loro azioni, ma ha interpretato come male anche i non-attori. Secondo i criteri della moralità post-Olocausto ad ogni individuo è ora richiesto, normativamente, lo sforzo di intervenire contro qualsiasi Olocausto, al di là di ogni considerazione di costi e conseguenze personali.
francesca giustini | 02-02-2014 | "La Memoria vale per tutti" dalle persecuzioni dei cristiani nell'Impero romano a tutti quelli da Te ricordati dei giorni nostri; aldilà della propria ideologia, perché credo che in guerra chi partecipa sbaglia, da una parte e dall'altra.
Grazie Federica,
grazie Enrico Marco.
claudio pelonzi | | 1 | |
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