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Il regime cubano ha fatto un’altra vittima | | Commenti presenti :
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In questa pagina : da 1 a 2 | 22-01-2012 | Credo che conti veramente poco o nulla a chi spetti decidere se fare o meno uno sciopero della fame; il punto è per quale motivo lo si fa. Per tornare ad indossare un vecchio smoking un po' stretto, o per combattere contro la repressione e la violenza di un decrepito, marcio regime totalitario, usando il proprio corpo e la propria morte come arma nei confronti dello stesso? La vera forza di questi Cubani straordinari e pure così normali, "de a piè" (a piedi... senza altri mezzi) come si dice a Cuba, sta nella propria esistenza. Non possono viaggiare, non possono costruire il proprio futuro, non possono essere contrari alle decisioni del governo, non possono usare internet nè fondare un giornale, non possono dire: NO. Possono però decidere liberamente di smettere di vivere, non per codardia o sfinimento, e nemmeno per diventare dei martiri, ma per dimostrare la loro determinazione e la loro disapprovazione, il disgusto di tutti i Cubani meno coraggiosi che però hanno gli stessi motivi di malcontento nei confronti della Fascio-Monarchia assoluta della "Loma", la collina del potere. Wilman è morto sperando di non dover morire; sperando in un ultimo barlume di civiltà, non di pietà, dei potenti che lo hanno spinto a questa decisione. E' morto confidando nell'attenzione dell'opinione pubblica su quello che è diventato il soggetto per un film fantascientifico nell'isola: "Giustizia e libertà dissequestrate a Cuba". E' morto sperando di regalare uno spicchio sole alle sue due bambine e a tutti i piccoli "Pioneros" cubani, costretti a preferire di diventare, un giorno, poliziotti armati piuttosto che cittadini inermi, pestati a sangue per sfilare pacificamente con un gladiolo in mano e chiedere LIBERTA'. Cinquantanove anni fa Fidèl disse che la storia lo avrebbe assolto. Non succederà. pierantonio micciarelli | 21-01-2012 | in realtà chi decide scientemente di fare uno sciopero della fame e della sete sa di correre gravi rischi.
Per cui chi si comporta in questo modo decide volontariamente di rischiare la vita.
Che sia un prigioniero politico o un comune delinquente la decisione è stata presa non da altri, ma solo da lui. nino | | 1 | |
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