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Elisa Merlo. Un'imperdonabile superficialità | | Commenti presenti :
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In questa pagina : da 1 a 3 | 07-01-2011 | Apprezzo i commenti. Riguardo ai discorsi di Signorini, a dire il vero, neppure io me ne curerei, se non fossi tremendamente infastidita dal fatto che i suoi messaggi giungono a milioni d'Italiani. Ed è per questo che scrivo lettere ai giornali, anche se mi rendo conto che serve a poco, forse a niente.
Elisa Merlo elisa merlo | 06-01-2011 | E' possibile ci siano le difficoltà a cui lei accenna nel bambino e, soprattutto da noi, sarebbero forti, ma forse questo è il pegno da pagare ad una trasformazione che piano piano non abuserà del termine mamma o papà in situazioni in cui essi si dimostrino indegni e come lei scrive " distruttivi". Spero invece che sia la parola "CURA" quella che permetterà al piccolo di vivere pienamente l'amore che viene dato.
Neanche a me interessano il Papa o Signorini, mi ha invece fatto molto piacere leggerla nelle sue meditate riflessioni su una tematica di così grande portata.
patrizia
patrizia garofalo | 06-01-2011 | Autorizzata, pubblico volentieri il commento alla mia lettera, della signora Annamaria Becherini, la quale nell'affrontare il problema è tutt'altro che superficiale...
Elisa Merlo
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Mi sforzerò fino ai limiti del mio possibile di essere "laica", nel senso pieno e autentico del termine e quindi non in contrapposizione con i credenti e/praticanti una religione, e comincerò il mio commento dalla domanda "E' provato scientificamente che l'amore della madre biologica sia insostituibile?" considerando i danni, talvolta irreversibili, facilmente rintracciabili nelle storie delle persone che hanno avuto la ventura di una madre non "sufficientemente buona" (sintesi definitiva di Winnicot) o una pervicacemente distruttiva. La madre biologica è tale prima dell'evento nascita, il legame del nascituro non è solo utilitaristico attraverso il cordone ombelicale, nel contenitore utero, ma questi si avvantaggia o viene svantaggiato dallo stato di salute della madre stessa, dalle condizioni emotive e mentali che lei si trova a vivere, nonché dall'esistenza o meno di un compagno/marito presente affettivamente, partecipe e affidabile. Quindi, possiamo dire - confortati dalle acquisizioni che le scienze umane hanno dimostrato fino ad oggi - che l'influenza della madre biologica comincia prima della nascita, durante la gravidanza e che dopo, nei primi mesi di assiduo accudimento (anche non esclusivo) e nei primi anni di vita del bambino, esplosivi per capacità di apprendimenti anche di natura affettiva, tale influenza può arrivare a determinare gran parte del modo di intendere se stesso, di costruire la propria identità e le scelte per una vita di relazione la più sana e autentica possibile. Quando la madre biologica è fisicamente assente per propria scelta, abbandona il bambino, si ammala gravemente per un lungo periodo o muore, va da sé che altre figure (padri, nonne e nonni, genitori affidatari o adottivi, strutture..) alleveranno, educheranno e in molti onorevoli modi "ameranno" quel bambino abbandonato dalla propria madre e gli daranno la possibilità di crescere, diventare persona matura e autonoma, nonostante il trauma subìto. A volte questo concerto riesce nell'intento, altre meno. Significativo che gli adottati, quando raggiungono la piena adolescenza o l'età adulta, si pongano come obiettivo irrinunciabile di rintracciare la propria madre biologica, di conoscerla, conoscerne la storia e con questa colmare quella "amputazione" della propria identità, continuando magari a chiamare "mamma" la donna che amorevolmente li ha accompagnati fin lì. Rispetto alle madri distruttive (che non sono soltanto quelle che feriscono o uccidono i figli!), qualunque altra persona, maschio o femmina, gay, lesbica o trans, sarebbe a questo punto preferibile, purché si mostri e dimostri di essere quella figura "materna" sufficientemente buona cui accennavo prima. Personalmente, di quello che dice il papa non mi curo neanche un po' perché si arroga il diritto di esprimere giudizi su materie a lui completamente ignote, e non mi curo neppure di quel che dice Signorini.. Piuttosto cerco di pormi nell'ottica di un bambino che gioca coi suoi pari al parco o in un asilo nido, alla scuola materna o elementare...bambino che ha, poniamo, come genitori due donne o due maschi, mentre la quasi totalità degli altri bambini ha genitori di genere diverso l'uno dall'altra. Intravvedo qualche difficoltà, per quel bambino, a partire dal lessico: se ha due donne come genitori, sarà privato della parola "papà", se avrà due uomini sarà privato della parola "mamma" e di tali parole - scontate e ovvie nell'attribuzione per la maggioranza - saranno automaticamente privati tutti gli altri intorno a lui, bambini e adulti, in fasce d'età (le sue!) in cui sentirsi e riconoscersi uguali ai pari è parte fondamentale della crescita. Di QUESTO bambino so poco, lo ammetto senza timori o difficoltà. Ma penso che se ne sappia poco tutti, compresa la scienza, la quale si è dimostrata nei secoli, talvolta, una signora di facili costumi...
Conosco e sono amica di gay e lesbiche cui avrei affidato mio figlio o le mie figlie ad occhi chiusi, alcuni di loro vivono un desiderio molto forte di maternità/paternità, un paio stanno progettando trasferimenti all'estero, coi loro compagni, proprio per soddisfare questo loro bisogno, non diverso da quello che possono provare gli eterosessuali giunti ad un certo punto della loro vita, altri lo escludono accettando di non poter avere figli come naturale conseguenza o condizione della loro lateralizzazione sessuale. Bisogno..i figli non si fanno che per noi stessi, sono parte di noi anche quando saremo morti, la nostra eternità. Vale per gli eterosessuali e per gli omosessuali e per altri ancora..
Altro non posso onestamente dire, ma vorrei che le riflessioni che si aprono innumerevoli al riguardo osservassero come metodo e merito una certa distanza da ciò che si ritiene "politicamente corretto" per una visione, o per altre, dello stesso problema. Grazie, Anna Maria.
Elisa Merlo | | 1 | |
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