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Patrizia Garofalo. Perché ci nascondiamo?
 
Commenti presenti : 7 In questa pagina : da 1 a 7
   04-08-2011
Anche io Marco spesso non aggancio giusto..tra me e internet esiste un conflitto ormai insanabile.
un abbraccio che spero giunga
patrizia
patrizia garofalo   
 
   04-08-2011
patrizia,
avevo commentato la tua risposta proprio ieri,te di luglio del 2011...io ,dicevo,sono ancora alla antica...cioè mi piace leggere...ma evidentemente il pc non ha agganciato mia replica...buona giornata
e.m.cipollini   
 
   03-08-2011
ciao Marco, buongiorno!
non capita solo sui giornali ma in moltissimi blog.......e quanto altro a gestione personale , magari le stesse persone che poi parlano contro l' omertà.....grazie di avermi letta.
patrizia
patrizia garofalo   
 
   03-08-2011
la tua risposta,patrizia,non fa una piega...chi colpisce nell 'anonimato senza prendersi responsalità non lo definerei neppure franco tiratore ma in altro modo,vigliacco,termine più che appropriato.
comunque sia,in ogni giornale c'è un direttore responsabile che risponde penalmente degli scritti che appaiono...
buondì
enrico marco cipollini
enrico marco cipollini   
 
   02-08-2011
Grazie a Marco Cipollini e a Matteo Veronesi.
Volevo dire cose più semplici e non vorrei sempre riferirmi all'arte, si parla di tante cose nella vita! volevo dialogare normalmente e da una lettura del sito " Nuova Provincia" avevo letto degli pseudonimi che gli artisti si danno. Ma nella rete non cantano Dante o D'Annunzio ma blaterano spesso, e anche su semplici commenti dei falsi nomi che , e lo ripeterò ad oltranza, usano dell'anonimato per dire cose senza assumersene la responsabilità.Addirittura la stessa persona diventa UNO e TRINO! Chiamiamoli franchi tiratori. Era molto essenziale quanto volevo dire, e non richiedeva nel caso di un'eventuale risposta, un articolo di riferimenti, citazioni e cultura.
patrizia garofalo
patrizia garofalo   
 
   02-08-2011
buono l'articolo di patrizia che solleva dei quesiti che ci si dovrebbero porre tutti(mi piace l'espressione giustissima "la dignità della parola" anche se oggi logora e sdrucita) e non c'è che dire sulla risposta di matteo veronesi.
enrico marco cipollini   
 
   01-08-2011
L'INSULTO COME OPERA D'ARTE

Insultare è un'arte, come ha insegnato Schopenhauer. "Gli amici si dicono sinceri, i nemici lo sono: per cui bisognerebbe utilizzare il loro biasimo per la conoscenza di se stessi, come una medicina amara". L'amico può rivelare il suo lato più franco e più autentico proprio assumendo, falsamente, un'altra identità, quella di un nemico.
Nel momento, poi, in cui l'insulto appare in un contesto letterario, esso entra, appunto, nel regno della letteratura: in un dominio, cioè, in cui tutto è gioco, illusione, ambivalenza, maschera, in cui la verità può equivalere al suo contrario, o ad una delle infinite sue sfumature intermedie.
"Non insultare persone inferiori a noi", ammoniva il grande traduttore cinese di Shakespeare (Liang Shinqui, "La nobile arte dell'insulto"). L'insulto artistico e letterario è, in realtà, un attestato di stima, un lieve e nobile guanto di sfida, un'esortazione al confronto, al duello di penna, sapendo che si tratta di un gioco, che la vita è altrove, e che su ogni parola scenderà, anzi scende immediatamente, il velo dell'oblio. Inutile prendersela, dunque.
Persio non avrebbe potuto insultare Nerone chiamandolo per nome, né gli autori delle Pasquinate si sarebbero potuti firmare, né tantomeno i libellisti del Settecento; Giuseppe Baretti, ormai definitamente uscito, sembra, dal canone della letteratura italiana, celandosi dietro l'eloquente pseudonimo di Aristarco Scannabue, offendeva i poeti in ciò che hanno di più prezioso e più proprio e più amato, la loro poesia; per sempre anonimo, o perlomeno incerto, resterà (anche se almeno due disgraziati finirono sul rogo al posto suo) l'autore del "De tribus impostoribus", forse il più lucido e terribile testo del moderno ateismo, in cui oggetto dell'insulto era nientemeno che Dio, il Dio di tutti (cristiani ebrei musulmani, senza sconti per nessuno), mentre nel nostro caso si insultano comuni esseri umani, nessuno dei quali, a partire da me, è in genere preferibile a chiunque altro.
Certo, se gli eretici si fossero firmati (cosa che molti fecero, e mal glie ne incolse) sarebbero andati incontro al carcere, alla tortura, alla gogna, forse alla morte. Ma se l'insultatore odierno osasse firmarsi andrebbe incontro, forse, a qualcosa di peggio: magistrati, avvocati, giudici, carta bollata, lettere di diffida, mandati di comparizione, risarcimenti, dilazioni, indennità di mora..... Una lenta e costosissima morte civile, cui sarebbe forse preferibile il caro vecchio rogo, o il romantico ma rischioso duello (come quello, sia pur blando, cui D'Annunzio provocò Edoardo Scarfoglio dopo che quest'ultimo aveva osato, anonimamente, parodiare la sua "Isaotta Guttadauro" degradandola a "Risaotta al Pomidauro", poi "Risaotta allo zafferano" per soddisfare tutti i gusti).
Tutto ciò premesso, resta da precisare che io non ho insultato nessuno né qui né altrove, né con il mio nome, né con pseudonimi. Se l'avessi fatto, del resto, si potrebbe prosaicamente e tecnicisticamente risalire a me attraverso il mio IP, con le tristi conseguenze di cui sopra.
Matteo Veronesi   
 
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